L’ipotesi sfiducia miete le prime “vittime”. L’idea di portare in aula la mozione che potrebbe mandare a casa l’amministrazione Accorinti e il consiglio comunale spacca proprio coloro che dai banchi dell’aula consiliare dovrebbero discutere e decidere quale mossa politica mettere in campo. Al momento la sfiducia sembra non toccare l’amministrazione, mentre tiene in pugno i gruppi politici, alle prese con strategie, fughe in avanti, addii, riflessioni. Qualche giorno fa, dopo i consiglieri Pd, il gruppo dei Dr che fa capo al deputato Beppe Picciolo ha rotto gli indugi: sfiducia subito. Una scelta che ha fatto perdere un uomo al gruppo consiliare capitanato in aula da Elvira Amata. Il consigliere Carlo Abbate, che già non aveva firmato il documento siglato dai colleghi sull’intenzione di proseguire sull’idea della sfiducia, ieri in consiglio comunale ha ufficialmente chiuso la sua esperienza tra i Dr. Del resto il messaggio di Picciolo e dell’asse Sicilia Futura-Pd era stato chiaro: chi non è d’accordo è fuori. E così Abbate si è trasferito nel gruppo misto, abbandonando il partito che quasi tre anni fa lo aveva portato tra gli scranni di Palazzo Zanca.
In un lungo intervento in aula ha spiegato di non essere d’accordo perché una mozione di sfiducia aprirebbe la strada al commissariamento, il quarto dal 2003, e impegnerebbe tempo ed energie in un dibattito che metterebbe da parte i reali problemi della città. Per il consigliere si metterebbero a repentaglio troppe azioni, su tutte il piano di riequilibrio. «Questo tempo esige da tutti noi la massima responsabilità, non in favore o contro i legittimi interessi dei partiti nell’espletare la propria azione politica, ma nell’esclusivo interesse della città» ha detto Abbate invocando una seduta aperta alla presenza di sindaco, giunta, deputazione regionale e nazionale per riavviare un dialogo sulle azioni concrete per rilanciare Messina. Poi però anche l’amarezza per la fine “obbligata” di questo percorso: «Osservare rigorosamente un comando è politicamente devastante perché il comando si fonda su qualcosa di molto preciso che contrasta con ciò che la politica vuole perseguire. Se vogliamo conservare un senso per la politica allor dobbiamo invertire questa logica del comando». Abbate non le ha mandate a dire nei confronti del suo ormai ex leader Picciolo: « Una politica così concepita è incapace di assolvere al suo compito di organizzare il bene comune. La dignità umana non tollera il venir meno della libertà. Desidero vivere questo tempo libero da condizionamenti, scevro da preconcetti, sereno nelle decisioni».
Toni pacati ma parole dure che hanno inevitabilmente riacceso il dibattito sulla sfiducia e su chi in questo momento sta provando raccogliere quelle 16 firme che servono per portare in aula la mozione. Una provocazione è arrivata dal capogruppo di Forza Italia Pippo Trischitta che ha lanciato un messaggio ai Dr e Pd: «Se siete coerenti firmate le vostre dimissioni come cambiale in bianco nel caso in cui la sfiducia non dovesse passare. Se lo farete saremo i primi a firmare per arrivare a 16». A sposare la tesi Trischitta sarebbero anche Sottile, Crifò, Amadeo, Vaccarino e Carmelina David, una chiara provocazione a cui ha risposto Elvira Amata: «Nessuno firmerà dimissioni ad un altro partito, se oggi abbiamo scelto questa strada è perché ci siamo resi conto che non c’è più nulla di concreto su cui puntare. Abbiamo sostenuto il piano di riequilibrio perché credevamo che da qui potesse passare il bene della città, oggi non ci sono più le condizioni».
Stangata per l’atteggiamento del Pd da parte di colui che fino a pochi mesi fa era il capogruppo in aula consiliare: Paolo David, oggi Grande sud, ha messo nel mirino la presa di posizione del partito rappresentato adesso da Antonella Russo e Claudio Cardile. «Il Pd sta spingendo e obbligando a fare una fuga in avanti, ma parla un partito che non ha né regole né fatti per chiedere la sfiducia». Sulla stessa scia anche Giuseppe Santalco che ha parlato direttamente ai colleghi Russo e Cardile: «Non fate da tappetino agli interessi del Pd che provengono da oltre lo Stretto». Per Santalco non è ancora il momento di parlare di sfiducia anche per non dare all’amministrazione Accorinti e a CMdB l’alibi del non aver avuto il tempo di governare fino alla fine. «Dobbiamo superare il bilancio 2015 e obbligare l’amministrazione a prendere per le corna il piano di riequilibrio, altrimenti avremo vanificato 3 anni di impegno in consiglio». Nelle parole di Santalco anche il plauso all’atteggiamento silenzioso e prudente assunto in questa fase dall’Udc: «Ammiro D’Alia che non fa fughe in avanti». Contro Pd e Dr anche Pio Amadeo che ha dichiarato di non accettare pressioni da chi continua ad essere miope su Palermo, dando la possibilità al peggior presidente della storia di continuare a governare. Anche il capogruppo del Megafono Angelo Burrascano ha definito inaccettabile una mozione di sfiducia che, senza un serio progetto politico, non può certo rappresentare una soluzione ai problemi dei messinesi ma solo delle dichiarazioni buttate lì proprio da chi, nella realtà, non intende affatto costruire percorsi condivisi. «L'ingresso, ad esempio, del NCD nell'area del Governo Regionale non può essere solo il tentativo di sommare sigle appena sdoganate a Palermo da manovre di Palazzo. Mi rifiuto di adeguarmi supinamente a decisioni calate dall'alto o avallate da qualche salotto buono i cui temi caldi che ci hanno visto negativamente alla ribalta nazionale non siano centrali. Qui non è più possibile partire da nomi dei papabili sindaci e dal sottogoverno – cosa che sembra essere l'unica preoccupazione di molti – ma va riportato al centro del dibattito la mole di difficoltà in cui annaspa la città». Da Ivana Risitano invece stavolta un messaggio di “pace”: «Credo che la sfiducia vada fatta se chi sta governando ha tradito un progetto e non è questo il caso. Si dovrebbe dare la possibilità di arrivare fino alla fine».
Insomma, nonostante se ne parli ormai da mesi, al momento l’aula di Palazzo Zanca pare non essere pronta. Dr e Pd sono determinati, ma a contare in questi casi non sono le tante parole che si continuano a spendere ma i numeri. E la discussione di oggi ha dimostrato che ad oggi la sfiducia numericamente non c’è.
Francesca Stornante