REGGIO CALABRIA – Discussione magari un po’ più articolata del previsto, ma in un paio d’ore il Consiglio regionale evocativamente convocato in chiave monotematica per l’8 marzo, Giornata internazionale della Donna, ha pronunciato un “via libera” corale alla legge-quadro contro le discriminazioni ai danni delle donne e per incentivare l’occupazione femminile.
Per essere precisi, comunque, non si tratta di un “via libera” all’unanimità in quanto i due consiglieri di de Magistris Presidente – il capogruppo Ferdinando Laghi e Antonio Lo Schiavo – hanno annunciato voto d’astensione. E hanno puntualizzato, nel corso dei loro interventi, che «l’opposizione deve fare l’opposizione», sorta di “richiamo all’ordine” rispetto a veri o presunti episodi di consociativismo o quantomeno di atteggiamenti di minoranza alla volemose bene.
E lo stesso presidente del gruppo consiliare del Partito democratico, il segretario regionale del Pd Nicola Irto, ha messo in guardia dal pericolo, a suo avviso assai concreto…, di votare quella che potrebbe risultare soltanto «una legge-spot». Parole che, nelle ore successive, sarebbero state poi respinte al mittente da vari esponenti di centrodestra, in primis il presidente del Consiglio regionale e big della Lega in Calabria Filippo Mancuso.
Undici gli articoli del testo. In particolare, viene sancito «il principio di parità di genere in tutte le sue declinazioni» e, in particolare, l’equiparazione dei diritti delle donne rispetto agli uomini per favorire «l’occupazione femminile anche attraverso il contrasto alle discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro, sia sotto l’aspetto dell’accesso al lavoro che della progressione di carriera», l’adozione di «strumenti d’equilibrio tra vita professionale e familiare» nonché «l’eliminazione delle disparità nella formazione e nel lavoro con riguardo alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro, alla carriera e all’imprenditorialità».
L’articolo 3 “certifica” il principio della parità di genere, prevedendo un Piano d’intervento per le politiche di genere che però (articolo 11) avrà attuazione solamente 120 giorni dopo l’approvazione della “legge 43” varata oggi. E la Regione tributerà un bollino di parità – finalità, l’attribuzione di specifiche premialità – alle aziende che attuino «principi di tutela della maternità, gestione della gender diversity, equità remunerativa e processi positivi nella gestione delle risorse umane, opportunità di crescita in azienda per le donne e che utilizzino forme di linguaggio non discriminatorio».
Come poi specificato dal vicepresidente della Regione Giusi Princi in una conferenza stampa pomeridiana cui hanno preso parte anche il presidente dell’Assemblea Filippo Mancuso – che aveva aperto i lavori d’Aula con un pensiero alle donne ucraine; concetto poi ripreso da vari consiglieri nell’arco della sessione consiliare – e varie consigliere, il Piano in concreto sarà attuato tramite un “tavolo tecnico”. E le risorse non saranno regionali o statali, ma s’attingerà ai 40 milioni di euro di fondi comunitari del Piano di politiche attive “Gol”, nel contesto del Pnrr.
Ma si “tocca il portafoglio” delle aziende che discriminano, anche, per centrare gli obiettivi paritari…
Nel promuovere il contrasto alle molestie sui luoghi di lavoro, la “43” sancisce che «le imprese, condannate con sentenza passata in giudicato nell’ambito di giudizi aventi ad oggetto le dimissioni ovvero il licenziamento, dichiarati illegittimi in quanto posti in essere in violazione della normativa vigente in materia di tutela della maternità e della paternità, vengano escluse, per il triennio successivo alla condanna, dalla partecipazione a procedure selettive finalizzate alla concessione di benefici economici».
Fondamentale – di converso – pure il tema della premialità, nella sempiterna logica “bastone & carota”…
Gli incentivi toccheranno alle aziende che «utilizzano strumenti di equilibrio vita-lavoro, quali, tra gli altri, a titolo di mero esempio, orario flessibile, smart working, ferie e permessi solidali, banca ore, asilo nido aziendale, campus nei giorni di chiusura delle scuole». O a quanti «assumono donne con disabilità con contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato», pur senza esservi obbligate dalla legge, con possibile raddoppio in caso di ricorso a telelavoro o smartworking.
Ma pure alle imprese che «assumono donne vittime di violenza, prese in carico da un servizio sociale, da un Centro antiviolenza, da una Casa accoglienza o Rifugio, donne vittime di tratta, donne che possano comunque attestare la loro condizione di vittime e/o di donne esposte a fenomeni di violenza, più gli orfani di vittime di femminicidio, con contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato».
Tra le altre previsioni, ci sarà anche un apposito Spazio Donna all’interno dei Centri per l’impiego.
Grande, poi, l’attenzione alla formazione.
Gli articoli 8 e 9 del testo legislativo offrono poi spazi significativi alle ulteriori premialità in caso d’occupazione o ri-occupazione di risorse umane “rosa” e alle possibili misure di Welfare aziendale.
Più che mirato, ancora, l’articolo 10 del tutto incardinato sulla previsione di riequilibri del rapporto fra tempi di vita e tempi di lavoro ai sensi della legge 53/2000. E questo anche attraverso «azioni per favorire la conciliazione tra vita privata e professionale, come l’orario flessibile o il part-time» e «l’introduzione di modelli orari in accordo con le imprese pubbliche e private» in questa stessa chiave.
Fari pure all’azienda che «incoraggia l’utilizzo di servizi digitali, con particolare riferimento ai servizi pubblici dedicati alle famiglie e alle fasce più disagiate della cittadinanza».