SAN PIERO PATTI – Il suo reel su Instagram ha alimentato un dibattito che ormai imperversa da tempo, con lo scontro tra chi parte e dice addio alla Sicilia e chi invece torna, o addirittura, come lei, ci si trasferisce pur non essendoci nata. Consuelo Damico oggi ha 36 anni, è milanese e ha vissuto a Milano fino al 2018. Ha studiato, ha lavorato, si è sistemata e ha avuto un figlio. Poi, però, il contratto indeterminato, la buona paga, la vita costruita, non sono più bastati rispetto a una vivibilità sempre minore e a un’idea, quella di dare al proprio figlio un’esistenza migliore, con meno pericoli, meno criminalità, meno smog e meno grigio.
E così è partita, ha lasciato tutto senza niente in mano e con i mobili caricati su un camion ha raggiunto la sua nuova casa, San Piero Patti. Il piccolo Comune nebroideo che l’ha ospitata per molte estati, dov’è nata e dove ha vissuto la nonna materna, insieme al nonno e a una zia, l’ha accolta e abbracciata per una vita diversa. La stessa che ora vuole raccontare, spiegando il suo punto di vista e lanciando un messaggio: partire non è un’esigenza improrogabile, si può anche restare e si possono sfruttare tante occasioni, dando una mano alla propria terra. E quel nord che fino a qualche anno fa sembrava un’oasi ricca di opportunità, non è più quel paradiso di cui tanto si parla.
“Io sono nata a Milano, da genitori che abitavano a Milano. L’unico legame con San Piero Patti era la famiglia della nonna materna – esordisce Consuelo ai microfoni di Tempostretto -. Di fatto non sono tornata a casa. Ho preso e sono venuta qui perché ho capito, soprattutto dopo aver fatto un figlio, che il nord è una bella utopia. Non si può vivere in quel modo e non potevo far vivere mio figlio in quel modo. Così ho deciso di lasciare l’indeterminato e di partire senza avere niente in mano. A Milano sono nata, ho studiato, ho lavorato. In Sicilia venivo soltanto per trovare mia nonna durante le vacanze. A Milano ho lavorato anche in nero o con contratti da 4 euro l’ora, non soltanto con contratti corretti e ben retribuiti. Il mio ultimo lavoro è stato dentro il palazzo della Barclays. Ho iniziato come sparecchia tavoli in una tavola calda e sono diventata dopo qualche anno responsabile del personale. Quando ho lasciato avevo un contratto indeterminato con questo ruolo”.
E allora perché mollare tutto? Consuelo spiega: “Milano è sempre stata una città abbastanza pericolosa. Io abitavo a 20 minuti dal Duomo, in un paese dopo San Donato in cui c’erano sempre furti di auto, negli appartamenti. C’erano gruppi whatsapp con le ronde sul territorio per tentare di scoraggiare i ladri nel quartiere. A me hanno svuotato le cantine due o tre volte, hanno rotto ogni due o tre mesi i blocchetti dell’auto finché ho deciso di non rifarli e la lasciavo direttamente aperta: era inutile. E c’erano anche tante zone in cui la gente si drogava in bella vista”. Un contesto completamente diverso da quello siciliano, secondo quanto racconta: “Quando vedi la tranquillità con cui si vive, con le chiavi attaccate alla porta, con il modo diverso in cui ci si rapporta con le persone, secondo me è normale farsi certe domande. Così quando è nato mio figlio, nonostante io guadagnassi bene, ho deciso che non volevo più vivere in quel modo”.
La partenza nel 2018 è stata provvidenziale, due anni prima della pandemia: “Mia sorella si è trasferita qualche anno prima di me e lo ha fatto per amore, per suo marito. Io sono partita con la consapevolezza che, se a Milano ero riuscita a crearmi una mia realtà solo con le mie forze, ci sarei riuscita anche giù. Ed è successo. Ho sempre pensato che il motore che spinge tutto sia la forza di volontà. Sono partita da un momento all’altro, non ho avuto nemmeno il tempo di traslocare perché mancavano i traslocatori. Ho detto al mio capo che avrei completato il periodo estivo per dargli tempo di trovare qualcun’altro al posto mio. Era il 2018, cinque anni fa, ed è stato pre-Covid. Se avessi vissuto la pandemia dov’ero prima sarei impazzita in casa. Avevo davanti ogni finestra un palazzo grigio. Non c’era nessuna rete tra persone come quelle che si creano in un paese. Nessuno ti rivolgeva la parola. Sarebbe stato il contesto peggiore per affrontare il Covid”.
“Ho affittato un bilico e ho messo dentro tutto ciò che potevo, soprattutto i mobili – prosegue -. Dovevo andare via, era arrivato il momento. Sono partita con mio figlio e il mio compagno. Poi siamo rimasti soltanto io e mio figlio”. E com’è stato l’impatto? “Dopo appena tre giorni mi hanno offerto un lavoro in un bar, con un contratto full time e indeterminato, grazie anche all’esperienza che avevo sul curriculum, ma io ho rifiutato. Non avevo ancora nemmeno cercato un lavoro, non volevo per così dire accontentarmi. Una persona che viene qui per provarci, così come quando una persona va su per provarci, non può accontentarsi subito della prima cosa che trova. Questo lo contesto da tempo a chi parte per andare al nord: non accontentatevi se il vostro sogno è un altro. Non fate lì cose che qui non fareste”.
Ma dopo sono arrivate anche altre opportunità: “A San Piero Patti ho iniziato poi a collaborare con piccole associazioni locali per il territorio e la cultura, affiancata da Cinzia Marchello, ex assessora che da un anno è diventata la sindaca. Sono tra le fondatrici del Ca’ food (lo Street Food fest sanpietrino, ndr). Questo mi ha permesso di stringere collaborazioni con molte altre realtà sul territorio, come Hic et nunc o l’associazione Le vie dei tesori. Così sono riuscita a trovare lavoro nella cultura e nel sociale. Con Hic et nunc proviamo a portare avanti molti progetti in collaborazione con il Comune di San Piero. Uno di questi, durante lo scorso inverno, mi ha permesso di aprire uno sportello di lavoro dove presentavamo diverse offerte di lavoro, con contratti regolari e corsi gratuiti abilitanti: patentini d’inglese, patenti del muletto”.
“E c’erano lavori nella ristorazione, negli hotel a Salina con vitto e alloggio per la stagione estiva – continua -. Le condizioni erano buone, ma abbiamo avuto grande difficoltà a trovare qualcuno. In più di sei mesi, non si è presentato nessuno per un colloquio: mi ha amareggiata. Mi sono detta: ma dov’è tutta questa voglia di lavorare quando si presenta l’occasione? Mi spiace sentire dire ‘mi sfruttano’, ma questi contratti erano vagliati dal Comune, non potevano proporre cose in nero e infatti non lo facevano. I datori di lavoro chiedevano allo sportello un aiuto per trovare personale, comunicando il tipo di lavoro, orari e paga. Alla fine si sono presentate soltanto due ragazze, ma per due corsi e non per lavorare”.
Ciò che fa arrabbiare Consuelo è questo, non riuscire a sfruttare le occasioni: “Molti miei amici sono partiti per studiare fuori e non sono più tornati. Però se tu chiedi loro il motivo ti dicono: non c’è lavoro. Ma la maggior parte di quelli che partono, secondo me, lo fanno per sentito dire e per un residuo di quell’idea di partire associata al boom economico degli anni ’80. Cerco di spiegarlo alle ragazze che prendiamo nei vari corsi di formazione delle associazioni o che collaborano ai progetti in paese. La verità è che se vuoi partire lo fai ugualmente, è giusto fare la propria esperienza. Ma non bisogna farsi convincere dai genitori o dagli zii, che partirai e sicuramente prenderai tremila euro al mese lavorando nell’ambito per cui hai studiato tanto. Non ci sarebbe una crisi economica così vasta se tutti fossimo così appagati a livello economico e personale. Servono sacrifici, ma se bisogna accontentarsi dico: perché farlo da altre parti, dove ti spellano? Non è meglio farlo sul proprio territorio? Tanta gente che parte rinuncia a ciò per cui ha studiato molto. E inoltre: ma perché a mio figlio dovrei dire, già da appena nato, che deve andare via?”
Consuelo poi torna sul reel pubblicato su Instagram che ha aperto un lungo dibattito social, tra chi l’ha supportata nella sua scelta, condividendo le sue idee, e chi l’ha attaccata e insultata, contrapponendo il proprio pensiero su quanto sia difficile (o impossibile) restare in Sicilia: “Avrei potuto chiudere i commenti ma ho preferito rispondere a più persone possibile. La mia era una provocazione. Faccio un esempio: una ragazza di 18 anni mi ha scritto di essere andata via dalla Sicilia, a Roma, perché non c’era dignità lavorativa né lavoro. Ma essendosi appena iscritta all’Università, proprio al primo mese del primo anno, come fai a dirlo con certezza o a sapere che alla fine degli studi sarà davvero così? Ci sono ragazze che mi dicono di avere trovato posti da commessa a 800 euro, full time, con un giorno di pausa ma domenica e festivi lavorativi. Con 800 euro al nord come vivi? Passa sempre un messaggio che fuori la vita sia più semplice, ma non è così sempre. Che si voglia studiare fuori è legittimo, che si voglia partire è legittimo, ma non ci sto a far passare il messaggio che in Sicilia non si possa fare nulla. C’ho messo la faccia e accetto le conseguenze, gli insulti e gli attacchi, ma per me è una missione. Non sono venuta qua perché mi mancava il lavoro, perché il lavoro l’avevo, né per il mare, perché mi sarebbero bastate le vacanze. Ma sono venuta qua dopo un lungo ragionamento e ho capito che mi avrebbe fatto vivere meglio e che voglio aiutare. Ora non mi voglio girare dall’altra parte, se casa mia sta bruciando mi brucio le mani e provo a spegnere l’incendio”.
La missione di cui parla Consuelo è presto spiegata ripercorrendo i progetti realizzati, con il sostegno della sindaca Cinzia Marchello e della comunità. A San Piero Patti sono stati realizzati laboratori gratuiti di Natale per i bambini, durante i quali vengono realizzati addobbi e dolci. Ma ci sono anche le gare per le luci più belle di Natale tra balconi, terrazze e vetrine dei negozi; i contest fotografici con foto di San Piero Patti e le relative esposizioni; letture per bambini e l’apertura di uno spazio per i giovani, su idea di Consuelo e spinta dall’amministrazione, per garantire un luogo in cui i ragazzi e le ragazze possano ritrovarsi, riaperto dopo decenni dalla chiusura.
“Il mio modo di vivere è questo – continua -. Voglio aiutare e se io con quel reel, con quel video, riuscissi anche a far riflettere anche soltanto una persona sul non partire d’impulso, io avrei vinto. La Lombardia non è un paradiso, è la regione che assume di più in nero in Italia secondo i dati, più di Sicilia, Calabria, Campania. Sai quante volte mi hanno detto che ero pazza a tornare giù? A Milano, gli stessi che ogni giorno mi dicevano che la città è pericolosa, invivibile, piena di caos e smog, non andrebbero mai via e hanno criticato la mia scelta. Si lamentano, ma per loro resta la più bella del mondo. E gliela invidio questa cosa, perché se noi avessimo questo stesso legame non andremmo mai via e forse le cose sarebbero diversa. Mi hanno detto che non so niente di Milano, ma c’ho vissuto 30 anni. Sono cose evidenti che vengono nascoste sotto al tappeto. Ma i soldi non ti fanno felice, non bastano quelli, c’è anche la vita. Ora, qui, mi sto prendendo le mie rivincite, a Milano lavoravo e basta”.
A proposito di rivincite. La rivista Live in Italy magazine le ha dedicato spazio nel maggio 2023, quando il giornalista Chris Cutler l’ha contattata per raccontare il progetto relativo alle case in vendita a 1 euro. E Consuelo è stata in onda anche sulla tv di Radio Radicale, quando ha moderato il laboratorio sul delicato tema del “fine vita” organizzato sempre a San Piero Patti e che ha avuto risalto a livello regionale e nazionale. Ma la gioia più grande è quella di vedere crescere suo figlio in un contesto che lei stessa definisce “sano”. Tanto che alla domanda finale, proprio sul piccolo, lei risponde: “Ci sono due aspetti. Intanto quello delle strutture, degli asili. Le tariffe al nord sono nettamente superiori, anche per le babysitter, e non tutti possono permettersi di lavorare e non tenere con sé i propri figli. Senza contare l’aspetto dell’integrazione dei bambini, che senza l’asilo dovrebbero restare a casa molto più tempo. Qui il supporto alle mamme è diverso, i prezzi sono concorrenziali e le strutture ottime, così se una donna vuole lavorare può farlo, senza dilapidare metà dello stipendio. Ma al di là della differenza dei costi nel crescere un figlio qui o al nord, la cosa principale è che lui possa giocare all’aria aperta e nella natura. Lui è felice: per me questo conta più di ogni altra cosa”.