“Ultimatum” della Corte dei conti per evitare il crack del Comune di Messina

Il Comune di Messina è più che mai vicino a dichiarare al dissesto. Lo dicono i fatti e lo dicono soprattutto i numeri. Impietosi nel raccontare un crack economico che non è più solo un’ipotesi da evitare ma una realtà da affrontare, in tutta la sua drammaticità. La Corte dei conti, che da anni vigila sui conti “malati” Palazzo Zanca, ha inviato all’ente l’ennesima nota “bollente” , che suona come un ultimatum: entro il due novembre – cioè entro pochissimi giorni – il Comune dovrà inviare a Palermo una relazione dettagliata per spiegare se è in grado di garantire i servizi essenziali (rifiuti, trasporti, servizi sociali etc) e di pagare gli stipendi. In base alla risposta fornita dal commissario straordinario, Luigi Croce, l’organo di controllo deciderà sul dal farsi e se procedere – come ormai sembra inevitabile – all' avvio delle procedure per la dichiarazione di dissesto economico. Il Testo unico degli enti locali, all’articolo 244, prevede che «si ha stato di dissesto finanziario se l’Ente, Comune o Provincia, non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, ovvero esistono nei confronti dell’Ente locale crediti di terzi cui non si possa fare validamente fronte né con il mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio di bilancio né con lo straordinario riconoscimento del debito fuori bilancio».

A palazzo Zanca, l’atmosfera è quella tipica che precede un funerale, perché di questo in fondo si tratterebbe, con il sotterramento di ogni speranza per un’immediata ripresa economica dell’ente, che si ritroverebbe, invece, ad affrontare un periodo di vera austerity, come previsto dalle norme del Testo unico degli Enti locali, che di seguito riassumiamo .

LE CONSEGUENZE DEL DISSESTO

L’ente dissestato deve approvare un nuovo bilancio, vagliato dal Ministero dell’interno, basato sull’aumento delle entrate al livello massimo consentito dalla legge, sul contrasto all’evasione e sul contenimento di tutte le spese. Tra le altre misure da mettere in campo: l’alienazione del patrimonio disponibile non strettamente necessario all’esercizio delle funzioni istituzionali, la destinazione degli avanzi di amministrazione dei cinque anni a partire da quello del dissesto e delle entrate straordinarie, la contrazione di un mutuo a carico del proprio bilancio.

Nella prima seduta successiva alla dichiarazione del dissesto e, comunque, entro trenta giorni dalla data di esecutività della delibera di dichiarazione del dissesto, il Consiglio comunale deve deliberare, relativamente alle imposte e tasse locali di propria spettanza, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. Viene esclusa la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per la quale è prevista la determinazione delle tariffe con provvedimento da adottare annualmente sulla base dei costi di gestione del servizio.

L’ente è, poi, tenuto ad effettuare una rigorosa rivisitazione delle spese, procedendo preliminarmente alla riorganizzazione dei servizi con criteri di efficienza, eliminando sprechi, inefficienze, diseconomie. Quindi, deve rivedere le dotazioni finanziarie eliminando o, quantomeno riducendo, ogni previsione di spesa che non abbia per fine l’esercizio di servizi pubblici indispensabili. L’ente dovrà poi verificare accuratamente la situazione economico-finanziaria degli enti, istituzioni e organismi dipendenti, nonché delle aziende speciali, adottando i provvedimenti necessari per l’eventuale relativo risanamento.

Giro di vite per le spese del personale, con l’obbligo per l’ente di rideterminare la dotazione organica, dichiarando in eccesso e collocando in disponibilità il personale comunque in servizio che risulti in esubero rispetto al rapporto medio dipendenti-popolazione, fermo restando l’obbligo di accertare le compatibilità di bilancio. L’altro obbligo in materia di spesa di personale è quello di ridurre la spesa per il personale a tempo determinato a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta per l’ultimo triennio antecedente l’anno cui si riferisce l’ipotesi di bilancio.

Per quanto riguarda i debiti, i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni possano ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento.

CHI DICHIARA IL DISSESTO

Nel caso in cui dalle deliberazioni dell'ente, dai bilanci di previsione, dai rendiconti o da altra fonte l'organo regionale di controllo (la Corte dei Conti) venga a conoscenza dell'eventuale condizione di dissesto, chiede chiarimenti all'ente e motivata relazione all'organo di revisione contabile assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni. Se ci sono le condizioni, la Corte assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine, non superiore a venti giorni, per la deliberazione del dissesto. Decorso infruttuosamente il termine, la Corte nomina un commissario ad acta per la deliberazione dello stato di dissesto

I RESPONSABILI DEL DISSESTO

L’art. 248 del Testo unico prevede pesanti sanzioni per gli amministratori ritenuti responsabili dello sfascio economico, stabilendo che «gli amministratori degli enti locali che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni da loro prodotti, con dolo o colpa grave nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile».

Intanto, in attesa di sapere se la Corte dei conti procederà alla dichiarazione di dissesto, ci sono due precisazioni degne di nota. La prima arriva dal Comune ed esattamente dalla stanza del ragioniere generale Ferdinando Coglitore che, in merito alla notizia sui 200 milioni di euro di debiti, afferma:«I debiti censiti dall’area economico-finanziaria ammontano a circa 60 milioni di euro. Può essere- aggiunge il dirigente – che altri hanno dati di cui noi non siamo in possesso»

La seconda precisazione giunge, invece, da Palermo e riguarda i tagli ai trasferimenti regionali ai Comuni siciliani. L'assessore regionale per le Autonomie locali e la Funzione pubblica, Nicola Vernuccio, rimanda ai mittenti le accuse, chiarendo che«si tratta di una polemica pretestuosa, legata certamente alla campagna elettorale, visto che la riduzione del Fondo è stata operata dalla legge finanziaria regionale, approvata dal parlamento siciliano ben 6 mesi fa. Dov'erano, allora – si domanda l'assessore- tutti questi sindaci? Il ruolo dell'assessore, oggi, mio malgrado, è stato quello di un "semplice" notaio». (Danila La Torre)