L’operazione verità in quel di Palazzo Zanca è ormai solo questione di ore. In arrivo (martedì 23 luglio) due esperti contabili dell’Anci, che dovranno raccogliere tutta la documentazione necessaria ad analizzare e quantificare esattamente i debiti che pendono sulla testa del Comune, siano essi certificati o potenziali. L’amministrazione Accorinti vuole mettere fine alla guerra dei numeri innescata durante la fase commissariale, quando sono emerse due versioni che più distanti non potevano essere: quella dell’ex commissario straordinario, Luigi Croce, che si è congedato parlando di mezzo miliardo di euro di debiti e quella l’area economica del Comune, guidata dal ragioniere generale Ferdinando Coglitore e Giovanni Di Leo, secondo cui il buco dell’ente non va oltre gli 80 milioni di euro. Adesso toccherà ai tecnici dell’Anci fare luce sulla reale situazione economico-finanziaria di Palazzo Zanca e dare i numeri… definitivi.
Intanto, a proposito dei conti del Comune di Messina , è arrivata come una manna dal cielo la sentenza 219 della Corte costituzionale depositata il 19 luglio, che “censura” alcuni articoli del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 . Senza entrare nel dettaglio della sentenza – che fa seguito ai ricorsi presentati da varie Regioni tra cui quelle a Statuto Speciale – ciò che ci interessa da vicino è che la Regione siciliana, e dunque anche il Comune di Messina, godrà di enormi benefici sia sul patto di stabilità, ritenuto inapplicabile da queste parti, sia sulla dichiarazione di dissesto finanziario degli enti , il cui iter non potrà più essere condizionato e subordinato alla volontà della Corte dei Conti. Le modifiche introdotte dal decreto legislativo 149 erano entrare in vigore senza la preventiva e necessaria concertazione tra Stato e Regioni e senza passare dalla sede istituzionale ad essa preposta, la Conferenza Stato- Regioni. La Consulta ha, dunque, deciso di mandare all’aria molte delle previsioni di quel decreto, riconoscendo in base a precisi articoli della Costituzione italiana un più ampio margine d’azione alle Regioni ricorrenti.
L’avvocato Arturo Merlo, che per conto del Comune ha condotto, sul fronte ammnistrativo, la battaglia legale iniziata con la sanzione per lo sforamento del patto di stabilità 2011, spiega che gli effetti della sentenza della Corte costituzionale saranno immediati sul patto di stabilità 2012, sforato dal Comune di Messina per oltre 7 milioni di euro (vedi correlato), perché di fatto «la legge non c’è più» ma non sul patto di stabilità 2011, su cui si dovrà esprimere il Tar Lazio. Il legale è comunque ottimista sull’accoglimento del ricorso, «che dovrebbe portare all’annullamento della sanzione del 2011», pari a 7 milioni di euro, che si erano raddoppiati con lo sforamento patto anche nel 2012.
Patto di stabilità a parte, la sentenza emessa dal presidente Gallo, dal redattore Lattanzi e dagli altri giudici della Corte costituzionale, tra cui il messinese Gaetano Silvestri, apre una via d’uscita inaspettata sul fronte del dissesto finanziario, su cui la Corte dei Conti non avrà più alcun potere impositivo. In altre parole, è stata sottratta alla magistratura contabile la possibilità di obbligare i Comuni alla dichiarazione di dissesto attraverso al Prefettura: dovrà essere l’ente locale stesso, in maniera del tutto autonoma, a decidere, con delibera del Consiglio comunale, se dichiarare o meno il default. Il Comune di Messina può quindi tirare un profondo sospiro di sollievo e procedere al risanamento dei conti senza più avere il fiato sul collo da parte dell’Organo contabile, che può ovviamente continuare a porre rilevi e richiedere chiarimenti contabili ma “perde” ciò che la Costituzione non gli ha mai riconosciuto, cioè poteri di amministrazione attiva. Detto questo, la voragine nei conti del Comune resta e l’amministrazione in carica dovrà continuare a lavorare per rimettere i conti a posto. L’ancora di salvezza a cui la giunta Accorinti sta disperatamente cercando di aggrapparsi è il Fondo di Rotazione, al quale si potrà accedere solo con l’approvazione del Piano decennale di riequilibrio. Il vice-sindaco Guido Signorino è già concentrato sulla rimodulazione del piano, ma arrivano brutte notizie da Roma sull’emendamento presentato in Senato dal messinese Bruno Mancuso (Pdl) che concedeva alle amministrazioni insediatesi da poco di modificare il documento di risanamento. Il testo è stato bocciato dalla Commissione bilancio del Senato e adesso ne andrà ripresentato un altro per non perdere l’unica possibilità di “afferrare” i 50 milioni di euro del prestito statale. (Danila La Torre)