La presentazione del piano di dismissione sullo Stretto risale allo scorso 2 febbraio. Da allora una ridda di conferme e smentite, fino a quella arrivata dall’organo ufficiale di Fs, il 17 febbraio, volta a tranquillizzare chi finora ha protestato. Una nota che il sindacato Orsa aveva accolto “con la dovuta cautela”, chiedendo una convocazione ufficiale per smentire il piano di dismissione e capire i dettagli del miglioramento dei collegamenti ferroviari.
La cautela era più che giustificata, visto che adesso la conferma del piano di dismissione arriva dal sottosegretario del Ministero ai Trasporti, Umberto De Caro, che ha dichiarato, senza possibilità di interpretazione, che è allo studio l’ipotesi di rottura di carico tra Villa San Giovanni e Messina per dirottare i passeggeri, a piedi, sui mezzi veloci.
Da qui il duro commento da parte del segretario regionale dell’Orsa, Mariano Massaro, e del presidente del Comitato Pendolari Siciliani, Giosuè Malaponti. “De Caro nella sua risposta ha venduto il solito fumo parlando di un moderno servizio di traghettamento veloce che in realtà esiste da quasi dieci anni per le esigenze dei pendolari dello Stretto e adesso lo si vuole utilizzare anche per trasbordare i passeggeri dei treni nella sponda opposta. La classica fava per prendere due piccioni che presto consentirà al governo di risparmiare i 47 milioni per la continuità territoriale siciliana che proprio non vuole più spendere. Se si aggiunge che nella richiesta di finanziamenti europei in base ai bandi Ten-T (Trans-European Transport Network) sono presenti progetti ferroviari e marittimi per tutte le regioni tranne che per la Sicilia, si conferma che politicamente l’isola è nelle mani di nessuno”.
A questo punto, secondo Massaro e Malaponti, la palla passa agli enti locali, chiamati in causa dal ministro Lupi per dare l’assenso al progetto di dismissione. “La smettano con i giochi di parole e scrivano due righe chiare al ministro dichiarando che la Sicilia non è disposta a scegliere fra i mezzi veloci e le navi traghetto, i primi servono per i pendolari mentre le navi a quattro binari sono insostituibili per la continuità territoriale ferroviaria. Treni veloci su navi moderne e metropolitana del mare per gli abitanti dell’area integrata dello stretto. Noi vogliamo tutto. Non saranno le rassicurazione di Garofalo a salvare il diritto costituzionale e neanche la solidarietà del presidente Crocetta ed i voli pindarici del sindaco Accorinti che ha presentato un futuristico piano di mobilità per lo Stretto senza specificare quanti treni e quante navi sono necessarie per garantire il servizio universale. Il modo per fermare la discriminazione che il Governo vuole riservare ai siciliani c’è: gli Enti locali prendano carta e penna e rigettino il piano che Rfi ha presentato il 2 febbraio. Se non lo faranno in tempo utile saranno complici dell’annunciata dismissione”.
Resta confermato, a questo punto, lo sciopero generale indetto per il prossimo 25 marzo. “Fsi poteva evitarlo convocando i sindacati per revocare il progetto del 2 febbraio – conclude Massaro -. Basta questo per capire che dietro le parole fumose e l’inadeguatezza della politica il progetto di dismissione è confermato. La Sicilia è nelle mani di nessuno. A 14 giorni dalla manifestazione di Messina ‘Ilferribottenonsitocca’, ci sembra che la musica non sia cambiata, anzi pare che si stia intonando il de profundis con la complicità di tutta la classe politica regionale e nazionale. Gira e rigira, il taglio, anche se fra le righe, del traghettamento dei treni diurni c’è, come si evince dall’ultimo intervento di alcuni deputati siciliani nella Commissione Trasporti della Camera dei Deputati”.