“Un momento di confronto e di riflessione all’indomani dell’ultimo attentato che ha colpito Manchestere che ha turbato ancora una volta tutta l’opinione pubblica”. Non poteva non iniziare con il ricordo delle vittime l’intervento di apertura dell’avvocato Giovanni Villari, moderatore del convegno “Immigrazione. Integrazione e sicurezza internazionale”, organizzato dall’Ordine degli Avvocati.
Una giornata di studi divisa in due sessioni, mattutina e pomeridiana, in cui i relatori e i numerosi avvocati presenti si sono confrontati non solo sul tema dell’immigrazione, definita dal presidente dell’Ordine, Vincenzo Ciraolo, come un problema si globale ma che ha ripercussioni sulla Sicilia e su Messina visto i numerosi sbarchi che interessano la regione e la città. Ma anche sul tema della radicalizzazione e sull’utilizzo di nuovi strumenti di neuroscienza forense per contrastare il terrorismo.
In particolare sul preoccupante fenomeno della radicalizzazione ha concentrato il suo intervento l’avvocato Carlo Mastroeni, presidente dell’associazione no profit ANOLF. Mastroeni ha fatto riferimento all’ultimo report del Ministero della Giustizia proprio sulla radicalizzazione nelle carceri italiani.
“ Dai dati abbastanza recenti, risalenti al gennaio 2017- ha specificato Mastroeni- si evince che in Italia all’interno delle nostre carceri abbiamo 170 soggetti sottoposti a monitoraggio in quanto considerati terroristi potenziali su un numero totale di 375 soggetti presi in considerazione”.
Uno degli strumenti maggiormente utilizzati come precauzione dal governo italiano, ha specificato il presidente provinciale dell’ANOLF, è proprio quello dell’espulsione dal paese che può essere preventiva o successiva alla fine della pena.
Sulle nuove scoperte in campo di neuroscienza forense e sui limiti di queste nuove scoperte si è soffermato, invece, Renato Grillo, magistrato della Corte di Cassazione di Palermo. Infatti, come sottolineato dal magistrato quello delle neuroscienze diventa un tema caldo per la giurisprudenza italiana che, a differenza di quella americana, ricorre a questi strumenti molto di rado. Addirittura in Italia si conta un solo caso in cui il giudice è ricorso all’utilizzo di uno strumento molto sofisticato, simile ad una macchina della verità, che ha permesso di poter stabilire se l’imputato avesse detto il vero o meno.
L’utilizzo di queste nuove tecnologie pone il giudice di competenza davanti ad ulteriori valutazioni sulla necessità e sulla validità dello strumento ai fini del processo. Oggetto della seconda sessione della giornata di riflessione sarà, invece, l’utilizzo di queste macchine nella lotta al terrorismo.
Nell’ambito del dibattito verrà presentata anche la “brainwave science”, una macchina che legge la mente realizzata dalla società americana e indiana Brainwave Scince LLD.