Il focolaio di Galati Mamertino ha mandato in tilt la gestione dell’emergenza coronavirus – e più in generale il servizio sanitario – in tutto il comprensorio nebroideo. Ad una settimana dai primi positivi accertati, la raccolta dei rifiuti speciali dei contagiati è ferma.
Nel conteggio nazionale dei positivi, i casi nebroidei non ci sono. Eppure proprio in questi giorni a Roma si decide della distribuzione dei fondi a disposizione della struttura commissariale guidata da Domenico Arcuri in favore delle strutture sanitarie regionali.
Anche l’assistenza sanitaria domiciliare sconta vuoti e ritardi, non soltanto nel centro montano che da ieri è zona rossa (foto di apertura e all’interno: i presidi delle forze dell’Ordine e dell’Esercito all’ingresso di Galati). Eppure le prime avvisaglie della diffusione del contagio risalgono già a due settimane fa, col caso Castel di Lucio. I sindaci dei Nebrodi occidentali già lo scorso 5 ottobre hanno chiesto di incontrare il Governo regionale per chiedere maggiore attenzione e il potenziamento delle strutture sanitarie, in vista dell’autunno e con le avvisaglie della ripartenza dei contagi.
Il 10 settembre scorso il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza della Prefettura aveva riunito i sindaci chiedendo maggiore attenzione, soprattutto in vista della riapertura delle scuole, e fornendo rassicurazioni. “Siamo pronti” avevano detto i vertici dell’Asp.
IL NODO RIFIUTI. A Galati Mamertino circa 100 persone sono in isolamento, i nuclei familiari complessivamente bloccati sono un numero poco inferiore. Il monitoraggio a tappeto, con i primi numeri dei positivi, risale ad oltre una settimana fa. Ma il servizio di raccolta dei rifiuti, che nel caso dei contagiati non può essere effettuato dalla ordinaria società che se ne occupa ma da una apposita che lo effettua in sicurezza, non è ancora partito. Il risultato è che l’immondizia è dietro la porta, e non si sa quando partirà il servizio.
Non succede soltanto a Galati. “Fino ad oggi ho sollecitato l’avvio del servizio – spiega il sindaco di Rocca di Caprileone Filippo Borrello, che ha due coppie in isolamento da una settimana – eppure soltanto oggi (ieri per chi legge ndr) mi è arrivata la “certificazione” dall’Asp che ho 4 positivi in isolamento! Insomma, loro se ne fanno carico da oggi”. La stessa segnalazione arriva da diversi altri primi cittadini del comprensorio.
I SERVIZI SANITARI. Il servizio di smaltimento dei rifiuti speciali in questo caso viene attivato dall’Asp, che contatta la società che lo effettua. Nel caso del comprensorio nebroideo, è l’Ufficio Igiene allocato all’ospedale di Sant’Agata. Dove prima c’erano 4 dottori addetti, oggi il numero si è dimezzato e proprio da poco tempo il responsabile è in malattia per gravi patologie. Già sottodimensionato, quindi, l’ufficio si è trovato a gestire un carico di lavoro che è diventato abnorme e in carenza di organico, col proliferare dei casi in tutti i comuni dell’area.
Inizialmente era stato chiesto all’ospedale di Mistretta di fornire un supporto. Nel frattempo, però, Mistretta è stato intasato dal caso Castel di Lucio. Ad oggi non ci sono avvisaglie di potenziamento, e proprio da oggi è dovuto tornare in servizio, in smart working, il responsabile alle prese col decorso della malattia e dell’intervento medico.
Le direttive regionali prevedono che ci sia in servizio un igienista ogni 50 mila abitanti. Soltanto il Distretto di Messina – da Furci a Rometta, Messina compresa – ne conta 250 mila. E gli igienisti sono 3. La graduatoria in questi mesi è andata esaurita, di nuove procedure di selezione o reclutamento di qualunque genere non c’è sentore alcuno.
In compenso proprio ieri la Regione ha avviato le procedure per il reclutamento di medici e infermieri da impiegare negli screening volontari con i test rapidi. E’ facile prevedere che aumenterà quindi il carico di lavoro per quelli stessi uffici.
All’ospedale di Sant’Agata e ai laboratori dell’Asp della stessa cittadina ieri è stato un via vai continuo di persone in fila per effettuare il tampone, di propria iniziativa o su consiglio del medico di famiglia o, ancora, perché coinvolte nella mappatura dei contatti dei primi casi positivi censiti un po’ ovunque. “Mi è servito un vigile per regolare il traffico, le code sono state chilometriche, la gente è rimasta in fila per ore”, racconta il sindaco di Sant’Agata Bruno Mancuso, che oggi ha 6 positivi accertati, compresi 2 bambini, e una quarantina di persone in isolamento fiduciario, in attesa dello screening.
All’ospedale di Sant’Agata il progetto del Covid Hospital è nato e morto tra le polemiche, la scorsa primavera. In progetto ci sono soltanto 6 posti in più di terapia intensiva. Le somme sono a disposizione dell’Assessorato Razza. I lavori di adeguamento dei locali non sono stati ancora avviati, le procedure per il reclutamento del personale neppure.
ASSISTENZA DOMICILIARE, QUESTA SCONOSCIUTA. A Galati Mamertino da ieri è attiva la zona rossa. Le Forze dell’Ordine sono arrivate nel pomeriggio a presidiare i varchi. Il Comune ha distribuito un modello di autocertificazione che serve per gli spostamenti in caso di necessità, valido 48 ore, che deve successivamente essere validato dal Municipio e trasformato in pass per gli spostamenti da e verso l’esterno. Si attende ancora risposta, invece, sul presidio sanitario richiesto dal sindaco Nino Baglio, che ha sollecitato l’invio di un’ambulanza covid con 2 medici, visto che i sanitari locali non possono assistere i contagiati.
La procedura raccomandata è quella dell’assistenza domiciliare, per evitare l’ospedalizzazione dei contagiati. E ovviamente l’isolamento non dovrebbe fare rima con l’uscita del malato dalla ordinaria assistenza sanitaria, anche se non si tratta di sintomi Covid.
Come sta funzionando? Lo racconta in un post la nipote di un 81enne positivo in isolamento a Galati, uno dei pochissimi casi sintomatici tra i 100 contagiati del paese: “Un anziano di 81 anni con sintomi accentuati, febbre persistente da giorni, è a casa senza assistenza. Oggi sono stati i miei genitori a cambiargli la flebo, guidati in video chiamata. Il medico di base non risponde, l’USCA risponde che bisogna chiamare il 118, il 118 che sono loro a doversi attivare. Nessuna visita a domicilio, alcuna assistenza respiratoria”. Dopo che il duro post della ragazza ha fatto il giro del web, in serata l’anziano è stato ricoverato in ospedale. Una 92enne, anche lei positiva, racconta una parente, ha ricevuto lo stesso trattamento: “Si nutre al 40%, ha la febbre alta, vomita, ha dolori alle ossa. Mi hanno risposto che non è grave”. Ancora una volta, episodi simili sono segnalati non soltanto a Galati.
RICOMINCIAMO A DARE I NUMERI. Lunedì scorso, il bollettino del Ministero dell’Interno dava 63 nuovi positivi in provincia di Messina con 378 positivi, ieri sono stati 34 i nuovi casi. Valutare quanti sono i guariti nel frattempo non è semplice, nella lettura del bollettino.
Di là della “mappatura straordinaria” di Galati Mamertino che ha visto l’USCA impegnata per giorni con i test rapidi e con i tamponi dei test molecolari ancora da processare, dalla lettura dei numeri pare che i tanti casi di queste settimane sui Nebrodi siano stati caricati con estremo ritardo, quanto meno. E che ancora la zona rossa di Galati non rientri nel novero. A fare i conteggi è ancora una volta la struttura Covid guidata a Messina dal dottor Crisicelli, ma nello specifico caso dei Nebrodi, dalla divisione di Igiene di cui abbiamo parlato sopra. Quella che ha “restituito” al sindaco di Rocca i suoi 4 positivi soltanto ieri. I 100 contagiati di Galati, invece, ancora non ci sono, visto che la raccolta rifiuti non è partita. Eppure lo screening e il processo dei tamponi la effettua la stessa Asp.
Insomma, Galati è zona rossa, sui Nebrodi prolificano i casi, ma Roma ancora non lo sa. E’ a Roma, però, che si decide degli aiuti e dei sostegni alle Regioni e alle strutture emergenziali. Proprio nei giorni in cui Arcuri annuncia l’avvio delle procedure di ripartizione dei fondi promessi alle Regioni per il potenziamento degli ospedali, dei nuovi casi appena cresciuti non c’è traccia.
A giugno il Ministro Speranza aveva esultato, annunciando che i fondi erano disponibili. Ma nessun ospedale ancora li ha visti. Arcuri ha risposto qualche giorno fa che il ritardo nell’avvio dei lavori è dovuto al ritardo con cui le Regioni hanno comunicato i propri fabbisogni alla struttura commissariale centrale. Invece le Regioni hanno risposto tutte, l’ultima a fine luglio scorso, due mesi e mezzo fa. I dati di fabbisogno in base ai quali verranno effettuati prossimamente i lavori di adeguamento, quindi, sono quelli che risalgono al massimo a giugno scorso. Ma la seconda ondata da noi ha già bussato vigorosamente alle porte.