La memoria del passato come monito per un futuro migliore. “Ho visto la guerra, per questo amo la pace”.è il titolo, altamente significativo, della manifestazione di oggi svolta a Palazzo Zanca nell’ambito delle iniziative previste per il settantesimo anniversario dei bombardamenti su Messina. Nel salone delle Bandiere motli ragazzi dei licei della nostra città hanno incontrato Michele Cerami, direttore del Centro Studi del Forte Cavalli, Vincenzo Caruso, direttore del Museo del Forte Cavalli che ha regalato all’uditorio una riflessione sul “valore educativo della memoria”. Sono intervenuti, inoltre, l’artefice Corrado Loiaconoe poi i testimoni oculari, Nico Galatà e Renato Colosi, denomunati “i ragazzi del ‘43 e Giulio Santoro che a quel tempo frequentava le Scuole Medie. Ha moderato la conferenza il giornalista Domenico Interdonato, addetto stampa del Forte Cavalli. Quello che visse la città di Messina nell’anno del ’43 fu un vero e proprio inferno di fuoco, dal quale la città ne usci quasi totalmente distrutta. Fu presa di mira, ovviamente, per la fondamentale posizione geografica: controllando Messina, infatti, si controlla lo Stretto. Una letteratura vastissima, quella delle testimonianze di guerra o della loro rappresentazione, che spesso si sofferma sulla condizione di chi dovrebbe avere a che fare con i giochi e non con la morte. E ascoltando “i ragazzi del ‘43” si capisce come quei bombardamenti siano rimasti indelebili nella loro memoria. Le sirene, le corse notturne ai rifugi sotterranei. Le deflagrazioni degli ordigni che facevano tremare le pareti sotteranee. Il piccolo mercato nero delle scheggie, “motivo di commercio il giorno dopo sui banchi di scuola” – ricorda Giulio Santoro. Nonostante tutto, la nostra città pagò allora un tributo di sangue inferiore rispetto a diverse altre città d’Italia, questo perché, ci spiegano i testimoni, nel momento in cui i bombardamenti da notturni divennero anche diurni la maggior parte della popolazione si trasferì in Provincia. La memoria e la testimonianza educano le future generazioni – ha spiegato il professore Vincenzo Caruso – chi ha visto con i propri occhi la guerra meglio ne può trasmettere gli orrori.