Appena concluso il processo di secondo grado Corsi d'oro 1, è stata notificata la fissazione del processo d'appello del secondo troncone dell'inchiesta sulla formazione professionale, quello che vede imputati Francantonio Genovese e i suoi familiari. Processo che prenderà il via il prossimo 17 gennaio.
Con il nuovo anno, quindi, toccherà alla Corte d'Appello esaminare la sentenza di primo grado, emessa il 23 gennaio 2017 dal Tribunale presieduto dalla dottoressa Grasso, l'estensore è il giudice Massimiliano Micali. Un compito non facile, quello dei giudici d'appello. In 519 pagine di motivazione, i giudici del Tribunale hanno spiegato perché delle 20 condanne e 3 sole assoluzioni.
Se nel caso di Corsi d'oro 1 il processo d'appello non ha registrato particolari schermaglie o colpi di scena, la sensazione è che nel caso di questo secondo troncone i difensori approfitteranno del secondo grado per tentare alcun "aggiustamenti" al verdetto, e riapriranno la battaglia sul reato di associazione a delinquere, l'accusa più pesante avanzata dalla Procura, che il Tribunale ha ritenuto sussistere in toto.
"Nessun dubbio può sussistere sulla responsabilità degli imputati Genovese, Galletti, La Macchia, Schirò Elena e Giunta in ordine al delitto di associazione per delinquere – ha scritto il Tribunale nelle motivazioni delle condanne – (..) Che Genovese fosse il vero dominus ed organizzatore del sodalizio criminoso (..)emerge evidente dagli atti. Sono particolarmente rilevanti le dichiarazioni rese in dibattimento da Ludovico Albert (…) Dimostrazione dello strapotere e dell’arroganza con cui il Genovese si muoveva nell’ambito dell’ambito della Formazione è quanto riferito dall’Albert riguardo, in particolare, al c.d Avviso 20."
La condanna per Francantonio Genovese fu, lo ricordiamo, di 11 anni. Contro di lui soprattutto le testimonianze di Ludovico Albert, l'allora super manager dell'assessorato regionale alla Formazione, voluto dall'assessore Mario Centorrino per rimettere in ordine il settore, della fedelissima segretaria Cettina Cannavò e i risultati delle analisi contabili sulle società di famiglia.
In ballo c'è anche la partita "riqualificazione del reato": il Tribunale in sentenza ha riformulato alcune accuse, derubricando alcuni casi di peculato. Nell'appello, la Procura ha insistito su questo punto, chiedendo che venga riconosciuto il reato, che comporterebbe pene più severe di quelle decise in primo grado.