La bufera che un anno fa cominciò a scoperchiare la “galassia degli enti di formazione” in Sicilia oggi ha soffiato forte su Messina che balza ancora una volta agli onori della cronaca nazionale. Lumen, Aram ed Ancol. Queste le sigle dei centri di formazione finiti sotto la lente della Procura e da oggi iscritti nel registro degli indagati come persone giuridiche. Dieci i provvedimenti di custodia cautelare siglati dal gip Giovanni De Marco. Ai domiciliari Chiara Schirò, moglie di Francantonio Genovese, Concetta Cannavò, ex tesoriere del Pd, Daniela D’Urso, moglie dell’ex sindaco Giuseppe Buzzanca e ancora Elio Sauta ex consigliere del Pd vicino al deputato dei democratici e Melino Capone, ex assessore comunale nella giunta Buzzanca, Graziella Feliciotto, Natale Lo Presti, Nicola Bartolone, Natale Capone e Giuseppe Caliri. Le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Sospeso per due mesi dall’esercizio del pubblico ufficio Carlo Isaia, funzionario dell’ispettorato del lavoro accusato di rivelazione del segreto d’ufficio, perché avverti Sauta che stava per essere effettuata un’ispezione amministrativa all’Aram.
Al centro delle indagini ci sono prestazioni simulate e sovrafatturazioni delle spese. L’esame attento dei bilanci da parte della Guardia di Finanza e del personale della sezione di pg della Polizia di Stato ha svelato il sistema utilizzato dai tre enti di formazione per ottenere erogazioni pubbliche destinate al finanziamento di progetti formativi. L’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Camillo Falvo, Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti è cominciata a ottobre dello scorso anno e ha esaminato i bilanci dal 2007 ad oggi.
“ E’stata condotta un’indagine innovativa che non si è limitata ad un semplice riscontro dei dati riportati nei bilanci, ma è andata sotto la superficie. Non ci si è soffermati sui singoli corsi o su chi li frequentava , ma è stata effettuata una verifica di gestione della spesa dei fondi arrivati da parte della Regione, dallo Stato e della Comunità europea” come sottolineato in conferenza stampa dal procuratore capo Guido Lo Forte che spiega “si è così scoperto che attraverso il ricorso a meccanismi sofisticati veniva effettuata una sistematica delazione dei fondi destinati a finalità diverse rispetto a quelle per le quali erano stati erogati. Nel dettaglio – prosegue Lo Forte – venivano rappresentate spese che superavano a volte del 600 per cento quelle effettivamente sostenute. Come nel caso degli affitti delle strutture che ospitavano i vari enti. Il sistema prevedeva l’intermediazione di società che erano sempre riconducibili ai soggetti che gestivano gli enti di formazione e affittavano l’immobile da terzi per poi riaffittarlo a prezzi maggiorati all’ente di formazione, inducendo così in errore gli enti pubblici nella fase di erogazione dei finanziamenti”. Ma nelle indagini ci sono anche forniture inesistenti o parzialmente inesistenti, noleggio di attrezzature e pulizia dei locali in cui venivano svolti i corsi di formazione. Milioni e milioni di euro che sono stati finanziati con importi superiori ai costi effettivamente sostenuti, con enormi sprechi di denaro pubblico e illeciti arricchimenti.