E’ stata un’altra udienza cruciale, quella di ieri, al processo Corsi d’Oro sulla formazione professionale. In questo caso si è trattato del processo scaturito dal primo blitz, quello del 17 luglio 2013, che vede protagonista il patron dell’Aram Elio Sauta e il responsabile dell’Ancol Melino Capone. Davanti ai giudici della II sezione Penale, infatti, anche ieri sono sfilati molti testimoni, ed alcuni in particolare sono stati illuminanti per ricostruire le vicende che hanno portato al crack del sistema formazione professionale in Sicilia.
In prima battuta, in mattinata, avvocati e pubblica accusa, in questo caso ieri in aula c’era il PM Fabrizio Monaco, hanno interrogato l’architetto Di Franco, responsabile delle procedure di accreditamento agli enti di formazione professionale sino all’inizio del 2013, in tutta l’epoca in cui l’assessorato era guidato da Mario Centorrino quindi. Di Franco è stato defenestrato alla fine del gennaio 2013 appunto e, come il direttore generale Ludovico Albert, ha fatto causa al governatore Rosario Crocetta. “Ho revocato l’accreditamento per irregolarità nella documentazione a oltre 200 enti – ha raccontato Di Franco difendendo il proprio operato – ho chiuso altrettante sedi periferiche di enti. Il 24 gennaio 2013 era stata fissata un’altra importante riunione per valutare l’accredito di molti alti enti; il giorno prima sono stato rimosso dal Presidente il quale mi ha accusato di essere “colluso” con gli enti stessi. Ma io non ho mai ricevuto una sollecitazione da alcuno”.
Di Franco, come Albert appunto, è oggi protagonista di un braccio di ferro giudiziario in corso davanti più giudici, con la Regione. Una serie di contenziosi come quello istaurato da Albert, appunto, già sentito nell'altro troncone processuale. Sulle stesse vicende alla scorsa udienza ha testimoniato lo stesso Crocetta – leggi qui.
L’ex dirigente regionale è stato ascoltato perché intercettato in almeno una conversazione, con l’allora Capo di Gabinetto Salvatore La Macchia il quale gli passa poi Elio Sauta. Il responsabile dell’Aram e Di Franco si scambiano su alcune battute, e le domande del PM Monaco di ieri erano dirette a capire se i rapporti tra i due fossero più stretti di quello che h sostenuto Di Franco: “Non ricordo della conversazione, non ho mai conosciuto Sauta, e ripeto di non aver mai ricevuto segnalazioni”. Proprio di una mail e del riferimento ad alcune segnalazioni faceva riferimento la conversazione, intercettata dagli investigatori alla fine del novembre 2012.
Il nome dell’architetto torna in un’altra telefonata intercettata nello stesso periodo, intercorsa tra Elena Schirò ed Elio Sauta: quest’ultimo le fa presente che l’Aram è stato sorteggiato per i controlli dell’audit e le spiega le indicazioni che avrebbe ricevuto da Di Franco in relazione alle verifiche che sarebbero arrivate. Di Franco è anche il responsabile della revoca dell’accreditamento all’Ancol dei fratelli Capone: “C’erano delle irregolarità nella documentazione trasmessa dall’ente – ha spiegato il testimone – e c’era un problema gestionale, di rappresentanza, poiché l’Ancol nazionale diceva che non esisteva un Ancol Sicilia”.
Tra i diversi testimoni sfilati dopo, è stato ascoltato anche un altro personaggio chiave dell’inchiesta giudiziaria, cioè Giovanni Moscato, l’impiegato dell’Aram incaricato anche dell’Ancol di portare i documenti alla Guardia di Finanza, nella fase di verifica iniziale dei fatti poi finiti nel calderone d’inchiesta. Moscato ha spiegato che si recava dalle Fiamme Gialle per spiegare quali erano i conteggi che avevano portato ai bilanci dell’ente, e come erano stati stilati quei bilanci. Secondo gli investigatori, invece, che hanno intercettato le conversazioni tra Sauta e Moscato, quest’ultimo cercava in qualche maniera di “carpire” notizie sulle indagini in corso. Ipotesi che Moscato ha respinto del tutto. Nel tardo pomeriggio l’udienza è stata aggiornata.
Lunedì si torna in aula per sentire i testimoni al processo Corsi d’Oro 2, quello che vede alla sbarra il protagonista principale, l’onorevole Francantonio Genovese. Qui il dibattimento è ancora lungo, e le udienze per ascoltare i testimoni e interrogare gli imputati andrà avanti almeno fino alla fine della primavera. Tra questi non ci sarà Genovese: l’onorevole ex Pd, oggi berlusconiano, ha rifiutato di sottoporsi all’interrogatorio dei Pubblici Ministeri e di confrontarsi con i molti avvocati impegnati nel processo. Una selta comune alla gran parte delle difese: soltanto La Macchia e la ex segretaria Cettina Cannavó hanno accettato di rispondere alle domande dell'accusa e dei giudici.
Alessandra Serio