Sono partiti appositamente da Palermo per sostenere la manifestazione indetta a Milazzo. Con un obiettivo comune: contrastare il decreto Sblocca Italia. Sono i membri del movimento “No Triv” , che hanno partecipato al corteo contro il CSS, ribadendo che le responsabilità di trivelle e inceneritori sono dei governi – nazionali e regionali – che li hanno proposti. E il 17 aprile si voterà proprio per il referendum “sulle trivellazioni”. Ne abbiamo parlato con il portavoce del movimento, Turi Pirrone.
Anzitutto, bisogna precisare che il referendum del 17 aprile non sarà sulle trivellazioni, ma sul prolungamento a vita delle concessioni già in corso per impianti di estrazione entro le 12 miglia dalla costa. Il decreto prevede infatti il divieto di trivellazione entro questa distanza; bisogna però decidere se permettere, alle aziende che hanno ottenuto l’autorizzazione con la vecchia legge, di terminare il lavoro, o se imporre loro di smantellare – e, si spera, bonificare – le aree in questione.
“È evidente che il referendum ha un valore politico” – spiega Pirrone – “si tratta di affermare la priorità di un modello alternativo, vista anche la crisi del settore petrolifero e il progresso tecnologico nel campo delle rinnovabili. Inoltre, è particolarmente grave che proprio la Sicilia, che potrebbe essere terra d’avanguardia nella green economy, si sia opposta alla consultazione”.
Chi vota Si, dunque, vota per l’abrogazione delle concessioni già in corso: in Sicilia, si tratta di sette impianti, il cui smantellamento richiederebbe tra i 5 e i 10 anni. Ma, secondo i fautori del “No”, la scelta potrebbe essere controproducente persino da un punto di vista ambientale: il petrolio e soprattutto il gas estratti dai giacimenti presenti nei mari italiani sono risorse strategiche per la transizione verso le fonti rinnovabili, ed estrarle in loco fa sì che non debbano essere acquistate e trasportate dall’estero, sulle dannosissime petroliere.
“La transizione può essere gestita in modi diversi” – risponde Pirrone – “e le tecnologie moderne, a nostro parere, consentono di superare in brevissimo tempo il ricorso ai combustibili fossili. Vogliamo la democratizzazione dell’energia: avere la possibilità di produrre, ognuno nel suo piccolo, l’energia necessaria al nostro fabbisogno, non piace alle lobbies della combustione. Certo, anche nella green economy non tutto è oro; ma quella è la strada da seguire”.
Giovanni Passalacqua