No, non parliamo di calcio.
Parliamo di Covid, di contagi da Covid.
Ieri sera, domenica 10 gennaio, eravamo i primi, amici.
La Sicilia era la regione col più alto tasso di positività d’Italia, 19,8%.
E fa paura, una paura fottuta, se mi passate il francesismo.
Non mi interessa attribuire responsabilità, trovo oramai inutile pensare agli assembramenti, alle scialate a beddu cori, agli schiticchi a tinchitè, ai fenomeni senza mascherina, alle code nei negozi, ai negazionisti dei miei stivali, a chi mi ha definita “terrorista” perché manifestavo la mia preoccupazione, a quelli della “banale” influenza, ai complottisti, ai dottori pluridecorati di una beata m…
Non mi interessa affatto.
Ieri notte, nel mio piccolo paese, è morto un altro cittadino.
Ed è morto DI COVID.
Qualche giorno fa era morta la moglie, anche lei per complicanze legate al Covid.
Una famiglia DISTRUTTA.
E la lista dei contagiati si allunga.
E l’unico colore che riesco a vedere è il NERO.
E la rabbia monta, insieme alla difficoltà di capire.
Che non è solo mia.
Perché, ad esempio, in marzo, quando qui i casi erano veramente pochi, osservavamo tutti rigorosamente le regole e adesso altamente ce ne fottiamo?
Di cosa abbiamo bisogno?
Degli sceriffi, dell’esercito, della frusta, delle minacce, della pubblica riprovazione?
Di questo abbiamo bisogno?
Si, sicuramente.
E ci arriveremo.
Magari in pochi, ma ci arriveremo.
Perché, nel frattempo, il problema della fragilità del nostro sistema sanitario non è più solo un’ipotesi.
Ma una drammatica realtà.
E godiamocelo questo fantastico primato.
Tanto, riguarda sempre “gli altri”…
Antonella Pavasili