Oltre al covid c’ è un altro virus che necessita di vaccino, sebbene questo debba essere prodotto più dalla comunità che non da laboratori scientifici. E’ il virus dell’infodemia, che va di pari passo con quello della comdemia. Secondo l’Oms l’infodemia è la «sovrabbondanza di informazioni – alcune accurate e altre no – che rende difficile per le persone trovare fonti e indicazioni affidabili quando ne hanno bisogno». La comdemia, è la sovrabbondanza di attori che vogliono accreditarsi all’interno dei meccanismi di comunicazione pubblica-istituzionale e contemporanea inadeguatezza di strumenti tradizionali a fronte di uno scenario di crisi inedito.
Entrambi i fenomeni sono al centro dell’interessante pubblicazione del professor Marco Centorrino (Humanities anno IX numero 18, dicembre 2020) dal titolo: “Infodemia e comdemia: la comunicazione istituzionale e la sfida del Covid 19”. Centorrino è professore associato di sociologia e processi culturali e comunicativi presso l’Università di Messina.In un anno i cittadini sono stati letteralmente sommersi da un diluvio informativo scatenato intorno alla pandemia che ha generato quella che il direttore generale dell’Oms ha definito una infodemia, da combattere tanto quanto la malattia. Inizialmente la dinamica sembrava circoscritta al tema delle fake news. Ma nel corso della crisi si è aperta un’altra emergenza sul fronte della comunicazione pubblica e istituzionale: la comdemia intesa come difficoltà nella gestione della comunicazione di crisi (da parte degli enti e degli organismi pubblici) ma anche nella rappresentazione delle misure di contenimento e delle raccomandazioni verso la cittadinanza che si sono succedute a partire da marzo 2020.
Il tema delle fake news e della post verità è scoppiato come fenomeno ben prima della pandemia ma le conseguenze più critiche si sono riscontrate appunto durante tutto il 2020. I social media, con tutti i limiti di una “verità” che appare al singolo come globale ma invece è quella dettata dall’algoritmo che selezione in base alla nostra percezione e preferenza di realtà, sono diventati essi stessi fonte di rischio facendo rimbalzare informazioni non validate. Ma anche paure, notizie semi vere, fake news.
Il professore Centorrino che ha vissuto in prima linea a Messina l’emergenza covid e la comunicazione istituzionale, analizza quanto accaduto in un anno sotto questo profilo e sopratutto com’è cambiata la comunicazione trasformata in infodemia e comdemia. L’analisi riguarda la comunicazione nei vari momenti: il lockdown, l’estate, la seconda ondata.
Il lockdown scatta il 9 marzo 2020. “ Appare un paradosso, ma nella separatezza il Paese sembra avere… ritrovato unità- scrive Centorrino- lo stare in Gruppo ha sempre avuto funzione “totemica”, il riunirsi attorno a simboli di qualsiasi natura, non significa semplicemente “incontrarsi”. L’essere insieme dà forza agli individui. La chiusura totale ha prodotto, tra l’altro, l’opportunità di ritrovare quel valore “totemico” in altre pratiche: i flash mob, i raduni canori sui balconi, le videochiamate di Gruppo”.
Uno studio dell’Università di Padova ha dimostrato come in Veneto, nel corso del 2020, il più alto tasso di coesione sociale si sia registrato tra il 13 e il 19 aprile (in pieno lockdown, appunto). Nel contempo la forza emozionale si è convogliata su un sentiment di unità (pensiamo ai pazienti Bergamaschi curati a Palermo o gli operatori sanitari del sud andati a Milano per aiutare i colleghi o il dolore nazionale davanti alla fila di bare a Bergamo). In quei giorni la percentuale delle fake news è scesa tra il 16 e il 22 marzo dal 6,8% al 4,8%.
Il quotidiano bollettino diffuso in diretta dal Capo della Protezione civile è divenuto punto di riferimento e, con prassi che si sono consolidate di giorno in giorno, tutte le istituzioni regionali e locali hanno adattato a quella fonte tempi e contenuti informativi da veicolare ai media. Una catena tesa ad affermare la centralità e la credibilità delle emittenti istituzionali e a fornire un quadro il più possibile univoco. Contemporaneamente si è affermata una ritrovata rilevanza dei media tradizionali e, conseguentemente, dell’informazione certificata.
“Una narrazione bellica che ha favorito la designazione del ruolo di “comandante in capo” per il decisore politico e, conseguentemente, l’accettazione delle forme di autoritarismo. Il contenimento del contagio diviene guerra «con i suoi caduti, i suoi eroi, i suoi martiri, i bollettini giornalieri dal fronte, gli ospedali come trincee, le battaglie quotidiane, gli alleati, il virus che diventa “un nemico”». Allo stesso tempo, in guerra occorre unità, non c’è spazio per critiche sulla condotta dei vertici dell’esercito, il disfattismo viene messo al bando e si accettano più facilmente le misure di controllo sociale.
Ma proprio le stesse variabili che hanno rafforzato le figure istituzionali nel lockdown apriranno la strada a quell’ondata di “comdemia” che caratterizzerà le altre fasi, insieme all’infodemia.“L’esperienza del lockdown, che era cominciata nel segno del tricolore è proseguita sotto quello dei campanili. Il quadro si è fatto frammentato, con provvedimenti legislativi diversi non solo da regione a regione, ma addirittura da città a città. Tutto legato non a una differente situazione di contagi, bensì ad iniziative di carattere prettamente politico. Leader nazionali, amministratori regionali, sindaci hanno compreso che il ruolo di commander in chief fosse redditizio in termini di consenso. Le strategie seguite dal governatore della Campania De Luca o dal suo omonimo sindaco di Messina sono emblematiche, ma non isolate: toni urlati, misure di controllo utilizzate come prova di forza, minacce per gli eventuali trasgressori. E, soprattutto, il ruolo istituzionale e la figura politica che si intersecano, si sovrappongono, si confondono”.
Ma per completare il quadro occorreva il “controllo dei dati”. Ecco che si moltiplicano le dirette social, addirittura anche in concorrenza con le conferenze stampa del capo della Protezione civile e diventa dominante, da parte del politico, l’uso del web. In alcune Regioni sono persino scesi in campo, con azioni di “marketing” I vertici politici della sanità. L’eccessiva pluralità di voci, la maggior parte delle quali di matrice istituzionale ha eroso quel capitale di coerenza e fiducia costruito fino a quel momento. E’ iniziata la fase della confusione.
Da settembre in poi il dibattito si è polarizzato sulla conta dei posti letto negli ospedali, mentre si sono affievoliti, quei messaggi su misure di contenimento, comportamenti da tenere e procedure da seguire anche in caso di contagio. La polemica politica ha travolto la comunicazione pubblica. In queste fasi i cosiddetti media mainstream, hanno finite col fare da cassa di risonanza per le polemiche, fino a veicolare attraverso i propri canali le varie dirette social. E nel period di fine anno, con l’ingresso dell’Italia “a colori” e delle fasce I media si sono trasformati in potenziale fonte di confusione.
“Nel continuo tentativo di anticipare i contenuti di ordinanze e decreti, hanno fornito indicazioni che – essendo formulate in termini previsionali – sono cambiate continuamente e ciò si è accavallato alle frequenti modifiche di divieti e permessi decise dalle istituzioni. Indicativo quanto avvenuto nel momento in cui sono state “colorate” in maniera diversa le varie aree del Paese: cittadini che, per giorni, avevano letto che si sarebbero ritrovati in zona “gialla”, si sono visti collocare in zona “arancione” oppure “rossa” o viceversa, con il conseguente disorientamento generale.
Infodemia e comdemia nel corso del 2020 si sono manifestati sia in periodi diversi che contemporaneamente accentuando quindi le conseguenze negative. “Per sconfiggere (speriamo) il Covid-19 è stato trovato un vaccino, nel giro di pochi mesi- conclude Centorrino– Occorrerà trovarlo in fretta pure per questi altri due virus, attingendo alla tecnologia e agli strumenti normativi perché – come tutti auspicano – la società post-coronavirus dovrà essere differente e dovrà nascere dalla lezione che tale esperienza ci ha lasciato, anche sul fronte della comunicazione”.