Tra rimborsi lenti, di difficile accesso e di scarsa entità e chiusure a singhiozzo, lockdown, divieti, migliaia di imprese ed attività sono state costrette a chiudere. O, peggio, a passare la mano aprendo le porte a infiltrazioni mafiose e operazioni di riciclaggio. In ultimo la maxi operazione in Calabria è solo un esempio della capacità delle mafie d’infiltrarsi là dove il sistema ha fallito. Messina in Azione ha preso spunto dai dati per fare una riflessione sulla gravità del fenomeno.
I numeri sono inquietanti: da aprile a settembre, a cavallo fra il lockdown e la fase 2, ben 43.688 aziende hanno cambiato titolare. Nelle nuove compagini societarie compaiono soggetti provenienti da Paesi in blacklist per antiriciclaggio in un numero 4,5 volte superiore alla media. Mentre è di oltre 10 volte superiore alla media italiana la presenza nelle nuove proprietà di trust, fiduciarie e fondazioni che non consentono di risalire a un individuo con titolarità effettiva.
Dallo scorso marzo la Guardia di Finanza ha portato a termine sette operazioni che svelano interessi illeciti di personaggi vicini ai clan per accaparrarsi i fondi straordinari a sostegno delle imprese. Mentre un’inedita ricerca di Transcrime e dell’Università Cattolica di Milano segnala elementi di preoccupante opacità nel fiume di transazioni e passaggi di proprietà che non si è arrestato neppure con il lockdown.
Azione, il partito creato da Calenda già ammoniva un paio di mesi fa: “Le misure di sostegno immaginate per le imprese sono state immaginate male e non stanno funzionando“. Ed il senatore Richetti rincarava la dose evidenziando come il governo finora abbia sbagliato l’approccio al sostegno all’economia italiana. “Le procedure di garanzie del credito sono lunghe e farraginose, troppe imprese sono ancora senza risposte, i bandi per le aziende si sono rivelati una presa in giro, con il sistema del Click Day che è peggio della lotteria. Per non parlare della gestione della cassa integrazione e dei bonus agli autonomi. Altro che navigator e assistenti civici, oggi per avere 50 mila euro servono 40 giorni e sono coinvolti Stato, Sace, Banche e Imprese. Il delirio della burocrazia.”
I debiti della Pubblica Amministrazione secondo Azione andavano pagati tutti, non meno della metà. Sarebbero stati 27 miliardi nelle casse delle imprese italiane. Si dovevano restituire IRAP 2019 e acconti 2020. Bisogna bloccare gli ammortamenti sui bilanci di quest’anno per non impoverire le aziende. I 55 miliardi del dl Rilancio andavano utilizzati in modalità diretta sulle imprese, altro che Alitalia.
Di fronte a questo disastro era immaginabile che la mafia e la criminalità avrebbero banchettato. Nei primi sei mesi del 2020 l’Unità di informazione Finanziaria della Banca d’Italia ha ricevuto 52.558 segnalazioni per sospetto riciclaggio: una crescita del 4,7 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Un numero che va di pari passo con l’impennata di interdittive antimafia emesse dalle prefetture nei confronti di aziende controllate o condizionate dalle organizzazioni criminali. Nei primi nove mesi dell’anno il Ministero dell’Interno ne registra 1.637, nello stesso periodo del 2019 erano state 1.541, con un dato indicativo di come si muove la presenza criminale nel settore imprenditoriale: per la prima volta l’Emilia-Romagna (218 interdittive) scalza la Sicilia (178) e si piazza al terzo posto. In testa ci sono Campania e Calabria.
“Attenti al lupo!- scrive Messina in Azione– Anzi agli sciacalli… che si nutrono di inefficienza e mancata lungimiranza a protezione delle nostre imprese”