MESSINA – Non è chiusa la partita giudiziaria sul crac della Banca Popolare di Vicenza durante la gestione Zonin. La Procura Generale della Repubblica di Venezia ha impugnato la sentenza di secondo grado che ha confermato le condanne per i vertici dell’istituto nella metà del decennio scorso, con sconti di pena rilevanti rispetto al verdetto di primo grado. Va in particolare rivisto, scrive la Procura, il criterio che ha condotto la Corte d’Appello ad “accorpare” i capi di imputazione di aggiotaggio. La richiesta è quella di annullamento della sentenza del 10 ottobre 2022. Sarebbe da cancellare anche la revoca della confisca per equivalente di 963 milioni di euro.
La Corte di Cassazione non ha ancora fissato la data dell’udienza, a cui sono interessate oltre mille parti civili, per lo più investitori di ogni parte d’Italia. Tra loro anche una messinese, assistita dall’avvocato Nino Cacia. Leggi qui La sua vicenda
Alla donna un istituto di credito locale aveva proposto un investimento da 75 mila euro con un rendimento del 25% netto, prospettandolo come assolutamente blindato e non sottoposto ad oscillazioni. Malgrado le perplessità, l’acquirente è stato convinto e ha sottoscritto le azioni. Era la metà del 2014. Per gli inquirenti erano già “carta straccia”.
La Corte d’Appello di Venezia ha deciso la condanna a 3 anni e 11 mesi per Gianni Zonin, ex banchiere e presidente dell’istituto di credito liquidato nel 2017, dovrà scontare 3 anni e 11 mesi, contro i 6 anni e 6 mesi inflitti in primo grado. Stessa condanna per l’ex dg Andrea Piazzetta e l’ex consigliere Massimiliano Pellegrini; 3 anni e 4 mesi per l’altro ex dg Paolo Marin, 2 anni e 7 mesi per il predecessore Emanuele Giustini.