Crisi Triscele, Confapi Messina vicina alla famiglia Faranda. Dubbi sui prezzi delle zone Asi di Messina

Il caso è scoppiato nella scorsa settimana per via dell’allarme lanciato dalla Flai Cgil che denunciava la prossima chiusura dell’azienda locale produttrice di birra, preannunciando tempi duri per i lavoratori impiegati nello stabilimento di via Bonino. Una doccia fredda non solo dal punto di vista occupazionale ed imprenditoriale, ma anche per i tanti messinesi amanti della bevanda marchio Triscele realizzata dal gruppo Faranda. Immediata la mobilitazione dei cittadini, come mostrano anche i tanti attestati di solidarietà lasciati nello spazio commenti di Tempostretto.it. , segno evidente della voglia di non veder sopraffatta e sacrificata dalla logica del mercato l’ennesima tipicità locale.

Nel giorno stesso dell’sos lanciato dal sindacato, a distanza di qualche ora, arriva però la precisazione dell’amministratore unico della società, Francesco Faranda (vedi articoli correlati), che pur riconoscendo la difficoltà del momento, afferma di non voler fermare la produzione ma di piuttosto prospetta l’ipotesi di una delocalizzazione dell’impianto per avere a disposizione maggiori spazi in cui collocare macchinari più efficienti che riescano ad innalzare i livelli di produzione rendendo così più competitivo il marchio sul mercato. Alla base della decisione relativa allo spostamento della struttura anche la vendita degli attuali spazi, in quanto edificabili.

Su quest’ultimo aspetto interviene oggi il presidente di Confapi Messina, associazione delle piccole e medie imprese, Giorgio Caprì. Sul “caso Triscele” il “numero uno” dell’associazione esprime piena solidarietà nei confronti dell’amministratore unico Francesco Faranda: «La vicenda – afferma Caprì – testimonia la grande difficoltà in cui spesso si trovano ad operare gli imprenditori locali, costretti a fare i conti con un tessuto economico-sociale in affanno. Va lodato, nonostante tutto, – continua – lo sforzo dell’azienda di voler comunque portare avanti la produzione con rinnovato slancio grazie anche alla delocalizzazione dell’impianto. L’attuale sede dello stabilimento, in pieno centro città, rende complicato il raggiungimento di adeguati livelli di produzione che possano rendere il marchio pienamente competitivo in un settore in cui la concorrenza è spietata. È legittimo dunque – aggiunge il presidente di Confapi Messina – che la famiglia Faranda abbia deciso di cedere gli spazi su cui sorgono gli attuali stabilimenti in cambio di un’entrata che possa garantire un investimento per la ripresa dell’attività».

E proprio in merito all’individuazione di una nuova area su cui far sorgere la struttura, il presidente Caprì evidenzia un aspetto che coinvolge l’intero settore imprenditoriale: «Per l’identificazione di un altro sito entro i confini del territorio cittadino, bisogna però tenere conto di quanto stabilito dal DR n°55 del 30 aprile 2009, “Determinazione del prezzo di vendita dei terreni industriali nell’ambito degli agglomerati di pertinenza dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale della Sicilia”. Il costo per mq di aree ricadenti nel territorio messinese – zone industriali regionale e statale, Polo Artigianale Larderia – è di 252 E/mq, contro i 22E/mq degli agglomerati industriali di Patti, Barcellona, Venetico, Terme Vigliatore, S. Agata di Militello, Mistretta, San Piero Patti, Villafranca Tirrena e i 20E/mq di Milazzo-Giammoro».

Una disparità di costi che rischia di ostacolare tentativi di investimento: «Confapi Messina – conclude Caprì – intende discutere della questione presso l’assessorato regionale all’industria, nell’interesse di tutti gli imprenditori messinesi».