Mafia. E’ finita la latitanza del boss di Giostra, Giuseppe Mulè, catturato dai carabinieri nel salernitano

MESSINA. E’ durata tre mesi e cinque giorni la latitanza di Giuseppe Mulè, arrestato ieri sera a Scafati, in provincia di Salerno. Il boss di Giostra era ospite di una coppia di incensurati disoccupati e di un’altra donna, proprietaria dell’appartamento dove si nascondeva, arrestati per favoreggiamento. Il blitz è scattato ieri sera intorno alle 20. I carabinieri del Reparto Operativo e della compagnia Messina Centro hanno cinturato la palazzina individuata nei giorni scorsi come il rifugio del latitante e, quando i due coniugi che si occupavano della sua assistenza sono usciti dall’appartamento, hanno fatto irruzione, in borghese ma armati fino ai denti. Mulè ha cercato di fuggire attraverso la finestra, giù dal secondo piano del palazzo, ma in basso, ad attenderlo, c’era il maresciallo del Reparto operativo che lo ha arrestato.

“E’ il momento per tutti quelli che sono stati vessati dalle richieste estorsive e dal terrore che il boss incute in città – ha detto il capitano Piero Vinci, comandante della compagnia Messina Centro – di denunciare: Mulè è in manette e ragionevolmente ci resterà per parecchio, ed anche i suoi fedelissimi sono dietro le sbarre-.

Nell’appartamento, i carabinieri hanno trovato un passaporto con l’identità falsa che il boss era pronto ad assumere, con l’alias di Giuseppe Parisi, di Catania, una Beretta 98Fs con la matricola abrasa completa di due caricatori, 2 mila euro in contanti, altro materiale ora vaglio degli investigatori e, in bagno, le medicine da cui il malvivente, malato di Aids, non si separa mai. Arrestati anche Giuseppe Oliviero, 39 anni, Lucia Cefariello, 38 anni, che si occupavano delle necessità del latitante, dai viveri al vestiario, e Virginia Carotenuto, 28 anni, la proprietaria dell’appartamento (tutti di Ercolano).

I carabinieri del Reparto operativo, sulle tracce di Mulè dal 3 settembre scorso, quando l’uomo è fuggito dal Margherita, dove era ricoverato, erano a Scafati già da qualche giorno. I militari hanno prima individuato le persone che assicuravano la latitanza del pregiudicato, poi la palazzina dove era rifugiato, infine l’appartamento divenuto il suo covo. Dopo aver circondato l’isolato, che si trova in quartiere degradato della città, si sono appostati lungo le scale, hanno seguito l’ingresso della coppia in casa e, quando i due hanno aperto la porta per uscire ed andarsene, hanno fatto scattare l’irruzione. A nulla è servito il tentativo di Mulè di lanciarsi dalla finestra, visto che sotto c’erano gli altri uomini del Maggiore Marco Aquilio, che guida il Reparto operativo dei carabinieri di Messina. Vistosi braccato, si è fatto ammanettare senza opporre resistenza.

La cattura del latitante è arrivata dopo 3 mesi di indagini serrate, durante le quali i militari hanno seguito costantemente le sue tracce. All’inizio, Mulè ha trovato rifugio a Giostra, nel suo quartiere. Le operazioni condotte dalla polizia in questi ultimi mesi gli hanno però fatto terra bruciata intorno, convincendolo a rifugiarsi altrove. Negli ultimi due mesi la Squadra mobile ha infatti decimato il clan Mulè con le tre tanche dell’operazione Ghost, che hanno portato in carcere, tra gli altri, Floriana Rò, convivente storica del boss. Nessuna delle 9 persone arrestate dalla polizia ha però deciso di parlare, violando la cortina di ferro innalzata intorno al capo clan. I carabinieri sono riusciti ugualmente a trovare le tracce del boss, ed in due occasioni gli sono stati molto vicini alla cattura, la prima volta nel quartiere fortino di Giostra, la seconda a Catania.

Mulè era irreperibile dall’inizio dello scorso settembre. Sottoposto a sorveglianza speciale, era stato scarcerato su ordine del tribunale di sorveglianza di Milano e posto ai domiciliari perché ritenuto affetto da Aids conclamato, una diagnosi sulla quale, peraltro, la procura di Messina aveva espresso dei dubbi. Avrebbe dovuto tornare in carcere per scontare una condanna all’ergastolo. Il tribunale di Milano aveva infatti rigettato il ricorso di deferimento della pena, chiesto da Mulè proprio per le sue ragioni di salute. Il boss si è quindi dato alla latitanza prima che gli venisse notificato l’ordine di carcerazione. Mulè. considerato uno dei più pericolosi criminali della città, ha sulle spalle condanne per 3 omicidi, 4 ferimenti, diversi episodi di estorsione e associazione mafiosa.

L’indagine del carabinieri è stata coordinata dal sostituto procuratore Maria Pellegrino e dalla collega della Direzione distrettuale antimafia, Rosa Raffa.