“Il clan Gullotti non lo si scopre oggi, e Messina non è New York". Così il deputato nazionale Pdl Maurizio Biancone commentava la richiesta di arresto per Francantonio Genovese, proprio mentre l’aula era chiamata ad esprimersi sulla autorizzazione a procedere. Il deputato intendeva richiamare il Pd alle responsabilità politiche sulla maxi inchiesta della Procura di Messina sugli affari della famiglia messinese plenipotenziaria di business e voti. Non poteva immaginare, Biancone, che se li sarebbe ritrovati colleghi di partito.
Correva l’anno 2014, ma i fari della Procura di Messina, quell’anno sfociati negli arresti dell’operazione Corsi d’Oro, erano stati accesi molto prima.
L'inchiesta, che ha una genesi antica, entra nel vivo nel 2012 quando molti enti di formazione, che perdono l'accreditamento e subiscono i tagli, minacciano e poi ritirano l'azione legale contro l'assessorato regionale alla Formazione e il "pasticciaccio" degli avvisi.
Intanto la Procura di Messina indagava su Elio Sauta, ex consigliere comunale del Pd, già responsabile dell'Istituzione dei servizi sociali e da sempre operatore della formazione professionale.
Dai guai giudiziari per la sua attività di consigliere, dall'Istituzione agli oneri riflessi, la Polizia giudiziaria è presto passata all'Aram, l'ente di formazione di Sauta. L'uomo aveva da tempo "spiegato" al suo riferimento politico, l'onorevole Genovese, come funzionava il mondo della Formazione. Così, per gli investigatori, il passo dall'Aram alla Lumen, l'ente gestito da Elena Schiró, il passo è stato breve.
Mentre gli investigatori "facevano le pulci" agli affitti e i costi dei corsi dell'Aram e della Lumen, il bubbone formazione scoppiava un po' ovunque, sulla scia delle denunce e le proteste dei dipendenti.
Nel marzo 2013 a Patti veniva arrestato l'ex vice sindaco Francesco Gullo e indagata la figlia Maria Tindara, deputato nazionale Pd genovesiana, che ieri ha votato contro la richiesta di arresto. L'accusa è voto di scambio, anche attraverso la gestione dei corsi di formazione.
Nel giugno 2013 viene notificata agli interessati una richiesta di proroga delle indagini preliminari della Procura di Messina. Ci sono tutti: Francantonio e il cognato Franco Rinaldi, deputato all'Ars, la moglie Chiara e la cognata Elena.
Nel luglio 2013 scatta il blitz "Corsi d'oro": ai domiciliari Sauta, Chiara Schiró, e i rispettivi "cerchi magici". Il blitz coinvolge anche l'Ente Ancol gestito dall'ex assessore dell'esponente di centrodestra Giuseppe Buzzanca e la moglie Daniela D'Urso. E scatta, a breve distanza, un corposo sequestro. Una "retata" bipartisan, insomma. Nel novembre 2013 la Procura torna dal Gip Giovanni De Marco e scatta un secondo sequestro di beni. Di lì a poco arriva anche la richiesta di giudizio immediato per tutti gli imputati di Corsi d'oro, e ad inizio del 2014 prende il via il processo.
Il 22 gennaio 2014, incardinato il processo, il Tribunale revoca i domiciliari agli imputati, che tornano in libertà. La "pace", peró, dura poco. Il 19 marzo scatta Corsi d'oro bis: arresti domiciliari per l'esponente Pd Salvatore La Macchia, uomo di Genovese nelle poltrone utili, il commercialista Stefano Galletti, che tornerà libero pochi giorni dopo, i due stretti collaboratori di Genovese Roberto Giunta e Domenico Fazio. E scattano nuovi sequestri, per 5 milioni di euro in totale, stavolta anche a carico del deputato Pd.
Con i quattro domiciliari, la Procura aveva chiesto ed ottenuto dal Gip De Marco anche l'arresto del deputato Pd, sospeso in attesa del voto del Parlamento. Associazione a delinquere finalizzata alla truffa, peculato, riciclaggio. A base dell'accusa, anche le conversazioni telefoniche intercettate a Patti nel corso dell'inchiesta sui Gullo.
Il processo è terminato il 23 gennaio scorso: 11 anni la condanna di primo grado per Francantonio, 2 anni e 11 mesi quella per Rinaldi (leggi qui la sentenza). La Corte deve ancora depositare le motivazioni del verdetto.
Intanto però nel maggio 2016 scoppia l’operazione Matassa (leggi qui per gli approfondimenti) e i due cognati si ritrovano di nuovo indagati, stavolta per la presunta compravendita di voti durante le comunali e le regionali precedenti. Il processo di primo grado è ancora alle prime battute.
A coordinare entrambe le indagini è il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, che proprio ieri è stato nominato a Catania.