Cronaca

“Crypto”, l’ansia dei narcos: «La legge è sempre avanti a noi»

Le ansie e le paure di alcuni dei partecipanti all’organizzazione di narcotrafficanti sgominata grazie alle decine d’arresti dell’operazione “Crypto” riempiono molte delle 671 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria Antonino Foti.

Spray anti-cane

Durante una delle conversazioni captate dagli investigatori, Humberto Alexander Alcantara, Antonio Marco Penza, Antonio Stelitano e altri due uomini non meglio identificati discutono su come sia possibile eludere i controlli delle forze dell’ordine.

«Vendono uno spray, costa 65 euro» dice Alcantara, che poi specifica che un prodotto del genere si vende nei sexy shop olandesi. «Tu vai al coso dove vendono… tu là “dammi un anti-cane”… Però lo devi tirare sotto vuoto, prima».

«Sì… e poi… (incomprensibile)» replica Stelitano. «E poi, quando tiri sotto vuoto, quei guanti te li devi togliere… e un altro…» è la spiegazione del cittadino dominicano, che poi precisa: «Perché se no lo sporchi un’altra volta… deve venire un altro pulito e fare quello… (incomprensibile). Hai capito? Tu non la puoi toccare più… e perché lo sporca subito».

La “cimice”

Il procuratore distrettuale Giovanni Bombardieri

Altro dialogo intercettato dalle forze dell’ordine è quello in cui Alcantara è con Stelitano, Penza e un “Roberto” non meglio identificato. Proprio Antonio Marco Penza riferisce d’aver trovato una “cimice” nella sua auto «e d’aver lasciato la stessa – si legge in ordinanza – ad alcuni suoi amici, investigatori privati».

Stelitano, dal canto suo, fa sapere d’avere un amico «che rifornisce le “microspie” alle forze di polizia e che, se vuole, può accompagnarlo da lui per chiedere informazioni; gli consiglia, inoltre, di non portare al seguito, a bordo del veicolo, cellulare Blackberry perché asserisce che la predetta “microspia” è in grado di captarlo». E aggiunge che alcuni suoi amici sono stati trovati in possesso di un milione e 300mila euro mentre viaggiavano verso la Spagna e poi arrestati a Milano, durante il viaggio di ritorno dalla Spagna all’Olanda, perché “beccati” con 35 kg di cocaina. A suo dire, «dopo la chiusura delle indagini hanno scoperto d’avere avuto, a bordo del veicolo sul quale viaggiavano, una “microspia” che captava i Blackberry».

Le certezze di Penza

Antonio Marco Penza, peraltro, si dice certissimo di non aver mai “sgarrato” rispetto alle leggi vigenti in modo visibile, proprio per restare coperto e non dare nell’occhio.

«Io di mio non ho un errore – afferma tra l’altro –, non ho un sequestro, non ho un’intercettazione… mai avuto in vita mia… mai fermato con un pregiudicato… non ho la sorveglianza speciale, io». Aggiungendo accoratamente: «Non mi vedrai mai in città… in posti strani… in bar… io non entro in un bar non so da quanti anni… con la famiglia mia sì (omissis), metto le mie foto con Facebook… con il commercialista, con l’avvocato…».

Insomma: una vita frugale e all’insegna della “prudenza”, per così dire.
Ecco perché Penza precisa che, una volta organizzato un trasporto di droga, «materialmente non fa niente e che fanno tutto gli altri, puntualizzando che difficilmente riescono a “fotterlo”».

«La legge è sempre avanti a noi»

Ciononostante, in altre intercettazioni si nota una vena di sconforto, di consapevolezza dei partecipanti alla gang di narcotrafficanti – come rimarcato dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia reggina in conferenza stampa – che la prudenza non sarà mai sufficiente.

Per quanto sofisticate possano essere le tecnologie utilizzate, per quanta accortezza si possa utilizzare nelle conversazioni – nel caso di specie, la cosa include il “linguaggio cifrato” degli sms esclusivamente numerici -, «la legge è sempre avanti a noi», si lamentano alcuni degli indagati nel corso di un dialogo, rivelando un forte timore di poter essere presto smascherati e arrestati.

La mafia albanese

Senza scomodare le elucubrazioni Europol, anche dalle intercettazioni di “Crypto” emerge la rilevanza della mafia albanese. Arriva dal “Paese delle Aquile” un procacciatore di cocaina di prima importanza per l’organizzazione. «Un albanese che si chiama Nico – afferma Antonio Marco Penza –, che vive a Madrid, però compra ad Amsterdam…».

Si appalesa che Penza ha allestito un super “giro” di cocaina su scala intercontinentale che in “Nico” ha trovato, si legge in ordinanza, il «broker delle organizzazioni fornitrici».