Ricordo di Domenico Maggiotti, direttore tecnico che amava Messina

Veniva da Frascati, ma si era innamorato di Messina. Domenico Maggiotti, direttore tecnico del Vittorio Emanuele da sempre, da quando il teatro riaprì nel 1985 fino alla sua morte, nel 2004, a 60 anni, in seguito ad una malattia che lo consumò lentamente. Lo hanno ricordato oggi i vertici dell’Ente Teatro di Messina, con una messa e una targa commemorativa.

Apprezzato in tutta Europa, Maggiotti, oltre ad aver partecipato all’allestimento di decine di spettacoli, collaborò con istituzioni importanti, come il teatro Eliseo di Roma e il Festival dei Due Mondi di Spoleto. Fu anche direttore tecnico del Festival di Taormina fina dalla sua fondazione. Una personalità e una professionalità grandissima, di cui Messina si è fregiata per lungo tempo senza averne piena consapevolezza.

Così lo ha ricordato Maurizio Marchetti, attuale direttore artistico della Prosa del Vittorio Emanuele, collega e amico fin dai primi anni ’80: «Aveva un carattere burbero, ma io ci ho fatto tante cose insieme. Con me ha illuminato la facciata del Duomo, un esempio perfetto di com’erano i suoi progetti, fatti solo di fantasia e grande arte, e non costavano niente. Mi ricordo di una volta, io litigavo con un dirigente politico, a lui queste cose piacevano moltissimo, ci guardavamo con gli occhi che ridevano. Aveva un modo unico di camminare sul palcoscenico, pochi ne ho incontrati che, come lui, si muovevano sul palco come se fossero a casa. Tutto sommato ci siamo divertiti molto, a fare cose che erano belle. Si consideri che era tra i primi 3 o 4 direttori tecnici d’Italia, a Messina ha creato una vera e propria scuola tecnica, di altissimo livello, è stato un maestro per tutti i tecnici che ora lavorano qui.»

Diverso il punto di vista di Gabriele Siracusano, marito della sorella della compagna Rosanna, anche lei scomparsa da poco in seguito ad una malattia. «I suoi colleghi sanno quale maestro era nel suo campo, come uomo ricordo la forza che ha avuto di sopportare la malattia e nello stesso tempo stare accanto alla sua compagna, anche lei malata. Anche se appariva un po’ burbero, aveva atteggiamenti molto dolci, ad esempio con i nipoti. Le uniche persone con cui aveva rapporti spigolosi erano gli amministratori, per via della sua rigorosa professionalità e del suo carattere concreto, di chi sa fare il suo dovere. Venne a Messina, chiamato dal sindaco Bonsignore quando si trattò di rifondare il Teatro, e anche per Taormina; qui costruì qualcosa di importante e si creò anche degli affetti. Da allora non si è più staccato. Né se n’è mai pentito, nonostante la sua caratura potesse fargli aspirare a scene più prestigiose. Era critico solo nei confronti delle manifestazioni di mediocrità dell’ambiente in cui operava.»

Nella foto, di Dino Sturiale, la scopertura della targa