Se conduciamo la nostra mente a spasso per l’Italia degli anni ’50-’60, ci ritroviamo al centro della fase d’oro del cinema più autentico. Sono gli anni in cui l’Italia si fa prezioso bacino di quei film destinati a impressionare per sempre lo sguardo del futuro cinematografico mondiale. È il cinema – per capirsi – che parla il linguaggio neorealista di Rossellini; quello più visionario di Fellini; e quello più struggente e esistenzialista di Antonioni. In questo denso panorama concettuale ha origine l’idea di uno tra i festival del cinema più longevi del nostro paese: il
Taormina Film Fest che con quest’anno giungerà alla sua
63esima edizione.
Il prestigioso Festival, luogo d’elezione in cui ogni anno si vuol celebrare la parte migliore del cinema nostrano e non solo, nacque precisamente nel 1955 con l’originale obiettivo di porsi come iniziativa non competitiva, ma come anteprima e introduzione alla stagione cinematografica a venire. Il motivo originario della rassegna prese forma dalle menti di Arturo Arena e altri amici che intendevano trovare una via per valorizzare le meravigliose rarità del territorio siciliano. Qual modo migliore di un Festival che celebri in un tale contesto l’arte dello sguardo sul mondo?
Nel luglio del ’55 fu ufficializzata con una rassegna stampa la nascita del Festival che si sarebbe svolto l’agosto dello stesso anno a
Messina. Per la prima edizione si scelse di presentare sette film (quattro di produzione americana e tre italiana) che compendiavano i generi più in voga dell’epoca: dal film-opera, al melodramma, alla commedia. Fu nel
1957, sotto la guida di Michele Ballo, che
Taormina si inserì
insieme a Messina come teatro del Festival. Lo stesso anno venne ripensata la modalità non competitiva della rassegna e fu scelto di istituire due varianti di premio tutte particolari. I David di Donatello e i
Cariddi d’argento. Questi ultimi ispirati all’opera scultorea di G.A. Montorsoli. Da qui in poi la rassegna cinematografica siciliana si inscriverà sempre più in quel panorama mondano tipico dei festival del cinema più celebri.
Gli anni ’60 sono infatti gli anni in cui il nome del Festival di Taormina è inscindibilmente connesso a quello del casinò Mon Repos. Inaugurato a Taormina, all’interno della villa Mon Repos appunto, tale casinò divenne il ricettacolo del divismo più sfrenato di quel periodo. Diretto dal 1963 dal commendatore Domenico Guarnaschelli, già noto al pubblico delle case da gioco per aver gestito qualche anno prima il casinò di Tripoli, il casinò Mon Repos ebbe vita breve, ma grandiosa. Guarnaschelli fu abile nel consegnare ai divi più esclusivi le scene della sua villa.
Moltissimi sono i nomi delle personalità hollywoodiane che scelsero di far visita all’osannato casinò. Da
Marlene Dietrich a Cary Grant. D’altra parte la partecipazione di Cary Grant ai casinò non è un fatto nuovo. Chi è che non ha in mente il celebre attore nei panni del gatto, ladro abilissimo, nel
film di Alfred Hitchcock Caccia al ladro (1955)? Memorabile la scena in cui, in Costa Azzurra, si trova al casinò al tavolo della roulette con altri eleganti coprotagonisti delle sue smodate avventure.
A partire dagli anni ’80 le sorti della rassegna cinematografica di Taormina sono diventate ancora più propizie. Il Festival è divenuto palcoscenico di competizione per opere prime e seconde al livello internazionale. Cariddi di bronzo, argento e oro sono stati previsti per le
migliori opere cinematografiche e Maschere di Polifemo per migliori interpretazioni. Qualche anno dopo hanno fatto la loro comparsa anche i Nastri d’argento, i premi al cinema sponsorizzati dal SNGCI.
A oggi il
Taormina Film Fest, grazie anche al fondamentale contributo creativo dato al Festival dalla direzione di
Enrico Ghezzi e Felice Laudadio, può essere annoverato tra uno degli appuntamenti cinematografici più importanti dell’anno. Un vero teatro di cinema, spettacolo e talento immerso in uno scenario da non perdere.