MESSINA – “Ho iniziato a percepire il reddito di cittadinanza nel 2020, con l’avvio della pandemia. Avevo 32 anni. Come mai? Ho lavorato a Messina sempre in nero, sempre sfruttato. Ho fatto il badante per cinque anni e prendevo 30 euro per stare tutta la notte sveglio. In un altro periodo, percepivo due euro e venti centesimi l’ora, caricando e scaricando alcolici. Un lavoro che oggi non potrei più fare perché la mia schiena è a pezzi. Dopo dieci anni di lavoretti senza diritti e sottopagato, il reddito di cittadinanza è stata una svolta per me. Ma, nel mese di luglio, con un sms dell’Inps e, per volontà del governo Meloni, mi è stato annunciato che era stato revocato. Come occupabile, non ne avevo più diritto. Ed è iniziato un incubo per me”. A parlare è un messinese. Uno dei tanti che ha perso il reddito di cittadinanza. E racconta la sua esperienza.
Continua il 35enne: “Premetto che conosco tante persone che lavorano in nero, sfruttate al massimo, o che ufficialmente fanno un part-time e in realtà si tratta di un lavoro a tempo pieno. Potrei fare tanti esempi. Un mio amico guadagna 20 euro al giorno per consegnare le pizze, utilizzando il suo motorino. Un altro fa il badante: 20 euro al giorno, per sei ore, sempre in nero. Io, dopo dieci anni di questa vita, senza diritti, non ce la facevo più. Ho solo la fortuna di avere una piccola casa ereditata dai miei. Altrimenti, la mia situazione sarebbe peggiore, ancora più critica. Per tre anni, grazie al reddito di cittadinanza, sono stato io ad aiutare la mia famiglia perché mio padre, a causa di vent’anni di lavoro in nero, prende la pensione minima: 500 euro al mese. E mia madre non ha mai lavorato. Anch’io, con il reddito, ricevevo 500 euro mensili e davo un mano, nelle spese, ai miei. Scarpe, vestiti, bollette: riuscivo a tenere conto di tutto”.
Questo cittadino messinese, che ha la terza media come titolo di studio ma che parla con proprietà di linguaggio, insiste su una questione per lui fondamentale: “Fino a luglio percepivo il sussidio e all’improvviso lo Stato mi ha messo con le spalle al muro. Mi sento come se avessi ricevuto questo messaggio: O accetti di rientrare nei circuiti illegali del lavoro in nero, oppure muori di fame. E non penso solo a me stesso ma anche ai cinquantenni, ancora di più tagliati fuori dal mondo del lavoro. O alle donne costrette a tornare a casa da un marito violento”.
Aggiunge il trentacinquenne: “A luglio mi è stato tolto il reddito di cittadinanza e siamo arrivati a febbraio senza che si sia profilata alcuna alternativa. Conservo ancora il messaggio dell’Inps: Domanda di Rdc sospesa come previsto dall’articolo 13 del decreto legge 48/2023, convertito in legge 85/2023, in attesa della presa in carico dei servizi sociali. In quel periodo, i sindacati non mi hanno saputo aiutare. C’era una grande confusione sul piano delle informazioni. Il 28 settembre, dopo due mesi che vivevo nel panico, mi arriva la convocazione per il 2 ottobre al Centro per l’impiego. Nel frattempo, ho un dente cariato ma come faccio a pagare il dentista? E ho pure iniziato a soffrire d’insonnia e di ansia. Sono ora i miei ad aiutarmi, dandomi 100 euro al mese, e di certo non mi posso permettere uno psicoterapeuta privato. Sono in attesa d’iniziare degli incontri con una psicologa nel pubblico. Ma passeranno diversi mesi prima di poter fare un colloquio. L’appuntamento è addirittura a settembre”.
Ma torniamo all’appuntamento al Centro per l’impiego. Ha risolto i suoi problemi? “No, con fatica ho capito cosa stavo firmando. Mi hanno iscritto a un sito e automaticamente a un corso di formazione, destinato agli ex percettori del reddito di cittadinanza che non possono essere ammessi all’assegno d’inclusione, molto restrittivo. Il mio corso è di operatore per l’infanzia. Frequentandolo, percepirò 350 euro ogni 30 giorni per sei mesi (sono misure di attivazione lavorativa, con l’obiettivo di favorire l’occupazione, nel limite massimo di dodici mesi, n.d.r.). Ho firmato il 5 ottobre ma siamo a febbraio e non è partito. I responsabili mi hanno detto che non può iniziare perché la Regione non ha ancora inviato le somme. Alcuni corsi, invece, stanno per iniziare, mi hanno detto”.
Ribadisce il cittadino messinese: “Mi sento abbandonato dallo Stato e da tutti. Sono stato sballottato da un posto all’altro: dai Caf ai sindacati nessuno mi ha saputo dire nulla. Persino le parrocchie, a cui mi sono rivolto per il cibo, non mi hanno aiutato. In più, ovunque, a Messina, scopri situazioni di sfruttamento. Un mio amico è stato licenziato: lavorava in un bar a tempo pieno ma il titolare l’aveva assunto con il part-time. E ora prende un assegno di disoccupazione di 480 euro. Un’altra persona che conosco, sempre in un bar, viene pagata 10 euro al giorno. Dov’è questo lavoro nella legalità?”.
In una Messina in crisi, la vicenda del trentacinquenne non è un caso isolato. Per raccontare la propria storia – tra problemi lavorativi, ingiustizie e ricerca d’occupazione nel territorio messinese – si può inviare una mail a info@tempostretto.it, segnalazione WhatsApp al 266.8726275.