MESSINA – A Londra esistono dei cocktail costosissimi che aprono a nuove esperienze del “bere”, rivolte soprattutto a chi ama il lusso e la particolarità, e anche a chi può permetterselo naturalmente. Tra quelli più costosi della metropoli britannica ce n’è uno realizzato da un messinese. Si chiama Giorgio Trimboli, è il direttore dei bar al “The Biltmore Mayfair”, non lontano da Hyde Park, e il suo Biltmore Rye Manhatthan 1960’s costa 450 pound. Tradotto col cambio attuale, si parla di circa 521 euro.
A raccontare com’è nato è lo stesso Trimboli, rientrato in Inghilterra dopo aver passato le vacanze di Natale nella sua Messina: “Sulla cocktail list abbiamo inserito una sezione che si chiama ‘Vintage cocktail’. Intendiamo che sono stati imbottigliati negli anni ’60, ’50, ’20, eccetera. Risalgono esattamente a quelle epoche. Il più costoso è il Biltmore Rye Manhatthan 1960’s, un whisky del 1920, imbottigliato dopo il proibizionismo, con un vermouth del 1960. Costa 450 pound. Ma ne abbiamo anche altri costosi. Quest’idea è nata perché ho notato che nel mondo della mixology e del bere si cerca sempre di guardare al futuro, all’innovazione. Quasi nessuno dava la possibilità di bere come nelle epoche passate. Volevo dare ai clienti la possibilità di assaggiare dei cocktail fatti come se fossero stati creati in quel periodo storico. C’è chi mi chiede quale sia la differenza. La ricetta è sempre quella, perché spesso si tramandano da generazione, alcune segrete, e non cambieranno. Ma bisogna considerare che le materie prime erano diverse e inoltre una bottiglia chiusa per 40 anni ha perso del liquido, l’Angels’ share, che di fatto è l’alcol che evapora”.
Trimboli poi ritorna al passato, a quando ha lasciato la città: “Ho deciso di lasciare l’Italia dopo qualche esperienza tra Messina e le Eolie e vari corsi per aumentare le mie conoscenze. Ho deciso di venire a Londra perché ispirato da Agostino Perrone, il beverage director del Connaught Bar, uno dei migliori bar al mondo, sempre tra i top 5. Ero ispirato da questo concetto di bere con classe, la teatralità anche del bar e del miscelare liquidi e alcol. Per me è uno stile unico e inimitabile. Ho deciso così di partire, anche se non ho mai avuto l’onore di lavorare con Agostino Perrone, però lui spesso viene a bere i miei cocktail e abbiamo instaurato una bella amicizia”.
“La vita qui è molto frenetica – ha proseguito, guardando alle differenze con la Sicilia. Io lavoro a Mayfare, uno dei quartieri più ricchi forse d’Europa. Quindi mi confronto con il lusso e questo è ciò che vedo al lavoro. Vivendo in una grossa metropoli rispetto alla Sicilia ci sono tempi diversi in tutto, la principale differenza è questa. Con Messina ho un rapporto bellissimo. E sono felice che tanti clienti mi chiedano quali siano le mie origini. Amano farmi domande e io sono fiero di parlare di Messina e della Sicilia. Anche perché la mi ha aiutato tanto in questo successo che sto avendo. Tante ricette, tante combinazioni di sapori, vengono dalla cucina delle mie nonne o dagli odori, dai profumi, dall’albero di limoni nel giardino di mia nonna. Per noi siciliani sono cose scontati ma qui sono dei veri wow factor“.
Poi la classica domanda, tornare o restare? “Tornare? Un giorno mi piacerebbe. Vedo che a Taormina ci si sta muovendo molto, ma anche a Palermo stanno arrivando sempre più grandi hotel. Potrei anche fare qualche ospitata a Messina nei prossimi mesi”. E infine un consiglio ai più giovani: “Non abbassare mai la testa e non farsi dire da nessuno cosa si può e cosa non si può fare. Le idee, i concetti, vanno portati avanti, con rispetto verso chi è più in alto di te, con sacrificio e mettendo il cento per cento di sé in ciò che si fa. E consiglio anche di leggere tanto, senza più perdere tempo sui social, perché i libri possono ispirare molto di più. Io ne ho letti tanti di cucina, mixology e tanti altri”.