A Messina ha studiato con la fondazione Albatros e all’istituto Antonello. Poi, dallo Stretto, ha praticamente girato l’Europa per toccare con mano il lavoro dei suoi sogni, dando sfogo alla propria passione e a tutta la sua creatività, alla ricerca del proprio posto nel mondo. Gabriele De Domenico oggi lavora in Liguria e vanta una carriera già lunga e ricca, nonostante sia sulla trentina. Di fatto ha iniziato la sua vita da chef a 14 anni, con un lungo percorso di formazione che poi l’ha portato ad eccellere, grazie a un passione che parte da lontano.
Metà della sua vita, quindi, l’ha passata ai fornelli. “La passione per la cucina nasce tramite mio padre – racconta Gabriele – che era un grande cuoco. Non lo faceva per mestiere, ma per passione, grazie a quanto gli aveva insegnato mia nonna. E io stesso ho imparato da lei: penso a quando a 6 anni sbucciavo con lei i fagiolini o le fave. Poi guardavo mio padre fare le braciole, ad esempio. Io ci tengo molto alle tradizioni e tento di trasmettere sempre le eccellenze messinesi, anche arancini, braciole, focaccia e tanto altro. Sono entrato a scuola a 14 anni, a 15 ho fatto lo stagista a Letojanni ed è stata la mia prima esperienza. Poi ho lavorato in un ristorantino a Messina, dove facevo le fritture di pesce”.
“A 19 anni sono partito e sono andato in Olanda – continua lo chef – e ci sono stato 2 anni. Ho iniziato la mia gavetta gestendo le colazioni di un hotel, poi sono passato a un 4 stelle, dove sezionavo carne e pesce. Sono tornato in Italia e ho lavorato al Belmond Villa Sant’Andrea a Taormina. Ci sono stato per tre stagioni estive, mentre in inverno lavoravo a Saint Moritz. Poi, però, è arrivato il Covid. Questo mi ha riportato a Messina, ma quando sono ripartito ho fatto il Sous Chef a Courmayer, poi in Sardegna e infine in Liguria, per un’azienda che si occupa di grandi ristoranti o alberghi, location di lusso, dalle 5 stelle in su”.
Un lunghissimo giro, ricco di esperienze, partito da Messina: “Se una persona ama questo lavoro deve saper fare sacrifici e si deve applicare. Ci vuole amore, passione, rispetto per la materia prima e per il cibo, ma anche umiltà. Bisogna rispettare le tradizioni ed esportarle all’estero. La nostra cucina fa invidia al mondo, la Sicilia è ammirata per ogni aspetto lontano da qui. Quindi questa mia formazione mi ha aiutato”. Ma Gabriele ha anche una storia personale particolare alle spalle: “All’età di 17 anni ho perso mia madre. Lei mi diceva sempre di fare ciò che volevo, di essere sicuro e di non mollare. Mio padre se n’è invece andato nel 2017 e per anni è stato con me molto duro, ma mi ha spronato a fare di più. Gli ho dato la dimostrazione, partendo e andando all’estero, che potevo realizzarmi e ne è stato molto felice”.
Tutto questo, però, lo ha costretto a lasciare la sua terra in cerca di qualcosa di diverso: “Per la mia situazione personale sono stato quasi costretto a partire perché l’Italia non è un Paese facilissimo nel mio settore. Vorrei però tornare a Messina. Sono convinto che sia una terra che può dare tante. Ci sono tanti problemi, questo sì, ma mi manca tanto. Il mio sogno è aprire il mio locale, il mio ristorante, in cui cucinare i piatti della tradizione, mantenendo qualità e materia prima, ma rielaborandoli in maniera elaborata, dando sfogo alla fantasia”.
L’amore per Messina si riflette anche nel messaggio ai giovani: “Dico loro che chi ama questo lavoro e chi si mette in gioco deve avere spirito di sacrificio, amore e rispetto verso la materia prima e il cibo”.