Messina – E’ arrivata la condanna di primo grado per Giuseppe Russo, il messinese arrestato nel 2021 dai carabinieri del Reparto operativo speciale di Messina per la violazione della Convenzione internazionale di New York del 4 dicembre 1989 sul contrasto al fenomeno dei “mercenari”.
Per l’oggi 31enne, al centro dell’operazione battezzata “Ivan” dal soprannome di battaglia, era stato spiccato il mandato di arresto ma non è mai rientrato in Italia ed anche il verdetto del Tribunale di Messina, che lo condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione, è stato letto in sua assenza e in presenza di un difensore d’ufficio. L’Accusa aveva chiesto per lui una condanna più pesante. A rappresentarla era il Pubblico Ministero Fabrizio Monaco, che ha coordinato l’inchiesta fin dall’inizio, andando avanti con le imputazioni per Russo e archiviandole invece nei confronti del professor Daniele Macris, inizialmente indagato per i presunti rapporti con il mercenario.
Il giovane, dopo essere stato reclutato in Italia, avrebbe combattuto per denaro al fianco delle milizie filo-russe nel conflitto armato nel Donbass, in Ucraina orientali tra l’esercito ucraino e truppe filorusse, senza essere cittadino di quello Stato, né stabilmente residente.
Attraverso l’analisi dei flussi finanziari e dei profili social la Procura di Messina aveva ricostruito i movimenti del messinese, in Donbass dal 2016. Era proprio lui a condividere in rete le immagini in combattimento insieme ad altri militari, alcuni dei quali gli chiedevano consigli e indicazioni per intraprendere la medesima attività.
L’indagine ha portato alla luce anche l’esistenza e l’operatività di una struttura organizzata attiva nell’area Italia – Ucraina e dedita al reclutamento e al finanziamento di mercenari destinati ad integrare le fila delle milizie separatiste filorusse nella regione del Donbass, già emersa da un’analoga attività condotta dal Ros nel 2018.