Da Messina alla Toscana per amore della propria famiglia. Antonino Minissale è messinese ma la sua vita è ormai lontana, a Santa Croce sull’Arno, in provincia di Pisa. Una scelta di cuore, la sua, che lo ha portato a scoprire la sua vera passione e quello che è diventato il suo sogno: l’arte della panificazione. Così Nino è diventato “Il Pizzaiolo imbruttito”, un vero artigiano della farina, che in Toscana cucina mettendoci tutto il cuore possibile, ma soprattutto utilizzando i prodotti siciliani e portando sulle tavole dei suoi concittadini quei prodotti tipici messinesi e siculi che lo hanno reso celebre. E così dal pane e dalla pizza si arriva ad arancini, brioches col “tuppo” e cannoli.
“Perché mia moglie e mio figlio erano qui in Toscana. La scelta era tra tenermi la mia vecchia azienda di prodotti da ufficio o stare con la mia famiglia. Ovviamente ho deciso di trasferirmi, possiamo dire sia stata una scelta di cuore. Poi, siccome qualcosa dovevo inventarmi e avevo la passione per gli impasti, sono andato a fare un corso. In breve tempo sono diventato assistente in una pizzeria. Continuando poi a fare altri corsi, ma anche fiere ed eventi, mi si è aperto un mondo. La mia passione mi ha portato a trasformare tutto questo nel mio sogno”.
“Sì, durante la pandemia mi si è era bloccato tutto. Avevamo chiuso un contratto a Livorno per gestire una pizzeria, ma con l’arrivo del Covid il proprietario ha avuto paura di investire ed è andato tutto in fumo. Così ho continuato a lavorare in casa, a fare eventi e catering. Da lì, dopo pochi mesi, abbiamo visto che la gente rispondeva bene anche soltanto col broadcasting. Noi avevamo fatto una sorta di home restaurant e vendevamo i nostri prodotti tipici, come gli arancini. La risposta positiva dei clienti ci ha spinti ad aprire un locale a Santa Croce dove io e mia moglie portiamo quelli che sono i prodotti tipici della cucina messinese e siciliana”.
“I nostri prodotti sono molto apprezzati. Il mio è un brand da tecnico di Molini Riggi. Loro sanno che qui trovano un prodotto di qualità, sia perché ogni giorno c’è un pane diverso, variando ogni giorno i grani antichi siciliani e il lievito madre. Piacciono molto sia il pane, sia le focacce, sia gli altri prodotti. Anche i dolci, dai cannoli alla cassata fino alle brioches col ‘tuppo’. Il cannolo è il prodotto che ha davvero spopolato. Molto vengono a dirmi che sono stati mandati da altri perché sanno che li trovano buoni. Ormai mi capita di entrare in un bar per fare colazione e di sentirmi dire: ‘Tu sei quello dei cannoli’. Poi qui ci sarà la festa dell’amaretto di Santa Croce sull’Arno. La cosa bella è che questo dolce tipico nasce nel 1800 grazie a delle suore di clausura di Siracusa che vennero trasferite qui. In pratica per ringraziare i paesani che portavano loro da mangiare, cucinavano questi amaretti con mandorle, uova, zucchero, scorza di limone, fatti sulle ostie. E questo dolce è stato tramandato per decenni, tanto da diventare il dolce rappresentativo del posto”.
“Sì. Adesso abbiamo fatto anche un’associazione per l’amaretto e stiamo portando avanti la pratica per farlo diventare presidio Slow Food. L’8 dicembre ci sarà questa grande festa e si assegnerà l’amaretto d’oro, il premio per quello più buono. Io parteciperò per il primo anno ma ci sono grandi aspettative, sia perché sono siciliano sia perché mi mandano le mandorle dalla Sicilia. Sono in tanti che vengono a dirmi che si aspettano che io vinca ma non sarà facile ovviamente, sono curioso di vedere come andrà”.
“Il rapporto con Messina è un rapporto d’amore. Noi che ci allontaniamo dalla nostra città sentiamo sempre la mancanza, nonostante tutto e tutti. Mi fa molto infastidire pensare a quei messinesi che vivono in città e la criticano continuamente dicendo che ‘non c’è nenti’ e cose simili. Li farei venire qui, a vivere fuori, solo così capirebbero cos’è realmente Messina e cosa ti dà a livello di posti, di meraviglie, di sole, mare, cucina. Io qui sono in una grande pianura. Santa Croce è il polo di concerie più importante d’Italia. Ti accolgono ben volentieri e mi sono trovato benissimo, mi sento un santacrocese e sono felice. Ma la mia città mi manca sempre”.
“Il sogno? Quello di trasmettere la tradizione della cucina messinese. Io qui non faccio altro se non organizzare serate, mi faccio spedire le braciole, i prodotti tipici, cucino il pesce. Voglio portare Messina in giro, che sia qui in Toscana o nel resto del mondo. Per me la mia città è tutto”.