REGGIO CALABRIA – Un patrimonio edilizio e societario enorme – controvalore, 45 milioni di euro – è stato sequestrato da Servizio centrale anticrimine della Polizia e Divisione anticrimine della Questura di Reggio Calabria ai fratelli Demetrio e Francesco Berna, imprenditori edili entrambi, nel 2019 fra i 17 arrestati nel contesto dell’operazione “Libro nero” contro il clan Libri.
Il primo ex assessore comunale al Bilancio a Reggio città, a tutt’oggi accusato di associazione mafiosa, il secondo già presidente regionale dell’Ance – l’associazione costruttori in seno a Confindustria –, e che ancora deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa.
Questa mattina, alla Questura di Reggio Calabria, la conferenza stampa – presenti fra gli altri il direttore centrale Anticrimine prefetto Francesco Messina, il questore reggino Bruno Megale, il direttore del Servizio centrale Anticrimine Giuseppe Linares e Rosa Alba Stramandino, dirigente Divisione Anticrimine Reggio Calabria.
La sezione Misure di prevenzione del Tribunale reggino ha disposto il ‘congelamento’ di pacchetti azionari in 18 società, una ditta individuale, 10 veicoli, 337 fabbricati, 23 terreni e vari rapporti finanziari.
Un patrimonio ciclopico: due fratelli inizialmente squattrinati, osservano gli investigatori, mai avrebbero potuto metterlo insieme senza il patto sinallagmatico – fatto cioè di reciproci favori illeciti – con la potente ‘ndrina dei Libri, egemone nella zona collinare di Reggio città.
«Un clan storico, che faceva parte anche del Direttorio della ‘ndrangheta – ha osservato fra l’altro il questore Megale –, e tutti i processi per ‘ndrangheta, dal primo ‘maxi’ che fu Olimpia fino a processi alquanto recenti come Meta, ne hanno sottolineato l’estrema potenza e pericolosità».
«Come hanno fatto i Berna, che non avevano praticamente neanche i soldi per campare, a mettere in piedi un simile impero economico? Come hanno fatto a mettere “i piedi” dentro le più importanti articolazioni d’imprenditoria ed Enti locali? Questa è una risposta che non posso e non so dare io – ha osservato il prefetto Messina –. Certo però stiamo parlando di un territorio difficilissimo, in cui il contrasto alle ‘ndrine deve necessariamente essere anche di matrice culturale. In questo contesto si sono riusciti a intrufolare bene Demetrio e Francesco Berna: riuscivano persino a pagare un “pizzo” inferiore a quanto teoricamente dovuto proprio grazie al blasone criminale della ‘ndrina Libri», osserva il direttore dell’Anticrimine.
Un clan che avrebbe protetto i fratelli Berna nei decenni, rappresentandoli a dovere davanti alle altre ‘ndrine, ma pure in ambito politico-amministrativo.