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Da Mistretta a Catania per curarsi, muore dopo intervento: la sentenza

Quattro medici condannati e 2 assolti: è questa la sentenza di primo grado per sei camici bianchi dell’ospedale Ferrarotto di Catania, imputati per la morte della 69enne Anna Maria Capicotto, calabrese d’orgine ma da tempo residente nel messinese.

L’intervento andato male

La donna da Mistretta, dove viveva, si era recata all’ospedale catanese per un intervento di riparazione della valvola mitralica con metodica di mitral clip. Anna Maria soffriva infatti di insufficienza mitralica cronica. Durante l’intervento ha subito una emorragia scaturita dalla lesione della arteria uterina.

 Il Tribunale Monocratico di Catania (giudice Buscarino) alla fine di un processo durato oltre 6 anni ha assolto le dottoresse Letizia Maria Cavarra e Brigida Piazza e condannato Rosa Aiello, Carmelo Grasso, Giuseppe Alfio Leonardi e Nunziatina Runcio alla pena di 8 mesi. Riconosciuta la provvisionale ai familiari della vittima, parti civili costituite assistite dagli avvocati Nino Cacia e Antonino Di Francesco,

Si tratta ovviamente di un verdetto di primo grado, che sarà sottoposto ai successivi gradi di giudizio.

I sei sanitari, difesi dagli avvocati Carmelo Peluso e Antonio Pietro Granata, erano accusati di condotte negligenti imprudenti e imperite

L’emorragia e la morte dopo un mese di agonia

La donna era stata ricoverata il 24 gennaio 2017 e il giorno dopo sottoposta alla riparazione percutanea della valvola mitralica. Ain da subito nei parenti della paziente si era realizzata la convinzione che l’intervento alla donna non fosse riuscito o che si fossero presentate, visto che la donna continuava a stare male, l’emoglobina calava e la situazione degenerava fino all’emorragia e l’isterectomia, che però non l’ha salvata. La donna è morta dopo quasi un mese di agonia.

L’inchiesta

L’inchiesta e l’autopsia, disposta dopo al denuncia dei familiari, accertava che la causa della emorragia era da attribuire alla lesione iatrogena della arteria uterina. “Nell’attesa di leggere le motivazioni della sentenza riteniamo di rivolgere il pensiero alla famiglia della povera Capicotto, costretta a sopportare non solo la dipartita della congiunta ma anche sei lunghi anni di processo che si è caratterizzato per la sua complessità”, commentano gli avvocati Cacia e De Francesco.