Cultura e spettacoli

Da Shakespeare a Sarajevo. “Romeo e Giulietta” di Bombana emoziona il Teatro di Messina

Romeo e Giulietta” è la storia d’amore per antonomasia. L’amore che diventa leggenda, che, pur culminando in tragedia, supera l’odio e le avversità. Ma un “Romeo e Giulietta” come quello messo in scena dal coreografo Davide Bombana non lo si è mai visto prima; per intensità, potenza scenica, ed emozione (per le quali vince, nel 2005, il premio Danza&Danza).

Ed è un successo di applausi al Teatro Vittorio Emanuele la coproduzione dell’E.A.R. Teatro di Messina e del Teatro Massimo di Palermo, con il Corpo di Ballo del Teatro Massimo di Palermo e l’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele diretta da Giuseppe Ratti.

Gli amanti di Sarajevo

Il sipario si apre, tra le note taglienti dei violini, suoi corpi esanimi di Romeo e Giulietta, anticipando quello che accadrà.

Ma quei corpi, i Romeo e Giulietta delle coreografie di Bombana sono Bosko e Admira. La storia immortale degli amanti di Verona risuona, si intreccia, si fonde e confonde, nella rivisitazione di Bombana, in quella, realmente accaduta, degli “amanti di Sarajevo”.

Admira e Bosko hanno solo 25 anni e si amano. Vivono ai tempi della guerra dei Balcani; lei è musulmana, lui è serbo, appartengono a due culture opposte e in contrasto, per cui rischiano di essere considerati dei traditori. Così decidono di fuggire insieme la guerra e i bombardamenti, cercano un futuro migliore in Serbia, attraversando il Ponte di Vrbanja a Sarajevo. Dopo aver percorso i primi cinquecento metri, i colpi di mitra di un cecchino tolgono loro la vita.

Bosko muore sul colpo; Admira, gravemente ferita, si trascina sul corpo del suo amato prima di abbandonarsi.

E i loro corpi restano lì, in quella terra di nessuno, per otto giorni, senza essere cercati dalle famiglie, senza ricevere una degna sepoltura, finché la loro storia non viene scoperta e raccontata al mondo da un giornalista americano.

Rivisitazione in chiave contemporanea

Bombana, nel suo balletto contemporaneo, prende il complesso incastro di elementi che le musiche di Prokofiev costituiscono e ne crea il suo personale racconto. Sono importanti gli adattamenti alla partitura scenica che si struttura, adesso, in soli quattro atti, divenendo più asciutta e fruibile per tutti, senza mai alcun cedimento.

La narrazione classica della tragedia shakespeariana si ripercorre fedelmente, ma tramite la storia dei Romeo e Giulietta di Sarajevo diventa un inno ancora più potente alla libertà e all’amore, contro ogni forma di odio e di intolleranza.

Questo è il messaggio alla base della rivisitazione dell’opera in chiave contemporanea del coreografo, l’obiettivo di ogni scelta sua e del Corpo di Ballo del Teatro Massimo di cui è il direttore, dai movimenti scenici agli abiti indossati.

Tutto evidenzia la diversità e il contrasto tra etnie, religioni, culture diverse, il cui odio atavico per il modo diverso di vedere il mondo diviene troppo spesso folle, cancellando ogni forma di umanità.

Montecchi e Capuleti: dagli abiti alla danza

I Montecchi sono gli Occidentali; i loro vestiti sono grigi e rigidi, indossano dei completi con giacca e cravatta. Mercuzio, più di tutti, rappresenta l’insofferenza, la paura per ciò che è diverso, l’impossibilità di accettarlo, ergendo dei confini, delle barriere, dei muri invalicabili. Emblematica è, infatti, la coreografia di gruppo dove tutti i Montecchi portano sul palco dei grandi cartelli stradali con il divieto d’accesso.

I Capuleti sono, invece, gli Orientali; i diversi, coloro che arrivano dal mare e cercano integrazione in una società respingente.

Anche qui la scelta dei vestiti è funzionale a mostrarlo, sono di tessuti più fluidi, dai colori caldi che ricordano elementi naturali. Tra i personaggi, una novità introdotta da Bombana è quella dell’amica di Giulietta, che sostituisce la baia. Mentre la baia osservava solo da fuori i tormenti della sua protetta, l’amica diventa confidente leale, compagna di vita, capace di dare leggerezza a Giulietta dove a lei manca, esternare ciò che a lei non riesce, farsi da una parte sua alter ego, dall’altra contrapposto di Mercuzio per Romeo e anche tramite tra i mondi opposti di famiglia e amore.

I movimenti coreografici

L’abbigliamento evidenzia le forti differenze tra le famiglie, forse non riesce a valorizzare, però, allo stesso modo, le fisicità dei danzatori ed i loro movimenti. Il prestigioso Corpo di Ballo del Teatro Massimo di Palermo si mostra, comunque, sempre versatile, sinuoso, comunicativo e affiatato nei passi corali o a due (avendo dovuto, tra l’altro, rivedere ogni esecuzione per poter mantenere il distanziamento tra i ballerini). Se, infatti, è l’impatto visivo dei vestiti a mostrarci le contrapposizioni tra le famiglie sono, poi, i loro movimenti a raccontarle. 

Anche i movimenti coreografici sono, spesso, contrapposti. I Montecchi danzano in maniera più scattosa, nervosa o aggressiva, con movimenti veloci di braccia e gambe; i Capuleti in maniera più dolce e morbida, e fanno il loro ingresso in scena strisciando, proprio a dimostrazione dello stato di oppressione in cui vivono.

I pezzi corali sono molto forti, le famiglie si muovono in gruppo, quasi per voler dichiarare, contro il volere dei due innamorati, che il singolo non è nulla senza la fazione di appartenenza, non può prescindere da essa e ad essa dipende.

Le coreografie sono sapientemente costruite sulla musica che, eseguita dall’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele diretta da Giuseppe Ratti, permette ai danzatori di sperimentare; dà forza alla loro pantomima; spinta ai loro movimenti, tra i tanti, i frequenti cambré o grand plié alla seconda, e poi i salti, le gambe; offre forza e intensità alla narrazione.

L’amore

Mercuzio e Romeo si avvicinano, inizialmente, a Giulietta e alla sua amica per importunarle, ma Romeo si innamora della fanciulla. Il suo amore troverà l’apice proprio togliendole il velo e scoprendo, così, tutta la sua bellezza.

La storia prosegue come l’originale: le famiglie non accettano questa unione; Tebaldo, cugino di Giulietta, odia la superbia di Mercuzio. Dopo averlo visto insultare la cugina la sua ira esplode e lo ferisce a morte. Romeo, fuori di sè, vendica Mercuzio uccidendo Tebaldo. Solo dopo si rende conto dell’atroce assassinio che ha commesso.

Mentre la madre di Giulietta si dispera sul cadavere del nipote, in una potente interpretazione; l’amica di Giulietta conduce Romeo dalla sua amata e i due si sposano.

La notte di nozze e la tragica fine

La prima notte di nozze viene raccontata da un bellissimo passo a due tra gli sposi, accompagnati da un grande lenzuolo bianco, che un po’ nasconde e un po’ svela i loro corpi. La loro passione è intensa ma mai volgare; la nudità di Giulietta è elegante, i loro movimenti si intrecciano eterei, i loro corpi raccontano con delicatezza, ma in maniera estremamente leggibile, il loro amore.

In un crescendo di bellezza ed emozione i due sposi si separano nuovamente. Come in un labirinto poi si cercano e, finalmente, si ritrovano. Stringendosi la mano, attraversano il ponte, in questo cammino verso la libertà, cammino che si fa poi sempre più veloce, diviene corsa, sempre più incalzante, speranzosa; e il pubblico si sente correre via con loro, dimenticando di conoscere il finale e sognando la loro libertà, finché, improvvisamente, un fortissimo sparo interrompe il sogno e i due protagonisti crollano a terra. I colpi di mitra hanno tolto loro la vita, la speranza, la libertà.

Con le ultime forze, Giulietta si ricongiunge a Romeo, Admira a Bosko e, in una perfetta circolarità che ci riporta all’inizio, i loro cadaveri si stringono in un ultimo, eterno, abbraccio.

Un finale che toglie il fiato. La vera tragedia è la sconfitta dell’amore davanti alla barbarie dell’odio, ma il vero trionfo è l’immortalità di quello stesso amore. Per questo Bombana l’ha reso il suo stendardo contro ogni discriminazione: “Credo che questo sia il messaggio più bello da diffondere a Natale e sempre”.