MESSINA – “Dancing Paradiso”. La stagione 2023/2024 del Teatro dei 3 Mestieri ha avuto un ottimo incipit il 18 novembre con questa rappresentazione, in replica il 19 novembre. Una produzione Mezzaria teatro, ove intorno allo script, come sempre di qualità, di Stefano Benni, gli interpreti hanno saputo costruire, sotto la direzione sapiente di Giovanni Arezzo, una “mise en scène” apprezzabile, con Francesco Bernava e Alice Sgroi, che peraltro impersonano ciascuno due personaggi, entrando e uscendo dai rispettivi panni, anche con cambio d’abito, con gran maestria, la stessa che si rintraccia in Nicola Alberto Orofino, nel ruolo del feroce pseudo-giustiziere, un Elvis redivivo.
Il testo di Benni delinea a puntino i protagonisti, prima nelle loro solitudini e poi al “Dancing Paradiso”, luogo consolatorio dei derelitti, come queste creature della notte, tratteggiando una storia di ferite e ossessioni della nostra contemporaneità, ove in una metropoli qualunque, in un certo locale notturno, l’Angelo Angelica mette insieme cinque protagonisti, lui che conosce cosa vuol dire esser solo fra i soli, ed ha le ali insozzate dal fango…non proprio una celeste creatura regolamentare, ma può essere per loro fonte di salvezza…ed allora, ecco Stan il pianista triste, che ha in preparazione un concerto per Bill, il batterista ricoverato e morente, Amina, una profuga che vent’anni prima, passando il confine, ha perso la madre, ed Elvis, che professa volontà assassina, ma forse è solo un mitomane, di sicuro è obeso ed ha un che di grottesco, e, infine Lady, poetessa, una ubriacona raffinata, con ossessivi propositi suicidi. La piece si dipana sulle tracce del testo, un poemetto in versi lirico e avventuroso, di certo ne coglie i tratti essenziali, dà voce agli assoli pregni di malinconia, alle narrazioni, ove la cura e la speranza possono incidere su quelle esistenze che fin lì non hanno trovato rifugio nel mondo, ma adesso possono unire voci e musica, in un commovente riscatto. Dello script si conserva lo stile, ricco, con allusioni liriche e musicalità.
Attraverso monologhi, ora struggenti e pregni di malinconia, ora comici, viranti al crudele, e qualche volta furibondi, ciascuno, mano a mano, narra di sè, si svela, e li riscopriamo tutti vinti dalla solitudine in un universo ove la speranza non è più di casa. Interviene, allora, un percorso salvifico, una misteriosa voce angelica, in una sorta di deus ex machina, messo a punto per favorire il loro incontro.
La musica, ora rock e dura, ora melodica, sottolinea i vari registri, che connotano i personaggi.
Si diceva dei costumi, eccellenti, anche per contribuire a meglio delineare i ruoli in rappresentazione, prima e dopo l’incontro al Dancing, in quest’ultima circostanza assai più vistosi e luccicanti, sui toni argentei, con tocchi di nero, per Elvis.
La scenografia assai minimalista si avvale di tre sacche di plastica, ove sono custoditi svariati animaletti di peluche, che i personaggi, intercettati nelle loro vite prima del miracoloso rendez vous, si portano dietro, a simboleggiare la loro parte bambina e innocente, dietro le maschere assunte. Una sedia a rotelle, ancora fra gli elementi di scena, per ospitare Bill il Bello, fuggito dal nosocomio ove reietto sta attendendo la morte… e tre piccoli sgabelli. Campeggia la scritta “Dancing Paradiso”, che nel passaggio alla ambientazione nel locale omonimo, si fa luminosa e piena di colori, viranti al blu, una promessa di nuova esistenza.
Uno spettacolo sulla speranza che ciascuno di noi possa essere amato per quel che è, senza doversi mostrare diverso, o essere giudicato nella propria quotidianità, in un luogo e in un momento cruciali, forieri di positivi cambiamenti.
Basta essere ascoltati…semplicemente, aprirsi a chi ha voglia di entrare in contatto…e sarà addirittura possibile che Elvis, l’obeso, trovi l’anima gemella nella barista gitana, Amina, che riceve da lui la disponibilità a dare ausilio per rintracciare la madre dispersa della profuga.