Il lavoro che non c’è. Il lavoro che si perde. Il lavoro a condizioni umilianti. Il lavoro nero. I numeri per Messina, per la Sicilia, sono ancora impietosi. Nel 2016 cinque regioni italiane hanno fatto registrare un tasso di disoccupazione di almeno il doppio della media Ue (8,6%), ossia superiore al 17,2%. Si tratta di Calabria, 23,2%; Sicilia, 22,1%; Campania, 20,4%; Puglia, 19,4%; Sardegna, 17,3%. Dunque la nostra regione è la seconda classificata in questo girone infernale della disoccupazione. Messina ovviamente non è l’eccezione. Per questo abbiamo chiesto ai tre segretari generali messinesi di Cgil, Cisl e Uil che Primo maggio è quello di quest’anno, qual è lo stato di salute dell’occupazione del territorio messinese, cosa si deve fare per invertire la rotta e qual è il ruolo che vuole giocare il sindacato in questa partita da cui dipende il futuro di una grande comunità.
Per Tonino Genevese, Segretario generale della Cisl di Messina: «Dev’essere un primo maggio di consapevolezza, di assunzione di responsabilità e soprattutto di impegno e di proposte perché non può essere più solo un rito. Dobbiamo cominciare concretamente a vedere quali sono le nostre condizioni e gli elementi su cui puntare. Tutti insieme dobbiamo individuare gli asset strategici, come per esempio, la valorizzazione dell’opportunità che ci viene offerta dalla Città Metropolitana, con la pretesa che Messina abbia un impianto infrastrutturale non solo per Messina ma per tutto il meridione e l’Italia, tale che ci possa riconnettere al tessuto produttivo e diventare noi stessi produttivi e capaci di dare opportunità di lavoro ai nostri giovani e opportunità di vita alla popolazione. Lo stato di salute dell’occupazione a Messina è disastroso. Dal 2007 ad oggi abbiamo perso 30 mila posti di lavoro e abbiamo perso anche valore aggiunto, qualità, professionalità, capacità di impresa, opportunità. Questo rischia di pesare soprattutto per il nostro futuro se non invertiamo la rotta e diamo una spinta. Soffrono di più il settore delle costruzioni, del commercio, dei servizi, del terziario. Abbiamo una ricaduta negativa anche sulla Pubblica amministrazione perché dopo anni di interventi negativi e distruttivi anche sul nostro territorio, giusto per dare un numero, abbiamo perso oltre 3 mila occupati. Stiamo difendendo con le unghie e con i dento l’occupazione che c’è, stiamo mettendo in sicurezza l’attuale livello occupazionale e ci stiamo impegnando a far comprendere a tutti quanti che questo dev’essere un territorio attrattivo con una reputazione da giocarsi sul piano regionale e nazionale, che sappia creare le condizioni che ci mettano in una posizione strategia vantaggiosa. La Città Metropolitana può essere uno strumento utile. Non c’è un settore specifico su cui basare la ripresa del nostro territorio, bisogna valorizzare tutti i settori produttivi che abbiamo nella nostra provincia, come l’agricoltura, l’industria sostenibile, servizi, trasporti, produzione di beni, guardando con attenzione alle nuove opportunità che possono arrivare dalla rete e dalla rete delle reti, la cosiddetta industria 4.0. Il quadro in cui ci troviamo è disastroso, ma la responsabilità è nostra. Abbiamo affidato le sorti dei nostri territori e delle nostre vite a soggetti che probabilmente non sono stati all’altezza del proprio compito, oggi bisogna invertire la tendenza, affidarsi a persone nuove, puntando solo sulla competenza e sulla capacità di essere coerenti con il ruolo che gli viene affidato».
Il segretario generale della Cgil di Messina, Giovanni Mastroeni: «Continuiamo a denunciare un’emergenza lavoro che prosegue e si aggrava. Anche gli ultimi dati sull’occupazione segnalano come in Sicilia siano andati in fumo in un anno 45 mila posti di lavoro, con il territorio messinese che non registra segnali di ripresa. Tutta la provincia vive a oltre sette anni dall'inizio della crisi uno dei momenti più drammatici dal punto di vista economico ed occupazionale. Messina si trova in una fase di profondo declino continuando a pagare il prezzo più alto tra i territori dell’isola. Il livello di disoccupazione negli ultimi due anni è cresciuto del 6,9% con un tasso più elevato degli altri comuni siciliani. Tra i settori maggiormente in ginocchio quello delle costruzioni. Sulla programmazione dei patti per lo sviluppo abbiamo chiesto garanzie sull’immediatezza degli interventi, chiedendo inoltre di sviluppare una forte iniziativa tra organizzazioni sindacali, istituzioni, Enti locali, forze parlamentari, Università, il mondo dell’associazionismo per un “tavolo per lo sviluppo” dell’intera Città Metropolitana di Messina. Accanto al lavoro che manca c’è il lavoro precario, ci sono fasce di lavoratori senza tutele. Le politiche del Governo nel nostro territorio, in quelli del Sud, hanno avuto effetti devastanti con una forte precarizzazione che ha peggiorato le condizioni di vita di tante famiglie. La Cgil da oltre un anno è impegnata in una forte iniziativa che ha portato all’abolizione di strumenti che hanno mercificato il lavoro e al riconoscimento di tutele importanti per i lavoratori dei servizi in appalto con la legge approvata in Senato lo scorso 19 aprile. Una battaglia fortemente voluta dalla Cgil che prosegue in questo percorso di dignità, di tutela, per l’affermazione della Carta dei diritti universali del lavoro. Una battaglia che appartiene a tutto il mondo del lavoro, ai giovani».
Ivan Tripodi, segretario generale della Uil di Messina: «Vi è un quotidiano ed indecente attacco ai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che, fortunatamente, trova un fermo argine nel Sindacato che, quindi, si conferma un elemento utile e indispensabile. In questo già complicato e fosco quadro generale si intreccia il disastro economico-sociale che caratterizza la città metropolitana di Messina. I freddi numeri dei dati riguardo l’occupazione, anzi, per meglio dire, la disoccupazione di Messina e provincia sono paurosi: si sono persi migliaia di posti di lavoro, ai quali si deve aggiungere il palese fallimento strutturale del jobs-act, nonché dell’idea di fondo, sonoramente bocciata dagli italiani nel recente referendum costituzionale, che puntava alla demolizione del Sindacato e dei corpi intermedi della società.
A Messina e provincia, le ragazze e i ragazzi, spesso con un grado di formazione di altissima eccellenza, sono costretti a lasciare i propri affetti e le proprie città e, alla stregua di quanto accadeva nei primi del ‘900, stanno prendendo le moderne “valigie di cartone” per cercare una prospettiva lavorativa, il più delle volte, fuori dal nostro Paese. Si vive il paradosso costituito dal fatto che i giovani precari cronici rischiano, addirittura, di apparire come dei fortunati da invidiare.
Nella nostra realtà il settore dell’edilizia, una volta motore trainante dell’economia, è pressoché fermo e, quindi, con il crollo strutturale dei consumi il comparto del commercio vive un conseguente tracollo: basta farsi un giro per vedere che le saracinesche chiudono una dopo l’altra. L’agricoltura, tranne qualche raro punto di eccellenza, è in crisi cronica poiché non vi sono politiche credibili e di lungo respiro. E’ davvero un miracolo, in questo quadro, la tenuta del tessuto industriale dell’area di Milazzo che, proprio grazie alla lungimiranza e alle scelte coraggiose del Sindacato, rappresenta un raro esempio virtuoso e un modello da imitare. Nonostante le invidiabili spiagge, il bel mare e le splendide montagne manca all’appello il turismo, poiché neanche Taormina riesce a dare lavoro per un anno intero ai lavoratori del settore. Si pone con sempre maggiore gravità il tema dell’accesso al credito in un sistema ormai a trazione unicamente settentrionale: non vi è più nessuna proprietà di una grande banca da Roma in giù. Anzi, l’enorme velocizzazione dei processi tecnologici sta provocando pesanti conseguenze come, per esempio, la chiusura di decine di filiali e agenzie bancarie. Insomma, siamo all’anno zero.
Pertanto, a nostro avviso, il 1° maggio 2017 deve rappresentare il punto di partenza per una nuova e non più rinviabile stagione di recriminazione e lotta legata, non soltanto alle tante, troppe, vertenze settoriali o aziendali, ma che deve essere finalizzata al lancio di una grande vertenza che metta al centro il territorio messinese e i suoi cittadini, vittime incolpevoli del disastro odierno. La metaforica verità, che molti puntano colpevolmente a nascondere, è soltanto una: Messina e la sua provincia stanno lentamente morendo e al suo capezzale non vi è nessuno, neanche un portantino…al contrario vi è chi continua a danzare su un Titanic ormai per metà affondato.
Per questo, come abbiamo deciso nel nostro recente Congresso straordinario della UIL di Messina che ha eletto un nuovo e giovane gruppo dirigente, vi è l’urgente necessità di lanciare un “Progetto d’urto per la salvezza e la rinascita di Messina”. Si tratta di un’ambiziosa idea progettuale, che, partendo dalla spinta propulsiva del Sindacato, dovrà coinvolgere le forze sane e i soggetti realmente credibili della società. In tal senso, siamo assolutamente persuasi che, al netto dei limiti oggettivi, il Sindacato rappresenta, oggi, un punto di riferimento serio dal quale si deve ineludibilmente passare per elaborare un credibile futuro della città metropolitana di Messina. Ma, oggi, la UIL propone qualcosa in più, vale a dire la costruzione di una piattaforma costituita da pochissimi punti concreti sui quali coinvolgere i cittadini e, contestualmente, stanare i tanti nemici di Messina che a parole difendono il territorio e poi nelle stanze che contano di Messina, Roma e Palermo non hanno mai fiatato e hanno accettano e votato supinamente gli indirizzi politici e le scelte di governo che hanno contribuito ad aumentare la pesantissima crisi. Il nostro auspicio è che gli alti valori che accompagnano la celebrazione, assolutamente non liturgicamente rituale, del 1° maggio siano quotidianamente impressi nelle menti e nelle coscienze della società messinese».
Francesca Stornante