I dati sulla certificazione della spesa delle risorse per lo sviluppo della nostra regione (Fondi Strutturali e Masterplan) -al netto degli artifici contabili adottati per la rendicontazione dei “progetti sponda”- confermano l’esistenza di un problema strutturale nell’utilizzo delle risorse finanziarie disponibili per la crescita del sistema. Un’eredità pesante, On. Musumeci, ma che senza interventi puntuali e azioni di “rottura” rischia di compromettere anche la futura programmazione. E’ il momento di aprire un dibattito sulla riforma della programmazione delle risorse che intervenga almeno su cinque questioni fondamentali.
1. Il primo aspetto riguarda la “leggibilità” dei programmi regionali che utilizzano fondi strutturali da parte di beneficiari e destinatari degli interventi. In questo momento, tranne pochi addetti alla materia (i progettisti), enti locali, famiglie ed imprese non sanno che nei POR FSE e FESR ci sono tante risorse loro destinate pronte per essere spese. Se oggi, senza preavviso, uscisse un bando sulla riqualificazione urbana, pochi Comuni, in tempi ristretti, sarebbero in grado di partecipare con progetti ben definiti. Sarebbe opportuno, quindi, replicare nella programmazione regionale il modello adottato dai programmi con finanziamenti diretti dell’UE (Erasmus, Europa per i cittadini, Life, etc), le cui linee guida e scadenze si conoscono già prima che il ciclo di programmazione inizi. Si darebbe così la possibilità agli enti locali di pensare per tempo i progetti e presentarli correttamente ed all’amministrazione regionale di spalmare nei diversi semestri i carichi di lavoro, piuttosto che concentrarli in un’unica scadenza.
2. Una delle principali criticità nella gestione degli interventi è strettamente legata alla carenza di personale negli uffici regionali. Nonostante i circa 14 mila dipendenti regionali gli uffici degli assessorati sono in forte carenza, soprattutto di funzionari. Questo perché i due terzi dei dipendenti lavora nelle sedi periferiche degli assessorati e risulta quasi impossibile spostarli a Palermo. Interi settori come l’acqua, i rifiuti, l’energia, come riportato nei Comitati di Sorveglianza del FESR, non riescono a garantire la governance delle Azioni del Programma di propria competenza. Su tale aspetto la soluzione passa per un piano di assunzioni mirate nei settori chiave per la programmazione, la gestione e la spesa dei fondi strutturali. Andrebbe discusso inoltre se ad assumere questi giovani laureati debba essere la Regione Siciliana o un’apposita Agenzia che si occupi esclusivamente di programmare e coordinare gli interventi previsti nei diversi programmi regionali (Patti per lo Sviluppo, PO FESR e FSE, PSR). Gli esempi nazionali (Invitalia, ANPAL) ed il blocco del turn-over consiglierebbero di percorrere questa seconda strada.
3. Sarebbe utile iniziare a pensare, per il prossimo ciclo di programmazione, di costruire un solo programma regionale plurifondo, mettendo insieme FESR e FSE, avendo così la possibilità di realizzare bandi più completi e di ridurre i tempi nella gestione della programmazione regionale.
4. Si dovrebbero aumentare le risorse destinate agli organismi intermedi della regione promuovendo così un modello di sviluppo locale partecipativo. Un esempio virtuoso è rappresentato dai GAL, Gruppi di Azione Locale formati da Comuni, imprese ed associazioni, che già adesso intermediano una piccola quota di risorse del PSR e del FESR. Siamo in attesa dell’attuazione dell’Accordo di programma quadro tra l’Assessorato regionale dei Beni culturali ed i 22 GAL dell’isola per spendere le risorse destinate a Turismo e Beni culturali, asset fondamentali per lo sviluppo della Sicilia. Nella futura programmazione, inoltre, occorrerà coinvolgere attivamente nella programmazione e nella gestione dei fondi europei le tre città metropolitane, Catania, Messina e Palermo.
5. E’ necessario cambiare radicalmente approccio nella gestione dei fondi per lo sviluppo; un approccio in questo momento ancorato più alla fedeltà alla norma che all’efficacia dei risultati. Per intenderci, la principale preoccupazione di dirigenti e funzionari sia regionali che nazionali nell’attuazione degli interventi per lo sviluppo non è la realizzazione delle infrastrutture, l’aumento degli occupati, o il miglioramento della qualità della vita. La principale preoccupazione sembra essere quella di “uscire indenni nella gestione della spesa pubblica senza procedimenti per danno erariale”. E potrebbe essere anche una legittima aspirazione, se non fosse che parte della retribuzione di funzionari e dirigenti è anche legata ai risultati. E nonostante i ritardi nella spesa e indicatori occupazionali e di sviluppo perennemente drammatici nell’isola, non può sfuggire il fatto che le retribuzioni di risultato dei dirigenti raggiungano sempre il massimo. Anche se la materia è delicata, su questo aspetto sarebbe utile intervenire prima dell’inizio del nuovo ciclo di programmazione, introducendo degli obiettivi da raggiungere per ottenere la retribuzione di risultato dei dirigenti e funzionari legati ad indicatori oggettivi (target di spesa, bandi pubblicati, tasso di occupazione, dispersione scolastica etc) facilmente misurabili.
Caro Presidente, sta per concludersi un ciclo di programmazione che ha mostrato limiti e criticità ancora maggiori di quelli precedenti. Tra qualche mese si metterà mano alla definizione di obiettivi e di governance del nuovo ciclo. A Lei la responsabilità di decidere: lasciare che “tutto rimanga come è, anche se tutto cambia” oppure rompere una volta per tutte con questa cattiva prassi ammnistrativa e questo modello di gestione che mortifica le aspettative di cambiamento dei siciliani e assegna alla nostra regione il ruolo di “Cenerentola” tra le regioni europee nella gestione dei fondi.
Michele Limosani, Università di Messina
Piero David, CNR