Il lungo rettorato di Francesco Tomasello potrebbe avere i giorni contati. Venerdì scorso, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della pubblica amministrazione e semplificazione, ha approvato il decreto legislativo attuativo del ddl anti corruzione, a sua volta votato favorevolmente dal Parlamento nel dicembre scorso. Nello “Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi presso le Pubbliche amministrazioni e presso gli Enti privati in Controllo Pubblico”(VEDI ALLEGATO) sono individuate le cause inconferibilità degli incarichi dirigenziali e degli incarichi amministrativi di vertice. Tra queste vi è anche la condanna penale (non passata in giudicato) per reati contro la pubblica amministrazione.
Come noto, sulla testa di Tomasello pende una condanna in primo grado a 3 anni e sei mesi, dei quali due anni e mezzo sono stati condonati, per tentata concussione nell’ambito del processo sul concorso truccato alla Facoltà di Veterinaria. La sentenza emessa il 20 febbraio scorso dai giudici della Prima sezione penale del Tribunale di Messina potrebbe, dunque, costare carissimo all’attuale Magnifico, il cui mandato scade il 30 settembre, che in virtù di questa norma potrebbe decadere al momento dell’entrata in vigore della legge, cioè nei 15 giorni successivi alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Secondo l’interpretazione di qualche avvocato amministrativista, non esistono ragioni valide per le quali le disposizioni di legge contenute nel decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri non possano calzare a pennello per il caso Tomasello. Il diretto interessato, che di lasciare anzitempo la poltrona non ne vuole proprio sapere, ritiene invece che la normativa nazionale sulla inconferibilità degli incarichi dirigenziali e degli incarichi amministrativi di vertice non inciderà minimamente sul suo mandato e che le voci di possibili ripercussioni sulla sua carica sono frutto «di strumentalizzazioni da parte di chi ha interesse a farle». Tomasello ha un’idea ben precisa sull’argomento, che nasce tuttavia da una convinzione personale e non da un pronunciamento in tal senso da parte dell’Avvocatura di Sato, a cui non è escluso che nei prossimi giorni possa essere chiesto un parere.Sulla vicenda potrebbe giocare un ruolo di primo piano il direttore generale Francesco De Domenico, nominato dagli organi di governo responsabile anti-corruzione.
Intanto, la possibile decadenza del rettore Tomasello per effetto del decreto legislativo è oggetto di una riflessione da parte di uno dei cinque candidati a prendere il posto dell’attuale rettore, il prof. Giovanni Cupaiuolo.
«Non si può, e non si deve più tollerare – scrive in una nota – che prima la magistratura e ora il governo si incarichino di ricordarci che esiste una legge alla quale tutti siamo tenuti ad attenerci; non può, e non deve più accadere che si aspetti che giungano a compimento provvedimenti attuativi per far fronte a ciò che l’etica e il rispetto delle istituzioni avrebbero in realtà imposto da tempo; non si può, e non si deve più verificare che di fatti che riguardano la struttura in cui operiamo veniamo a conoscenza da fonti esterne».
Secondo Cupaiuolo «si rende sempre più necessario un radicale cambio di prospettiva di governo, prima invocato da pochi e ora auspicato da settori di giorno in giorno più ampi dell’Ateneo, un cambio che, per essere credibile, sia attuato da chi non ha mai condiviso l’attuale modo di gestire l’Università di Messina. Le sorti di una istituzione – che vanta un’antica e illustre tradizione -non possono essere affidate a chi abbia un qualsiasi livello di responsabilità nell’attuale stato di deriva».
Il candidato a rettore invoca, quindi, un «radicale cambiamento» come « premessa indispensabile all’attuazione di quel rinnovamento che la storia impone, che la società richiede al sistema universitario, che la comunità, accademica e non, sollecita per l’Ateneo di Messina». (Danila La Torre)