La storia sono loro. E le storie delle loro canzoni sono quelle che da cinquant’anni attraversano la vita di intere generazioni di italiani. Hanno accompagnato le nostre storie d’amore, le gioie e i momenti più bui, hanno saputo raccontare i cambiamenti sociali, i grandi e piccoli eventi che hanno segnato il Paese. Sarà per questo che Antonello Venditti e Francesco De Gregori, a settant’anni suonati (rispettivamente, 73 e 71) dal debutto in giugno allo Stadio Olimpico di Roma, continuano a registrare un sold out dietro l’altro nel loro primo tour congiunto.
Gli ultimi in tre in Sicilia: giovedì scorso al Velodromo di Palermo, riaperto per l’occasione ai concerti estivi dopo ben nove anni; ieri e oggi al Teatro Antico di Taormina. Perché i tormentoni estivi passano, i loro brani no. Sono immortali. “Generale”, “Sotto il segno dei pesci”, “La leva calcistica della classe ’68”, “Alice”, “La donna cannone”, “Rimmel”, “In questo mondo di ladri”, “Ci vorrebbe un amico”: basterebbe solo questo assaggio dalla trentina di canzoni previste in scaletta. Uno show di quasi tre ore in cui alternano duetti e momenti in solo. Una selezione di soli grandi successi tra i circa 500 brani scritti dai due in cinquant’anni di carriera.
Un’avventura iniziata curiosamente insieme, tra gli angusti spazi del Folkstudio, storico locale di Trastevere da cui passa anche uno sconosciuto Bob Dylan. Alla fine degli anni Sessanta, De Gregori e Venditti, con Ernesto Bassignano e Giorgio Lo Cascio, sono “I giovani del folk”, ricordati dallo stesso Venditti nei celebri versi della sua “Notte prima degli esami” (“Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra, e un pianoforte sulla spalla”). Ma il vero sodalizio nascerà solo qualche anno dopo e in maniera del tutto fortuita. De Gregori e Lo Cascio, che per un breve periodo danno vita al duo Francesco e Giorgio, vengono ricompensati per una loro esibizione con un viaggio in Ungheria. Lo Cascio rinuncia perché impegnato nei preparativi del matrimonio e De Gregori propone a Venditti, che accetta, di accompagnarlo. Durante l’esperienza, scrivono insieme “In mezzo alla città” e gettano le basi per “Theorius Campus”, un album condiviso che vedrà la luce nel 1972 per la It, l’etichetta discografica di Vincenzo Micocci per la quale avevamo firmato nello stesso periodo, l’uno all’insaputa dell’altro.
Si legge nel libro “Francesco De Gregori: un mito” (edizioni Lato Side, Roma, 1980): «Facemmo sodalizio io e Antonello, che eravamo arrivati ad un giorno di distanza indipendentemente, a firmare lo stesso contratto con la stessa casa discografica, perché al Folkstudio eravamo tutti gelosi uno dell’altro […] E quindi con molta sorpresa e con molto sospetto ci incontrammo lì… poi facemmo questo disco in due perché così risparmiavano la metà dei soldi». Gli unici due brani cantati insieme in “Theorius Campus” sono infatti “Dolce signora che bruci” (in scaletta nell’attuale tour) e “In mezzo alla città”. Tutti gli altri sono cantati separatamente, così come separate sono strade che i due prendono. Due percorsi diversi, di stile, genere ed approccio al cantautorato, ma con un unico punto di arrivo: quello di essere riusciti ad entrare nel cuore della gente. Ed è lì che rimarranno per sempre le loro canzoni.
“Partirono insieme ed erano abbastanza”, canterà qualche anno dopo Antonello Venditti all’inizio di “Bomba o non bomba”. Non a caso, è il brano con cui hanno deciso di aprire il loro concerto, subito dopo le note di “Also sprach Zarathustra” di Strauss. «Dopo essersi interrotto, oggi il nostro rapporto si è compiuto. E ci possiamo mandare a quel paese da amici e non per interposta persona. Siamo fratelli, e la fratellanza non può interrompersi mai», hanno dichiarato all’avvio del tour. Un cerchio che si chiude ma diventa anche sempre più ampio. Dopo le oltre venti date estive, il Principe e il Cicalone (“ai tempi del Folkstudio, mi chiamavano così, a causa di una voce che almeno all’inizio non somigliava a quella di un usignolo”, ha raccontato Venditti) saranno ancora insieme nei principali teatri italiani. Li vedremo anche al Metropolitan di Catania il 7 e l’8 novembre prossimi. E la storia continua.
(foto di copertina di Roberto Panucci)