Incassata la “fiducia” da parte del Governo sull‘opportunità di rivedere il piano di riequilibrio, l’assessore al Bilancio Guido Signorino torna da Roma con una certezza in più sulla possibilità di poter salvare il comune di Messina dal dissesto finanziario. L’incognita è sulle modalità. Ed è un’incognita che non passa da Messina.
L’idea della giunta guidata da Renato Accorinti è quella di inserirsi, entro il 30 settembre, nelle maglie legislative che, sembra, permetteranno di poter usufruire di nuovo dei fondi del decreto 35, quello relativo ai pagamenti dei debiti scaduti della pubblica amministrazione del quale il comune di Messina non ha usufruito, e che è stato materia di un piccato scambio di accuse tra l’ex commissario straordinario Luigi Croce ed il ragioniere generale Nando Coglitore, col primo che accusava Coglitore di non averci pensato in tempo e questi che replicavache ci aveva pensato ma aveva concluso che non fosse il caso data l’esiguità (circa sei milioni di euro) della somma che sarebbe arrivata a Messina.
Secondo le stime, la copertura di quaranta miliardi prevista in origine ha inciso sul 62% dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni. In realtà, parecchi degli enti locali che hanno fatto ricorso ai benefici di legge, hanno infilato dentro ogni sorta di debiti, che sarebbero stati scremati poi eventualmente in fase di istruttoria. E invece il governo ha allentato di parecchio la rigidità iniziale dei paletti, arrivando a soddisfare quasi due terzi delle richieste complessive.
Cosa è effettivamente il “decreto 35” che il Governo sta pensando di riproporre? Sostanzialmente è un’anticipazione concessa dalla cassa Depositi e prestiti, scomputabile in trent’anni al tasso del 3 %: molto più conveniente, quindi, dei termini previsti dal piano di riequilibrio, che presentava tassi ben più alti e tempi di rientro molto più ristretti, che si fermavano a massimo dieci anni.
Riuscendo ad accedere ai benefici del decreto, per palazzo Zanca la ristrutturazione del debito sarebbe molto meno onerosa: se si immagina valida la percentuale del 62% dei debiti “soddisfatti” attraverso lo strumento finanziario, il rimanente scomputo da effettuare in dieci anni si ridurrebbe a poco più di un terzo. Una decisa boccata d’ossigeno per il comune di Messina.