Lo scontro Pd- Crocetta adesso si gioca sul filo di lana. Dopo il no alla doppia militanza, approvato dalla direzione regionale del Pd è arrivato anche lo stop della Commissione nazionale di garanzia del partito, chiamata ad esprimersi sul Megafono in seguito alle denunce presentate da alcuni esponenti siciliani. Insomma, “Crocetta decida, o dentro o fuori”. E il governatore risponde a ruota, non lesinando critiche e ribadendo l’autonomia e la forza del suo movimento che con il passare dei mesi ha messo radici salde in tutti i comuni dell’isola. Proprio per questo, secondo gli avversari interni del suo partito è arrivato il momento del divorzio e per il Megafono l’ora di camminare da solo.
“Non possiamo accettare l'idea che un grande Partito Democratico chiuda le porte al cambiamento e al rinnovamento- replica seccamente Crocetta dopo la decisione della commissione di garanzia- Lo svolgimento del congresso regionale del Pd, sulla base del vecchio tesseramento, cristallizzerebbe i giochi di sempre e impedirebbe l'elezione di nuovi quadri giovani alla leadership del partito e determinerebbe il gruppo dirigente formato da coloro che oggi magari potrebbero far finta di auto sospendersi dal partito ma che di fatto lo controllano. Il Pd nazionale deve rendersi conto dell'anomalia siciliana”.
Secondo il governatore un Congresso che si basi sul vecchio tesseramento finirebbe con il non rappresentare nuove forze che si sono avvicinate attraverso il Megafono. Lo scontro, iniziato subito dopo la formazione della giunta regionale, quando il governatore chiuse le porte ai “politici”, si è fatto più forte alla vigilia del Congresso. Lo stesso Crocetta, in chiara polemica con una gestione del partito regionale “ancorata al vecchio”, ha proposto Nelli Scilabra alla segreteria regionale “Volevate la sua testa perché come assessore alla Formazione ha toccato molti interessi, invece rappresenta l’occasione per cambiare”. L’asse Crocetta-Lumia, diventando troppo forte con assessori, consiglieri comunali ovunque, circoli nei diversi comuni ed una linea che in campagna per le amministrative ha portato in alcuni casi il Megafono a correre in antitesi al Pd, ha fatto alzare le barricate. Tra le contestazioni al Presidente della Regione anche quella di non aver pagato, come ogni esponente del Pd che ricopre cariche istituzionali, il contributo al partito. L’interessato replica: i patti erano chiari sin dall’inizio, quando si presentò alle regionali con il movimento. A chi ha la memoria corta, comunque, varrebbe la pena ricordare che il Pd non voleva Crocetta candidato e che a “sdoganarlo” fu Gianpiero D’Alia.
“Se da iscritto del Pd, contrariamente a quanto concordato fin dall'inizio col Pd regionale- prosegue Crocetta- non potessi fare parte del gruppo che porta il mio nome nella lista, sarebbe un gioco autoritario e antidemocratico e persino sleale in contrasto a quanto precedentemente convenuto. E la smettano con la farsa del mancato contributo, potrei presentare la lista dei debiti elettorali rimasti sul mio groppone ma non lo faccio, non ho nessun legame coi soldi, verserò quel contributo per impedire azioni staliniste, che hanno sempre utilizzato per far fuori i dissidenti”.
Nella decisione della Commissione si fa riferimento allo Statuto del Pd, che esclude dagli iscritti “persone appartenenti ad altri movimenti politici o iscritte ad altri partiti politici o aderenti, all’interno delle Assemblee elettive, a gruppi consiliari diversi da quello del Pd”. Secondo il documento non esistono accordi tra il Pd ed il Megafono che consentano a tesserati del partito di far parte di altri movimenti o se eletti di aderire a gruppi consiliari diversi dal Pd, pertanto si ritiene che l’esistenza di presenze collaterali al partito non possa trasformarsi in una organizzazione di iscritti e in una strutturazione parallela articolata, finalizzata ad una presenza permanente sulla scena politica che risulterebbe alternativa e contraria alle normative che disciplinano la vita interna del Pd”. La commissione ricorda come sia nella natura del partito favorire i contatti con i movimenti, e, nei periodi elettorali promuovere la convergenza di più posizioni ma “la sostanza del congresso è rafforzare la struttura e la presenza del partito nella società”.
L’ultima nota viene riservata agli scontri roventi tra Crocetta e i vertici regionali dl Pd, soprattutto alla luce della questione morale, al punto che il dialogo si è ridotto ai minimi storici. Lo stesso Davide Faraone, renziano di ferro, nei giorni scorsi ha tracciato l’identikit dei professionisti dell’antimafia 2.0, e il messaggio era diretto proprio al governatore che adesso affila le armi e si prepara alla decisione finale.
“Nessuno può impedire al Megafono di fare la propria battaglia, di contribuire al rinnovamento della vita politica siciliana- conclude Crocetta- Il Pd deve decidere se tale battaglia si può fare al proprio interno o se il Megafono deve diventare una forza politica autonoma. Decida Epifani, ma il Megafono non molla, non tace e sopratutto non si delegittima il rappresentante del popolo siciliano, eletto dai siciliani. Ancora una volta la Sicilia risulta incomprensibile a Roma e ancora una volta si continuano a fare gli errori di sempre. Non mi piegherò”.
Il governatore sta preparando quindi le contromosse, perché se da un lato dichiara di voler pagare i contributi al Pd, in quanto tesserato, dall’altro lancia il guanto della sfida direttamente ad Epifani, parlando di “anomalia siciliana”, invitandolo a scegliere “o me o loro”. Alla vigilia del Congresso le scintille sono appena iniziate.
Rosaria Brancato