Ventuno arresti, otre 10 milioni di euro di beni sequestrati, il clan messinese di Mangialupi decapitato. E’ un durissimo colpo alla criminalità organizzata, ed in particolare a Domenico La Valle, quello inflitto stamani dalla maxi operazione antimafia Dominio, scattata alle prime luci dell’alba per mano dei finanzieri del GICO del Nucleo di Polizia Tributaria.
A finire direttamente in carcere con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso sono stati Domenico La Valle, Paolo De Domenico, Francesco Laganà, Antonino Scimone, Alfredo Trovato Salvatore Trovato e Giovanni Megna, tutti soggetti ben noti e protagonisti da anni della storia che lega la mafia al territorio messinese.
Oltre a loro, a finire dietro le sbarre sono stati anche quattordici affiliati le cui accuse, a vario titolo, sono di traffico di stupefacenti, estorsione, furti, rapine e detenzione illegale di armi. Si tratta di Alberto Alleruzzo, Francesco Alleruzzo, Angelo Aspri, Giovanni Aspri, Carmelo Bombaci, Nunzio Corridore, Santo Corridore, Francesco Crupi, Domenico Galtieri, Giuseppe Giunta, Daniele Mazza, Francesco Russo, Gaetano Russo, Mario Schepisi.
L’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, ha evidenziato in particolare la figura di Domenico La Valle quale capo indiscusso della “famiglia mafiosa”. Titolare di una nota attività commerciale nel quartiere, non lontano dallo stadio Celeste, La Valle era stato già coinvolto in diversi procedimenti penali fin dagli anni ’80 che lo avevano inquadrato come vicinissimo alla nota cosca dei Trovato. I finanzieri del GICO, ai comandi del colonnello Johnatan Pace, hanno indagato per oltre due anni per “leggere” ed avere una visione completa dei legami e delle attività illecite nella zona. Approfittando della disgregazione della cosca storica di Mangialupi, La Valle era riuscito ad assumere il controllo totale delle attività di Mangialupi, costituendo il punto di riferimento imprenditoriale del quartiere e facendo, di fatto, da contraltare al ruolo operativo ricoperto fino a quel momento dai fratelli Trovato.
Per riuscire in questo, Domenico La Valle si era avvalso di una fitta rete di collaboratori e sodali. Tra questi spiccavano Paolo De Domenico e Francesco Laganà, il cui compito era quello di gestire le diverse società che ruotavano attorno a lui: attività di noleggio di giochi e scommesse, una sala giochi, un distributore di benzina ed una rivendita di generi di monopolio. Tutte queste società risultavano sempre intestate a prestanomi o famigliari, ad esempio alla moglie Grazia Megna, così come i diversi immobili.
LE SLOT MACHINE. Tra le attività più proficue vi erano di certo quelle legate al noleggio ed alla gestione di centinaia di apparecchi da gioco, le cui entrate erano tutte in nero. Durante le perquisizioni, i finanzieri hanno messo sotto chiave 159 slot machine e 369 schede elettroniche, metà delle quali sono risultate esser alterate proprio per ridurre le probabilità di vincita. I proventi venivano solitamente “custoditi” all’interno dell’ufficio del distributore di benzina, sempre gestito da La Valle. Proprio lì le Fiamme Gialle hanno ritrovato 140mila euro nascosti sotto una botola, oltre al “libro mastro” dove venivano mensilmente registrati i guadagni che la cosca riusciva ad incassare. In tutto ne comparivano 1milione e 800mila euro.
BASE OPERATIVA DEI LA VALLE. La base operativa dell’organizzazione risiedeva in un bar di proprietà del capo, un posto ritenuto sicuro per lo svolgimento degli affari, per le riunioni e per il mantenimento dei rapporti tra La Valle e i vari pregiudicati (tra cui i fratelli Trovato, Alfredo e Salvatore, Giovanni Aspri, fratello di Benedetto). Tali incontri sono stati ampiamente immortalati e documentati dai finanzieri, nel corso dei due anni di minuziose indagini. E’ emerso come il gruppo si avvalesse di metodi violenti per controllare ogni cosa, sottoponendo il territorio ad un vero e proprio “Dominio” (da qui il nome dell’operazione). In un caso, un cittadino straniero era stato addirittura pestato a sangue solo per aver vinto una grossa somma giocando con le macchinette delle slot machine. Molto spesso il clan veniva anche “interpellato” da altri soggetti che chiedevano “giustizia” per torti subiti nella zona. Una sorta di “protezione” tipica dei metodi della criminalità organizzata.
ARMI. Nel corso delle indagini sono stati anche accertati casi di furto, di detenzione di armi, nonché di spaccio di droga e violazione delle prescrizioni. A finire sotto sequestro sono state in tutto tre società operanti nel settore del noleggio di slot e videomachine, oltre a 18 immobili tra cui anche una lussuosa villa della zona tirrenica, un’imbarcazione. Il tutto per un valore complessivo di oltre 10 milioni. (Veronica Crocitti)