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Dia: “L’emergenza Covid occasione per mafie”. Ndrangheta leader nel narcotraffico

Dalla Relazione della Direzione investigativa antimafia, relativa al secondo semestre del 2020 e appena consegnata al Parlamento, la ‘ndrangheta si conferma ancora come un’organizzazione unitaria, fortemente organizzata su base territoriale e saldamente strutturata su vincoli di parentela anche se da qualche tempo non rappresentano più un fattore di concreta impermeabilità attesa la scelta di collaborare con la giustizia intrapresa da esponenti mafiosi anche di elevato spessore.

L’analisi del complesso fenomeno mafioso calabrese – dotato di quella forte connotazione familiare che l’ha reso fino al recente passato quasi del tutto immune dal fenomeno del pentitismo – non può oggi non tener conto dell’ampio e pressoché inedito squarcio determinato dall’avvento sulla scena giudiziaria di un numero sempre più elevato di ‘ndranghetisti che decidono di collaborare con la giustizia. Stretti dalla morsa sempre più incalzante dell’azione investigativa della Magistratura e delle Forze di polizia, con la prospettiva di lunghi anni di carcere, in alcuni casi anche a vita e in regime detentivo differenziato, taluni esponenti anche di primo piano della ‘ndrangheta hanno scelto di rompere il silenzio.

Alla magistratura è rimessa ovviamente la valutazione sulla loro attendibilità e su quanto la collaborazione sia piena, cioè che si riferisca a tutti gli ambiti criminali in cui sono rimasti coinvolti i propalanti e la cosca di riferimento, in particolare quelli afferenti alle eventuali relazioni con gli apparati politico-istituzionali e con la borghesia mafiosa. Gli esiti delle più importanti inchieste concluse nel semestre restituiscono l’immagine di una ‘ndrangheta silente e più che mai pervicace nella sua vocazione affaristico imprenditoriale, nonché saldamente leader nei grandi traffici di droga.

L’EMERGENZA COVID19 UN’OPPORTUNITÀ PER LA ‘NDRANGHETA

In un periodo che vede gli effetti della pandemia da COVID-19 incidere trasversalmente su tutti i campi economici e sociali, le cosche calabresi potrebbero intercettare i vantaggi e approfittare delle opportunità offerte proprio dalle ripercussioni originate dall’emergenza sanitaria, diversificando gli investimenti secondo la logica della massimizzazione dei profitti e orientandoli verso contesti in forte sofferenza finanziaria.

Il Rapporto della Banca d’Italia su “L’economia della Calabria”, pubblicato l’11 novembre 2020, sottolinea infatti come, in conseguenza delle misure di distanziamento e della chiusura parziale delle attività, “…la domanda di beni e servizi è nettamente calata, anche a causa delle conseguenze della crisi su fiducia e redditi dei consumatori, a cui si è associato un aumento del risparmio precauzionale…”. Il brusco calo delle vendite registrato durante il lockdown ha sottoposto le aziende a “uno shock economico e finanziario rilevante”, con una crescita del ricorso ai prestiti per lo più da parte di imprese di piccole dimensioni e operanti nel settore dei servizi. Le misure restrittive “… hanno inciso particolarmente sull’attività di gran parte del commercio al dettaglio, di alberghi, bar e ristoranti, dei servizi ricreativi, culturali e personali e sui trasporti…”, di conseguenza la redditività delle aziende “…è nettamente diminuita, sia a causa della chiusura e del rallentamento delle attività produttive sia a seguito del calo della domanda. Più del 40 per cento delle aziende intervistate prevede di chiudere l’esercizio in perdita (era circa il 17 per cento nel 2019) …”.

Secondo un modello collaudato e già emerso in recenti investigazioni, la criminalità organizzata calabrese persisterebbe nel tentativo di accreditarsi presso imprenditori in crisi di liquidità ponendosi quale interlocutore di prossimità, imponendo forme di sostegno finanziario e prospettando la salvaguardia della continuità aziendale, nel verosimile intento di subentrare negli asset proprietari e nelle governance aziendali al duplice scopo di riciclare le proprie disponibilità di illecita provenienza e inquinare l’economia legale impadronendosi di campi produttivi sempre più ampi. E ciò con ogni probabilità avverrà in ogni area del Paese in cui le consorterie ‘ndranghetiste si sono radicate. In tale contesto, il pericolo più attuale è rappresentato dall’usura e dal conseguente accaparramento delle imprese in difficoltà, che, unito alla scarsa propensione delle vittime a denunciare, contribuisce alla sottostima e alla diffusione del fenomeno. Per altro verso, la minaccia da fronteggiare è la constatata capacità dei sodalizi calabresi di infiltrare i pubblici appalti avvalendosi di quell’area grigia che annovera al suo interno professionisti compiacenti e pubblici dipendenti infedeli.

L’emergenza sanitaria, tra l’altro, concorre a far risaltare situazioni endemiche del settore sanitario già critiche e da tempo terreno fertile per gli interessi illeciti delle cosche.

LA ‘NDRANGHETA, UNA HOLDING DEL CRIMINE

Inoltre la ‘ndrangheta “ha assunto ormai le caratteristiche di una holding del crimine, che pur mantenendo una sua solida capacità di controllo delle attività illecite nel territorio, foraggiandosi con le estorsioni e il traffico di stupefacenti, ha mostrato la capacità di gestire, grazie ai capitali illeciti, le attività economiche commerciali ed imprenditoriali per riciclare i profitti e legittimare le disponibilità finanziarie, con una capacità di mimetismo tale da inquinare dall’interno le attività economiche lecite e drogare la concorrenza.

In tal senso depongono proprio le numerose interdittive antimafia emesse dalle Prefetture calabresi, in particolare da quella di Reggio Calabria, nei confronti di imprese contaminate dalle cosche. Il dato restituisce l’immagine di una ‘ndrangheta infiltrata in svariati settori commerciali, produttivi e dei servizi (costruzioni, autotrasporti, raccolta di materiali inerti, ristorazione, gestione di impianti sportivi e strutture alberghiere, commercio al dettaglio, senza tralasciare il settore sanitario, etc.). Un inquinamento che offre la possibilità alle cosche di riciclare i proventi illecitamente accumulati, provenienti da illecito: droga, traffici da legalizzare attraverso investimenti in attività imprenditoriali sane ed in crisi in modo da conseguire un doppio effetto: ripulire il denaro ed inserirsi in un troncone di attività apparentemente sano, ma inevitabilmente corrotto e definitivamente indirizzato al crimine. In tal modo, e per paradosso, si esercita un’attività apparentemente legittima e di mantenimento di imprese altrimenti destinate all’espulsione dal mercato, ma corruttiva del sistema.

Particolarmente  significativa,  in  proposito,  appare  l’inchiesta  “Eyphemos ”   del settembre 2020 che ha ricostruito le condotte distrattive e di autoriciclaggio poste in essere da sodali della cosca ALVARO al fine di celare i beni provento di attività delittuose.

Alcuni elementi di valutazione estremamente indicativi pervengono anche dai dati pubblicati dall’“Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”. Essi ci dicono che, allo stato attuale, in Calabria sono in corso le procedure per la gestione di 1.890 immobili confiscati, mentre altri 2.907 sono già stati destinati. Sono altresì in atto le procedure per la gestione di 291 aziende, mentre ulteriori 204 sono state già destinate. Immobili, terreni, imprese edili, strutture ricettive e attività commerciali rappresentano solo alcune delle tipologie di beni sottratti alle mafie in Calabria, concentrati in ordine decrescente nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia e Crotone10.

Il dato, suffragato da una miriade di inchieste giudiziarie, evidenzia l’attitudine delle ‘ndrine a relazionarsi agevolmente e con egual efficacia sia con le sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano, sia con politici, amministratori, imprenditori e liberi professionisti la cui opera è strumentale al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione. La ‘ndrangheta esprime, infatti, un sempre più elevato livello di infiltrazione nel mondo politico-istituzionale, ricavandone indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche. Grazie alla diffusa corruttela vengono condizionate le dinamiche relazionali con gli Enti locali sino a controllarne le scelte, pertanto inquinando la gestione della cosa pubblica e talvolta alterando le competizioni elettorali.

A conferma di ciò interviene il significativo numero di scioglimenti di consigli comunali per ingerenze ‘ndranghetiste anche in aree ben lontane dalla Calabria . Forti condizionamenti, invero e così come è emerso dall’inchiesta “Eyphemos” del febbraio 2020, hanno riguardato il Comune di Sant’Eufemia d’Aspromonte (RC), sciolto con DPR del 7 aprile 2020 per le dimissioni rassegnate dal primo cittadino, nonché affidato per la gestione a una commissione straordinaria con DPR del 14 agosto 2020. Stessa sorte si è registrata per il Comune di Cutro (KR), sciolto con DPR 22 luglio 2020 a seguito delle dimissioni del Sindaco e assegnato con DPR 14 agosto 2020 alla gestione di una commissione straordinaria, in ragione delle risultanze scaturite dall’inchiesta “Thomas” del gennaio 2020, che ne ha evidenziato il condizionamento da parte dei GRANDE ARACRI.

Sorprende, in ogni caso, osservare come basterebbe cambiare il nome delle operazioni svolte per riproporre quanto già negli scorsi anni relazionato… Non solo le indagini delle operazioni IRIS e ARES dello scorso anno, ma anche le indagini dell’operazione EYPHEMOS o l’operazione PEDIGREE 2 del periodo in esame ci hanno confermato la ricerca di sostegno da parte di uomini politici verso la ‘ndrangheta… Alcune importantiindagini dell’Ufficio hanno, purtroppo, evidenziato, confermando quanto già rilevato negli scorsi anni, che alcuni esponenti politici non esitano a rivolgersi alle cosche di ‘ndrangheta del territorio per acquisire quel consenso elettorale che gli è indispensabile per il proprio successo, nella piena consapevolezza e disponibilità a mettersi, successivamente, a disposizione ove eletti…” .

In proposito, emblematica è l’operazione “Farmabusiness”15 del 19 novembre 2020 ove è emerso il coinvolgimento di un esponente del Consiglio Regionale che avrebbe fornito, in cambio di sostegno elettorale, varie agevolazioni alla cosca GRANDE ARACRI. “…Questa indagine…”, ha stigmatizzato16 il Procuratore Aggiunto di Catanzaro, dr. Vincenzo Capomolla, “…è uno spaccato del carattere tentacolare della famiglia Grande Aracri, con la capacità pervasiva di condizionare grandi settori dell’imprenditoria, delle professioni e anche del mondo istituzionale e politico, in questo caso in particolare del circondario di Catanzaro. Con i proventi delle attività della cosca i Grande Aracri hanno investito in settori particolarmente redditizi, per avviare i quali è stato necessario l’apporto di uffici pubblici di strutture della Regione Calabria con l’essenziale intervento di figure istituzionali e politiche che avevano una grande influenza non soltanto di carattere politico ma anche negli ambiti burocratici della Regione Calabria, in particolare nel Dipartimento della Sanità…”.

Per inciso, risulta particolarmente sintomatica in ordine al diffuso grado di inquinamento della gestione della cosa pubblica, anche se al momento non risultano rapporti con la criminalità organizzata, la misura restrittiva17 eseguita dalla Polizia di Stato, il 14 dicembre 2020 a Reggio Calabria, nei confronti di 2 soggetti che ricoprivano rispettivamente l’incarico di consigliere comunale di quel Comune e di presidente di seggio in occasione delle locali elezioni amministrative tenutesi nel settembre 2020. Le indagini hanno fatto emergere un meccanismo fraudolento finalizzato a favorire l’elezione di uno degli indagati in seno al Consiglio comunale18.

Oltre ai profili di raffinata criminalità le cosche non disdegnerebbero tuttavia il compimento di condotte più aggressive finalizzate a soffocare il territorio d’influenza, pressandolo con le estorsioni e l’usura e ricorrendo se necessario anche alla violenza. In proposito, rimane ancora vivo il drammatico ricordo dell’attentato perpetrato il 9 aprile 2018 a Limbadi (VV) con un ordigno esplosivo posto nell’auto sulla quale viaggiavano il giovane biologo Matteo VINCI e il padre Francesco. L’azione criminale causava la morte del primo e il ferimento del secondo. All’esito dell’indagine “Demetra”, del 25 giugno 2018, i Carabinieri eseguivano il fermo di 6 soggetti esponenti del clan MANCUSO. Nel prosieguo investigativo e nel contesto dell’operazione “Demetra 2”19, il 19 ottobre 2020 i Carabinieri hanno tratto in arresto altri 7 affiliati ritenuti, a vario titolo, responsabili del gravissimo fatto di sangue.

L’alta pervasività della ‘ndrangheta si replica anche al di fuori dei contesti regionali dove, tra l’altro, l’organizzazione riuscirebbe a scalare le gerarchie imprenditoriali e a inquinare gli ambiti istituzionali, facendo leva sui capitali derivanti dal traffico di stupefacenti, settore quest’ultimo che non pare abbia fatto registrare flessioni nell’ultimo periodo.

Come noto, la potenza imprenditoriale della ‘ndrangheta si esprime grazie alle ingenti risorse economiche di cui dispone verosimilmente in costante aumento grazie proprio alla proliferazione del narcotraffico che focalizzerebbe la sua centralità operativa in importanti aree portuali come quella di Gioia Tauro, ma anche di Genova, La Spezia, Vado Ligure e Livorno.

Nelle precedenti Relazioni era già stato enucleato il dato concernente i quantitativi di stupefacenti sequestrati presso lo scalo marittimo di Gioia Tauro20, da sempre considerato il sedime portuale privilegiato per l’ingresso della cocaina proveniente dal Sud America in Europa21. Nel 2020 l’incremento dei sequestri di droga presso il porto calabrese è stato ancor più evidente, tenuto conto degli oltre kg 2.600 recuperati nel primo semestre e dei circa kg 2.500 nel secondo. Del resto, è del 4 novembre 2020 il maxi sequestro di quasi una tonnellata di cocaina purissima stivata in un container che trasportava mitili surgelati provenienti dal Cile. L’operazione eseguita dall’Agenzia delle Dogane di Gioia Tauro e dalla Guardia di finanza ha consentito il recupero di un carico di droga che, tagliato fino a quattro volte, avrebbe fruttato sul mercato circa 190 milioni di euro.

Sempre in tema di traffico di stupefacenti, è significativo il rinvenimento di numerose piantagioni in varie aree della Regione. La circostanza non permette di escludere il coinvolgimento della criminalità organizzata nello specifico fenomeno della produzione e lavorazione in loco di droga destinata alla vendita.

Le cosche hanno da tempo dimostrato di essere straordinariamente abili ad adattarsi ai diversi contesti territoriali e sociali prediligendo, specialmente al di fuori dai confini nazionali, strategie di basso profilo e tenendosi, al contempo, al passo con il progresso e la globalizzazione. I modelli mafiosi originari vengono replicati al di fuori della Calabria facendo leva sui quei valori identitari posti alla base delle strutture ‘ndranghetiste. Alla stessa stregua non verrebbero abbandonate le tipiche ritualità di affiliazione che non rappresentano un mero fenomeno folkloristico ma preservano sentimenti fortemente caratterizzanti che rafforzano, ad esempio, il legame degli ‘ndranghetisti all’estero con la casa madre reggina. Tali connotazioni tradizionali trovano il loro punto di riferimento nel Crimine che rappresenta l’organismo di vertice deputato a dettare le strategie, dirimere le controversie interne e stabilire la soppressione ovvero costituzione di nuovi locali .

In merito, si rinvia agli esiti delle diverse inchieste concluse nel semestre in Veneto24, Lombardia25 e Trentino Alto Adige26  che saranno illustrate negli specifici paragrafi della presente Relazione. Tali significativi risultati operativi restituiscono l’immagine di una ‘ndrangheta perfettamente radicata e ben inserita nei centri nevralgici del mondo politico-imprenditoriale anche nei contesti  extraregionali.  Le  più  rilevanti  inchieste  degli  ultimi  anni27     hanno  consentito  di elaborare, per quanto possibile, un organigramma strutturale dell’organizzazione fuori Regione. In totale, sono emersi 46 locali, di cui 25 in Lombardia, 14 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige.

All’estero, sfruttando tutte le opportunità offerte dai differenti sistemi normativi, i clan privilegiano l’insediamento in Stati meno cooperativi con l’AG italiana ove sarebbe più agevole il reinvestimento dei capitali illeciti. L’attuale disomogeneità legislativa tra i vari Paesi, anche Europei, favorisce, infatti, l’infiltrazione nel mondo dell’economia e della finanza da parte delle mafie che già sono notevolmente favorite dalla globalizzazione dei mercati, dalla liberalizzazione dei movimenti di capitali, dalle potenzialità offerte dalle reti telematiche, nonché dallo sviluppo dell’intermediazione finanziaria peraltro attraverso circuiti alternativi. Le indagini concluse nel periodo in riferimento hanno ancora una volta dato conto delle qualificate proiezioni estere di matrice calabrese: l’operazione “Imponimento” della Dda di Catanzaro, conclusa il 21 luglio 2020, ha interessato esponenti degli ANELLO-FRUCI di Filadelfia (VV) in Svizzera; l’inchiesta “Krimisa 2” della Dda di Milano, del 3 settembre 2020, ha svelato gli interessi a Malta di esponenti del locale di Legnano-Lonate Pozzolo espressione dei cirotani FARAO-MARINCOLA; l’indagine “Ponente Forever” della DDA di Genova, conclusa il 15 settembre 2020, ha riguardato un narcotraffico internazionale sull’asse italo-francese curato da un sodale della famiglia GALLICO di Palmi (RC) risultato in contatto con un sodalizio albanese e con esponenti ‘ndranghetisti attivi nel Paese transalpino.

Nel quadro d’insieme che rivede l’articolata realtà geografica dell’organizzazione, rimane strategica da parte delle consorterie ‘ndranghetiste l’efficacia del controllo del territorio e l’affermazione nelle aree d’origine come evidenziato dai lunghi periodi di latitanza trascorsi dai boss mafiosi nei propri territori. Di contro, e a dimostrazione dell’importanza degli insediamenti oltre confine, negli ultimi anni è apparso significativo il dato afferente al numero di ricercati, anche di rango, che scelgono di rifugiarsi all’estero ove sono presenti efficaci reti logistiche di supporto (come in Germania28, in Spagna29 e nel Sudamerica).

A quest’ultimo proposito, di assoluto rilievo è la cattura del boss africota Rocco MORABITO, inserito nell’Elenco dei latitanti di massima pericolosità del Ministero dell’Interno, avvenuta a Joao Pessoa (Brasile) il 24 maggio 2021 a seguito di indagini dei Carabinieri, in collaborazione con Interpol e Polizia brasiliana. Nel giugno 2019 il boss era evaso dal carcere “Central” di Montevideo poco dopo che il Tribunale Penale di Appello dell’Uruguay ne aveva confermato l’estradizione in Italia. L’uomo era stato catturato il 3 settembre 2017 a Punta del Este (Uruguay) dalla locale Polizia in stretta collaborazione info-investigativa con i Carabinieri ed il coordinamento operativo della DCSA. Irreperibile dal 1994 ed inserito anche all’epoca nelcitato “Programma speciale di ricerca” del Ministero dell’Interno, il MORABITO deve scontare anni 30 di reclusione per associazione di tipo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti. Nel corso dell’operazione è stato catturato anche un esponente del locale di Volpiano (TO) inserito nell’Elenco dei latitanti pericolosi del Ministero dell’Interno, ricercato dal novembre 2019 per associazione di tipo mafioso, associazione traffico internazionale di stupefacenti e altro30.

Sempre in tema di proiezioni estere delle cosche calabresi, il semestre di riferimento segna una tappa fondamentale nella lotta alla ‘ndrangheta altresì in ragione degli esiti del progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘ndrangheta). L’importante iniziativa, promossa dal Vice Direttore Generale del Dipartimento della P.S.- Direttore Centrale della Polizia Criminale, Vittorio Rizzi, è sviluppata in collaborazione con il Segretariato Generale dell’Interpol con il coinvolgimento delle Forze di polizia (Polizia di Stato, Arma dei carabinieri e Guardia di finanza) e della DIA31.

In tale contesto, nel mese di luglio 2020 4 latitanti sono stati catturati a Buenos Aires (Argentina), in seno all’inchiesta “Magma” (2019) condotta nei confronti del clan BELLOCCO dall’Interpol, dalla Polizia Federale e dalla Gendarmeria Nacional argentina. Un quinto ricercato è stato rintracciato in Costarica e un ulteriore in territorio skipetaro. Recente, inoltre, è la cattura, il 29 marzo 2021 a Lisbona (Portogallo), di un esponente di vertice della cosca PELLE, condannato all’ergastolo in via definitiva dalla Cassazione nel 2019 quale mandante della cd. “strage di Natale” (San Luca, 24 dicembre 2006), il grave fatto che costituì il prologo della “strage di Duisburg” (15 agosto 2007). L’arrestato era inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità del Ministero dell’Interno. Nello stesso mese di marzo 2021 sono stati catturati a Santo Domingo un esponente del clan CACCIOLA di Rosarno, ricercato dal 2014 per associazione finalizzata al narcotraffico, e a Barcellona (Spagna) un elemento di spicco del clan sanlucota ROMEO, inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi del Ministero dell’Interno.

Con riferimento ai rapporti con altre organizzazioni malavitose, le ultime risultanze investigative hanno confermato la tendenza delle consorterie calabresi a instaurare collaborazioni utilitaristiche  con  gruppi  di  diversa  matrice  mafiosa  –  siciliana,  campana e pugliese – giustificate da specifiche contingenze più che da una costante condivisione di interessi criminali. Tale assunto è valido anche per le consolidate relazioni instaurate con le compagini straniere – soprattutto albanesi  oltre che sudamericane.

Con riferimento all’incidenza e alla pressione esercitata dalla ‘ndrangheta sulla realtà sociale dei territori di origine e di elezione, è importante ribadire come un tale aspetto rappresenti un serio ostacolo a qualsiasi tipo di crescita sociale ed economica dal punto di vista sia individuale, sia collettivo. Nell’ultimo periodo è peraltro emerso un ulteriore aspetto a sostegno della spregiudicata avidità della ‘ndrangheta che non esita  a  sfruttare  il  reddito  di  cittadinanza    nonostante  la  crisi  economica  che  grava  anche  sul contesto sociale calabrese e benché l’organizzazione disponga di ingenti risorse finanziarie illecitamente accumulate.

Per quanto attiene alla manipolazione e distorsione del meccanismo di percezione dei valori collettivi, da tempo è possibile assistere a pericolose e strumentali compromissioni delle regole consuetudinarie di convivenza civile con gravi ricadute sociali. Ci si riferisce, ad esempio, a quella tendenza volta a piegare il comune sentimento religioso agli scopi dei sodalizi per ottenere una sorta di autorevole convalida delle condotte criminali. L’utilizzo di santini per le affiliazioni, la pratica degli inchini delle Statue patronali al boss locale durante le processioni o la partecipazione con ruoli di rilevante visibilità a cerimonie e feste sacre sarebbero funzionali a riscuotere consenso e a confermare l’autorevolezza delle cosche. Queste manifestazioni, alla stregua di altre di vera e propria propaganda criminale, sono ancora più dannose se trovano pronta la cassa di risonanza dei social media. Si tratta di aspetti che appaiono preoccupanti proprio in considerazione della debolezza di alcune categorie di persone che, soprattutto nella contingenza socio-economica segnata dalla crisi pandemica, potrebbero ancor più essere fagocitate da pericolose prospettive criminali.