Quattro aziende, 294 terreni tra Roccella Valdemone, Gaggi e Castiglione di Sicilia, 21 fabbricati, 27 auto, rapporti finanziari, per un valore totale di quasi 27 milioni di euro. E’ una maxi stangata quella che giunge stamattina per l’imprenditore Salvatore Santalucia, 61enne di Roccella Valdemone, uomo legato alle note famiglie mafiose dei Santapaola, a Catania, e dei Barcellonesi.
Conosciuto negli ambienti criminali come “Turi Piu”, Santalucia ha alle sue spalle un lungo curriculum, iniziato come semplice allevatore di bestiame. Anello di congiunzione tra le cosche mafiose delle province siciliane di Messina e Catania, l’imprenditore ha sempre trattenuto strettissimi rapporti con alti esponenti mafiosi, arrivando a ricoprire un ruolo di prima linea nel controllo illecito degli appalti nella zona di Roccella Valdemone. Le indagini della Direzione Investigativa Antimafia, che stamattina si sono concluse con il maxi sequestro, hanno fatto emergere, nel corso del tempo, l’enorme differenza tra le entrate che annualmente Santalucia dichiarava ed il suo patrimonio, oltremodo rilevante.
Ad inquadrare la figura dell’imprenditore di Roccella era stato anche il collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano che aveva parlato di come i rapporti tra Santalucia ed i Santapaola avvenissero attraverso il clan Brunetto, attivissimo nel versante ionico della provincia catanese. In particolare, dopo la morte del boss Paolo Brunetto, Santalucia aveva continuato a “tenersi vicino” a soggetti, già pregiudicati per reati di mafia, come Orazio Papa, Sebastiano Coci e Salvatore Calcò Labruzzo. Dalle indagini è emerso come le attività imprenditoriali di Santalucia avessero registrato, negli anni tra il 2003 ed il 2010, un’anomala crescita esponenziale, soprattutto grazie alla partnership con la società Eolo Costruzioni Srl del noto gruppo Nicastri, leader in Sicilia delle opere dei parchi eolici. E proprio a Vito Nicastri, imprenditore di Alcamo, la Dia di Messina e di Palermo aveva già sequestrato un colossale impero per oltre 1,5 miliardi di euro. Lui stesso, Vito Nicastri, era considerato un soggetto vicinissimo al superlatitante Matteo Messina Denaro.
Il provvedimento di stamattina, emesso dal Tribunale di Messina – Sezione Misure di Prevenzione di Pubblica Sicurezza, richiesto dal direttore della DIA Nunzio Ferla e firmato dal Giudice Santi Trovato, rappresenta, quindi, il culmine di anni di indagini attorno ad una figura rivelatasi determinante come quella di Santalucia. Già attraverso operazioni come Ermes, Dionisio, Arcangelo, Iblis e Omega-Obelisco, gli inquirenti erano riusciti a far emergere gli stretti collegamenti tra l’imprenditore e gli ambienti mafiosi di Catania e Barcellona. In particolare, nella provincia messinese, Santalucia usava mantenere contatti con i boss Gullotti e Rampulla. Anche nell’operazione Gotha 3, le indagini dei carabinieri del Ros di Messina avevano messo in evidenza gli stretti fili che legavano l’imprenditore al capomafia barcellonese Carmelo Bisognano, alla sorella Vincenza Bisognano, al suo stretto collaboratore Beniamino Cambria ed al boss Tindaro Calabrese, erede di fatto di Bisognano.
“Un’evoluzione di interessi, quelli di Santalucia – ha dichiarato il Procuratore Capo Guido Lo Forte – iniziati prima nel settore dell’allevamento, poi in quello del movimento terra e, infine, attraverso i rapporti con grandi esponenti mafiosi, nel settore degli appalti ed eolico. Sono indagini che dimostrano come vi sia, di fatto, uno strettissimo legame tra la mafia messinese e quella catanese”. (Veronica Crocitti)