“L’impressione è che il Governo con questa operazione voglia utilizzare i porti produttivi di Messina e Milazzo per ripianare i debiti del porto assistito di Gioia Tauro e rallentare l’agonia di un porto figlio di una politica assistenziale”. Torna sul dibattito l’assemblea degli Stati Generali di Messina, composta da Rete civica per le infrastrutture al sud, L’altra Messina, Reset, Popolari in movimento, Vento dello Stretto e Federazione Nuova Destra.
“Gioia Tauro – scrivono in una lettera indirizzata al presidente Renzi, al ministro Delrio e al presidente Crocetta – è un terminal container che movimenta una massa di quasi 3 milioni Teu annui, per complessive 31 milioni 583mila tonnellate di merci, con un gettito iva di soli 39 milioni pari allo 0,32% del totale prodotto dai 24 porti italiani. Il sistema portuale di Gioia Tauro è il 17° porto in Italia sulle 24 sedi di Autorità portuale. Per sopravvivere Gioia Tauro ha dovuto azzerare le tasse di ancoraggio. La sproporzione fra la movimentazione di container e la bassissima resa in termini di Iva mostra che quello di Gioia Tauro è un porto che non produce alcuna ricchezza, né per il territorio, né per il sistema Paese. Voci provenienti dallo stesso Terminalista indicano che il 2016 potrebbe essere l’anno ultimo della gestione di Medcenter del porto di Gioia Tauro prima dell’abbandono”.
Il Governo – affermano i componenti degli Stati Generali – ne è ben consapevole, tanto che nel Piano strategico dei porti e della logistica, il Ministero scrive che “la fortissima pressione dei competitor mediterranei a Malta, in Grecia (Pireo) ed in Marocco (TangerMed) impediscono al porto di poter consolidare la propria posizione. Il porto di Gioia Tauro deve creare attività alternative e complementari al solo transhipment, visti i fortissimi rischi di instabilità, dovuti al fatto di dipendere quasi totalmente dal volere dei terminalisti e/o delle compagnie marittime a cui le prime fanno capo. Per quanto riguarda il traffico dei contenitori, Malta rappresenta la vicina più temibile sul piano concorrenziale (porto all’avanguardia sul piano tecnologico, si parla l’inglese come lingua ufficiale, unico porto del Paese, efficiente nello spendere le risorse europee”.
La mission del Ministero nella riforma delle Autorità Portuali – secondo gli Stati Generali – è l’abbandono del sud al proprio destino. “Il sistema portuale di Messina-Milazzo servirà soltanto a cercare di mantenere per il terminal di Gioia Tauro le tasse portuali a zero in via strutturale. Ne deriva che Milazzo produrrà ed il terminalista (Medcenter) consumerà per assumere lavoratori in cassa integrazione a rotazione. L’Autorità portuale di Gioia Tauro anche per l’anno 2015 ha azzerato le tasse portuali di ancoraggio, per complessivi 8 milioni e 200mila euro di cui 4 milioni finanziati dall’Autorità Portuale e 4 milioni e 200milaeuro a carico della Regione Calabria, che non può sostenerlo, e allora si è pensato bene di caricarlo sul sistema di Messina e Milazzo, che di tasse portuali ne produce 8 milioni all’anno. La verità è che sino a quando lo Stato Italiano non realizzerà gli impianti AV/AC, risagomando le gallerie e consentendo ai treni il trasporto dei nuovi container, nel sud sotto Salerno, la Calabria e la Sicilia ed i loro porti saranno destinati al solo traffico transhipment e fuori dalla globalizzazione senza riduzione dei tempi di trasporto e stoccaggio”.
Poi si passa ad altri numeri: il sistema Messina – Milazzo è il primo in Italia per movimentazione passeggeri (oltre 8 milioni) ed il sesto per merci movimentate (oltre 22 milioni, Catania è 18esimo, Palermo 20esimo) con una produzione di iva di 1 miliardo.
“Numeri al netto di un sistema di trasporti inesistente sotto tutti i profili – prosegue la nota – con un Governo che rema contro ogni forma di prospettiva di sviluppo del sud. Una parte della classe politica messinese, senza futuro, preferisce traghettare il proprio sistema portuale, unico possibile volano di rinascita del proprio territorio in termini di lavoro ed economia, verso il sistema portuale calabrese. Chiediamo e rivendichiamo dunque che lo Stretto di Messina, al pari del porto di Civitavecchia, o di un porto meno produttivo come quello di Bari (in Puglia sono 2 le Autorità di Sistema) possa rimanere Autorità di Sistema autonoma tenuto conto delle peculiarità sottese e per la produzione di iva rilevante per lo Stato”.
Infine ultima e decisiva considerazione: “Messina non subirà l’ennesimo scippo dopo quello del Ponte sullo Stretto e dopo la sottrazione dell’Ammiragliato della Marina Militare, senza alcun plausibile motivo strategico e logistico, destinato ad Augusta. L’art. 32 dello Statuto Regionale Siciliano, senza equivoco alcuno, statuisce che ‘i beni del demanio dello Stato, comprese le acque pubbliche, sono assegnati alla Regione, eccetto quelli che interessano la difesa dello Stato o i servizi di carattere nazionale’. Ancora in maniera più pregnante il DPR 1/07/1977 n. 684, contenente norme attuative dello Statuto della Regione Siciliana in materia di Demanio Marittimo stabilisce all’art.1 che: ‘sono esclusi dal trasferimento alla Regione, i beni appartenenti al Demanio Marittimo utilizzati dall’amministrazione militare’. Pertanto i porti commerciali sono di esclusiva proprietà e ricadono nella giurisdizione della Regione e nessun atto illegittimo delle istituzioni potrà determinare la sottrazione di potestà e competenze. E ciò a prescindere dallo stesso articolo 117 della Costituzione che dispone la legislazione concorrente tra Stato e Regione in materia di ‘porti ed aeroporti civili e alle grandi reti di trasporto e navigazione’. Ne discende che, eventuali norme contrarie alle fonti del diritto italiano e alle norme imperative dello Statuto autonomo siciliano tendenti a ledere l’autonomia della Regione Siciliana, saranno immediatamente impugnate da enti, semplici cittadini, associazioni, ordini professionali, che si surrogheranno alle pavide istituzioni nell’esercizio di diritti e prerogative sancite nell’autonomia siciliana”.