Tempostretto ha dato spazio dalla scorsa settimana ad una nuova rubrica: IL DIBATTITO DEL LUNEDI’, un modo per dare voce a quanti vogliono contribuire alla crescita della città. C’è sete di partecipazione, di confronto, c’è voglia d’incontrarsi nel difficile percorso della condivisione. Vogliamo parlare di Messina e vogliamo che quanti hanno a vario titolo ruoli di responsabilità, che amano Messina come noi, lo facciano. Vogliamo che a scriverci, a lanciare proposte, temi, provocazioni, siano anche quanti Messina la vedono ormai soltanto a Natale, o poche settimane in estate, quanti ci seguono da ogni parte del Paese e del mondo perché Messina ce l’hanno scolpita nel cuore, quanti vogliono tornare o non lo vogliono affatto, quanti fanno il tifo per questa città dalla curva, dalla tribuna o guardando da lontano. Vogliamo che il Dibattito del lunedì appartenga tutti quelli che, in un modo o nell’altro, per un motivo o un altro, indossano la stessa maglia. Vogliamo costruire, non demolire, vogliamo includere, non mettere confini, vogliamo che si parli, si ascolti. La prima provocazione l’ha lanciata il professor Michele Limosani (leggi qui), con un interrogativo di grande interesse: Chi curerà Messina? Oggi gli risponde e apre nuovi temi l’avvocato Antonio Catalioto che invita ad una diversa e coraggiosa eresia “per evitare che domani si dica…i tempi erano oscuri perché loro hanno taciuto”
Il Prof. Limosani nel chiedersi (invero l’interrogativo è di molti) come e chi potrebbe curare la nostra città, ha suggerito una “terapia d’urto, un’impresa collettiva”. Tanti sono però i problemi. Uno dei maggiori, secondo lo scrivente, è quello riconducibile all’assenza di un’autorevole opinione pubblica, intesa come un processo formativo e volitivo che accomuna una moltitudine di coscienze. Probabilmente non c'è più il tempo e la responsabilità di riflettere, interrogarsi, porsi dei dubbi. Oggi ciascuno di noi vive con la propria solitudine, con l'illusione, attraverso la connessione in rete, di essere protagonista del tempo e dello spazio. Oggi la "società" è stata surrogata da una moltitudine di singoli tra loro connessi. Ciascuno pensa di appartenere ad una "comunità", viceversa vive un luogo inanimato dove i valori ed il pensiero sono soppiantati dall'apparire, dall'estetica, in una parola dal proprio io (E. Mauro). Riteniamo di essere protagonisti della "storia" che stiamo vivendo perchè la connessione in rete ci da l'opportunità di compartecipare in tempo reale al suo divenire. Purtroppo non ci rendiamo conto che questo protagonismo è una mera finzione, dove conti nella misura in cui segui e rafforzi l'opinione, il messaggio, lo slogan di turno. Pensiamo di essere protagonisti quando di fatto siamo ridotti a passivi spettatori. Per evitare tale condizione come ci si dovrebbe regolare? I partiti potrebbero ancora essere un mezzo attraverso il quale concorrere ad elaborare un percorso, una via d'uscita, una cura? Probabilmente si, nella misura in cui gli stessi riuscissero a prendere effettiva coscienza del drammatico gap fra orizzonte dei diritti e pratiche di governo; nella misura in cui fossero capaci d’intraprendere una nuova direzione, cercando soluzioni che tengano l’ago della bussola fisso sul bene comune; nella misura in cui riuscissero a non mortificare competenze e merito. Dunque cosa si potrebbe fare? In una intervista rilasciata alla vigilia delle elezioni amministrative di Messina del 2013, il Prof. M. Ainis suggeriva “questo è il momento in cui è opportuno coltivare le eresie, gli slanci di fantasia che ci facciano superare questa realtà di macerie in cui siamo tutti e non solo Messina”. In effetti, poi, le elezioni hanno prodotto un risultato “eretico” che purtroppo, però, alla prova dei fatti, non ha dato i frutti sperati. Sicuramente semplici “slanci di fantasia” non sono sufficienti senza una capace ed incisiva pratica amministrativa. Allora, per evitare che un domani si dica “..i tempi erano oscuri perché loro hanno taciuto..”, sarebbe bene cercare di concorrere a creare le condizioni per affermare una diversa e coraggiosa “eresia” che, evitando di restare prigioniera in pratiche autoreferenziali, sappia contemperare fantasia e capacità, competenza e merito, umiltà ed autorevolezza. Purchè, però, si comprenda che “l’unica alleanza possibile è con la coscienza della gente” (dal film Viva l’Italia).
Antonio Catalioto