Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso, presentato dagli avvocati messinesi Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi, dal M5S e da Sel sul quesito referendario del 4 dicembre.
Stando ai giudici amministrativi della sezione 2bis il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.
A caldo si registra il commento dei 5Stelle “Per capire la portata della decisione bisogna leggere le motivazioni. Si capirà se le nostre eccezioni in relazione al quesito erano fondate o meno. Abbiamo più di un motivo per ritenere, anche alla luce della decisione del Tar, che lo siano".
Il Tar infatti ha dichiarato inammissibile il ricorso non relativamente alle motivazioni ma ad un difetto di giurisdizione.
L’istanza era stata presentata il 5 ottobre, come si ricorderà, con un ricorso che ha visto parte dei “natali” proprio a Messina (leggi qui l’articolo).
I legali Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi (nella qualità di esponenti del Comitato Liberali per il NO) i senatori Vito Crimi (M5S) e Loredana De Pretis (sinistra italiana-Sel), con il patrocinio dell’avvocato del foro di RomaLuciano Vasques, avevano firmato il ricorso contro il Decreto del Presidente della Repubblica con cui indicendo il Referendum del 4 dicembre è stato tra l’altro stabilito il quesito che deve comparire sulla scheda di votazione.
I ricorrenti lamentavano che il quesito predisposto dal Quirinale non tiene conto di quanto stabilito dall’art. 16 della legge 352/1970, secondo cui quando si tratti di revisione della Costituzione il quesito referendario deve recare la specifica indicazione degli articoli revisionati. Invece il quesito predisposto per il 4 dicembre, su proposta del governo, oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati alla riforma, alcuni dei quali ben più importanti di quelli citati, come la nuova modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di nomina parlamentare, si limita a riprodurre il titolo del ddl di revisione che peraltro riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il cosiddetto contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni).
“A parere dei ricorrenti-si legge- il quesito così formulato finisce per tradursi in una sorta di spot pubblicitario tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante a favore del governo che ha preso l’iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini che non meritano di essere ingannati in modo così plateale”.
In sintesi i ricorrenti sostengono che il rischio, con il quesito così predisposto è che gli italiani prendano “lucciole per lanterne”, non avendo ben chiari gli articoli revisionati e le conseguenze.
Il Tar però ha detto no.
Rosaria Brancato