Politica

Diffamò Luigi Genovese: il 5stelle Di Battista verso il rinvio a giudizio

In più occasioni, ma in particolare in due trasmissioni televisive nazionali (DiMartedì e Domenica Live) ha accusato il deputato regionale Luigi Genovese di aver ottenuto voti attraverso il ricatto del posto di lavoro.

Di Battista verso rinvio a giudizio

Adesso il leader del M5S ed ex parlamentare Alessandro Di Battista va verso il rinvio a giudizio per diffamazione. E’ quanto ha stabilito il gip del Tribunale di Messina Valeria Curatolo rigettando la richiesta di archiviazione presentata dal Pm, disponendo che il magistrato entro 10 giorni formuli l’imputazione per il rinvio a giudizio.

Ha diffamato Luigi Genovese

Il Pm aveva fatto riferimento all’insindacabilità di Di Battista in quanto i fatti risalgono al periodo in cui era deputato nazionale, ma l’indagine ha appurato che non sussistono gli elementi in questo caso per estendere la non punibilità ex art.68 della Costituzione per dichiarazioni rese anche al di fuori della Camera.

“Campagna diffamatoria”

I fatti risalgono al periodo immediatamente successivo alle Regionali del novembre 2017, quando Luigi Genovese approdò all’Ars, eletto nella lista di Forza Italia. In base alla querela depositata nel febbraio 2018 Genovese accusava il parlamentare Alessandro Di Battista di una campagna diffamatoria ai suoi danni, portata avanti in più occasioni e con vari mezzi di comunicazione (post pubblicati su Facebook e sul blog del Movimento Cinque Stelle, trasmissioni televisive).

“Voto a Genovese frutto di ricatto”

Di Battista infatti a più riprese aveva sostenuto che il consenso elettorale ottenuto da Luigi Genovese era frutto di un ricatto, avendo costretto alcuni elettori messinesi a votarlo per non perdere il posto di lavoro.

A “DiMartedì”

A metà novembre 2017 nel corso della trasmissione tv “DiMartedì” Di Battista in particolare aveva dichiarato d’aver conosciuto siciliani che gli avrebbero dichiarato di essere elettori del M5S ma di aver dovuto votare Genovese “perché altrimenti perdo il posto di lavoro”.

A “Domenica Live”

Nel gennaio 2018, a “Domenica Live” trasmessa su Canale 5 Di Battista ripeteva più o meno lo stesso concetto, raccontando d’aver incontrato in un autogrill in Sicilia un signore attivista del movimento con tanto di braccialetto dei 5stelle “mi ha fatto vedere il telefonino. Postava tutti i nostri interventi in Aula. Gli ho detto: «Bene, allora voterai 5 Stelle.Lui mi ha detto. Io sono del Movimento 5 Stelle, ma non posso votarvi. Devo votare Genovese altrimenti perdo il posto di lavoro”.

Il Pm ha chiesto archiviazione

Il Pubblico Ministero nel richiedere l’archiviazione per Di Battista si è appellato alla causa di non punibilità prevista dall’art.68 per i parlamentari, in base al quale non possono essere perseguiti per dichiarazioni rese nell’esercizio delle loro funzioni.

Il Gip: non è insindacabile

Il Gip Curatolo nel rigettare la richiesta d’archiviazione richiama l’orientamento della Corte Costituzionale: “l’immunità parlamentare ex art. 68, essendo limitata agli atti e alle dichiarazioni che presentano un chiaro nesso funzionale con il concreto esercizio dell’attività parlamentare, opera, quanto alle dichiarazioni «extra moenia», solo quando queste presentano una sostanziale coincidenza di contenuti con quelle rese in sede parlamentare e sono cronologicamente successive alle dichiarazioni cosiddette «interne» “

“Ha leso la reputazione”

Le indagini hanno accertato che nel caso in particolare in nessuna delle dichiarazioni istituzionali pubbliche del deputato Di Battista pronunciate in occasione degli interventi condotti in Aula nell’ambito dell’attività parlamentare vi sono corrispondenze di contenuto rispetto alle affermazioni oggetto della querela. Nessun’altra esimente è stata inoltre accettata dal momento che il giudice ha ritenuto le dichiarazioni di Di Battista lesive della reputazione e dell’onore di Genovese, non rientranti nel diritto di critica oltre a non essere corrispondenti ad alcun fatto storico posto a fondamento delle dichiarazioni.

Genovese: basta demonizzazioni

Ero certo che sussistessero elementi sostanziali per considerare altamente diffamatorie quelle dichiarazioni nei miei confronti- commenta Luigi Genovese– Il rinvio a giudizio di Alessandro Di Battista può innescare un processo che va al di là della vicenda in sé, perché può restituire valore e dignità alle parole anche in quel “far west dialettico” in cui oggi è stato trasformato il dibattito politico. Una storia che potrebbe ridimensionare una tendenza sempre più diffusa: quella secondo cui l’avversario politico è un nemico da abbattere con tutti i mezzi, anche i più infimi, addirittura attraverso la costruzione di “favole” in cui si mettono in scena personaggi mai esistiti”.

“L’avversario non è un nemico”

Genovese, pur restando convinto garantista nei confronti di Di Battista fino a conclusione dell’iter processuale, rende nota la vicenda perchè nell’era delle fake news e della retorica politica scollegata dalla verità “smascherare chi tenta di mistificare la realtà, ergendosi peraltro a paladino del cambiamento, può rappresentare un primo passo per la restaurazione della decenza e del rispetto verso le persone, anche se si tratta di un competitor politico. Il vero cambiamento sarebbe questo, non di certo quello promesso da quel Movimento che ha costruito la propria identità attraverso la costante demonizzazione degli avversari. Uno stratagemma che non si regge più in piedi. Ma del resto le recenti competizioni elettorali e tutti i sondaggi lo hanno già detto chiaramente. Il Re, ormai, è nudo”