Cronaca

Dinastia, la mafia a Barcellona diversifica il business: dal pizzo alla droga

Con le estorsioni non si guadagnava più, le persone denunciavano, e volevano fare con la droga che la prendeva tutta uno e di guadagnare con la droga”. Così Alessio Alesci, ex gregario del clan di Barcellona attivo nel mondo dello spaccio, spiega alla Dda di Messina il cambio di strategia della mafia della tirrenica, a metà del decennio scorso.

Il cuore dell’operazione Dinastia, fatta scattare ieri dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, dai Carabinieri del Reparto Operativo Speciale e del Comando Provinciale, è proprio il nuovo business dei clan di Barcellona: la droga.

Dopo un decennio in cui la piaga dello stupefacente sembrava essere stato relegato ad una “roba da tossici” ai margini della società, negli ultimi anni il fenomeno sembra essere tornato ad assumere dimensioni da allarme sociale.

Lo hanno più volte spiegato i magistrati messinesi e gli operatori del terzo settore, impegnati nel recupero dalle tossicodipendenze. Una spiegazione del perché di questa ripresa arriva ora dalle operazioni, e viene svelata proprio dagli stessi mafiosi: la criminalità ha perso gli introiti delle estorsioni a causa della crisi, e spinge sulla droga.

Alesci, arrestato nell’operazione Gotha 5, nel 2015 ha raccontato ai magistrati e ai Carabinieri del Ros di un summit avvenuto tra Spinesante e Marchesana, davanti casa di Sam Di Salvo, dove i rappresentanti dei vari gruppi del Longano si erano dati appuntamento con Lorenzo Mazzù. Era lui a comprare per tutti la droga, che forniva a tutta Barcellona, poi gli incassi si dividevano, spiega Alesci, che all’arresto dei fratelli Mazzù in Gotha 4 aveva preso e redini di tutti gli affari.

La roba, racconta, veniva custodita a casa di Tonino Biondo detto “palloncino”, arrestato nel blitz Gotha 5.

“Si è parlato che con il racket non si buscava più niente, c’era la crisi e le persone soldi non ne avevano e si è parlato di prendere la droga, la prendeva uno e valeva per tutti, il ricavato andava a tutti. Pi diri, si pigghiavano 20 chili di cocaina? La prendevamo noi barcellonesi, voi pizzautisti (abitanti di Pozzo di Gotto ndr) voi gruppo di San Giovanni e il ricavato lo dividevamo. Di riorganizzarsi con la droga perché con il racket non c’erano chiù soddi. “. spiega Alesci.

Alesci non è l’unico pentito che ha contribuito all’inchiesta sfociata nel blitz di ieri. Gli altri collaboratori di giustizia, da Aurelio Micale a Franco Munafò, hanno confermato l’enorme flusso di droga gestito dai barcellonesi, e custodito insieme alle armi non soltanto da “Palloncino”. Un tesoro, che non di rado è stato persino interrato per sfuggire agli occhi degli investigatori. Ma che i carabinieri hanno trovato lo stesso, scavando nelle zone indicate dagli ex uomini d’onore pentiti.