La questione della mozione di sfiducia ad Accorinti è un po’ come la marea, periodicamente le onde arrivano sulla battigia, poi, lentamente si ritirano, fino alla volta successiva. Dopo i fatti di novembre inoltre è diventata come il gioco della palla avvelenata, il trucco è lanciarla a più giocatori possibili (i quali però tentano di schivare il colpo). Ma tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare e la mozione è destinata a restare ancora per un pò una leggenda metropolitana. Almeno fino ad inizio estate.
Nelle scorse settimane il Pd nazionale ha mollato gli ormeggi, dopo una serie di riunioni tra Roma e Palermo, presenti Faraone, Carbone e il capogruppo di Sicilia Futura Picciolo. Infine la riunione in riva allo Stretto, allargata agli alleati nazionali e regionali del Pd, quindi Udc (presente il capogruppo Mario Rizzo), Ncd (presente il deputato regionale Nino Germanà) e Dr. Siamo ai primi passi e già questo è singolare, perché di sfiducia si parla dall’autunno, quindi in teoria si dovrebbe già gattonare, ma proprio per il gioco della palla avvelenata, la questione è più complessa di quel che appare. Per svariati motivi, i 40 consiglieri non sono affatto intenzionati ad andare a casa anzitempo. I primi a chiedere tempo infatti di fronte alla proposta dei Pd sono stati proprio i centristi. Eppure D’Alia sin da dicembre ha annunciato, con una formula “casereccia” la fine dell’idillio: “consiglio e giunta sono pare duro e coltello che non taglia”, inventando la sfiducia a scoppio ritardato: si farà ma non subito. Poiché in casa Udc “non si muove foglia che D’Alia non voglia”, le 2 settimane chieste dai centristi per riflettere sono già il segnale che non si affanneranno a firmare. Pertanto tra il dire mozione di sfiducia ed il firmare, c’è di mezzo il mare e soprattutto la reale volontà dei 40 consiglieri comunali.
A novembre, quando è iniziata la raccolta di firme per la sfiducia e si erano già registrate 4 mozioni è arrivata l’inchiesta gettonopoli, che ha scatenato l’effetto Pavlov, una sorta di riflesso condizionato, e nessuno dei consiglieri vuol più pronunziare quella parola per evitare spiacevoli conseguenze.
Ecco perché al momento siamo alla fase del: “vai avanti tu che io vado a cercare la penna…..” I vari gruppi si dicono pronti a firmare la sfiducia, contando sul fatto che la soglia non si raggiungerà mai e non per volontà sporadica ma per opinione condivisa. Ufficialmente quindi si dicono tutti già con la penna in mano, ma girato l’angolo la frase sussurrata è: vediamo chi firma per primo. In teoria i numeri per arrivare ai 16 firmatari ci dovrebbero essere, ma siamo davvero sicuri che tutti i Dr sono della stessa idea di novembre? E che gli Udc sono pronti a farlo adesso e per di più a ruota dei 3 Pd? Il pensiero dei consiglieri è, e se davvero si raggiungono le 16 firme poi dobbiamo sul serio portarla in Aula e che faremo a quel punto? Ecco perché dal fronte centro-destra dicono: iniziate a firmare che noi ci aggiungiamo. Insomma, il gioco della palla avvelenata. Il Pd non esclude, in virtù di questa situazione da teatro, di pensare anche alle ipotesi legate al commissariamento, che hanno il vantaggio di essere decise altrove, cioè o da Crocetta o dal governo nazionale, per gravi inadempienze, e quindi di vedere altri togliere le castagne dal fuoco.
In attesa degli eventi si continuerà a far melina. Più si avvicina pericolosamente la soglia dei 16 (o dei 27) più l’inchiostro rischia di essere quello di Carnevale, l’inchiostro simpatico, che fa sparire quel che si scrive pochi minuti dopo. C’è anche chi avverte che il numero magico potrebbe essere 21, dal momento che l’Ars sta esaminando la riforma elettorale e tra le modifiche potrebbe esserci anche il recepimento della norma nazionale che prevede il ritorno alle urne quando si dimette la metà più uno dei consiglieri, come avvenuto a Roma. Ma più si abbassa l’asticella più il rischio della sfiducia con l’inchiostro simpatico si fa reale. Almeno fino a giugno. Quel che i partiti vogliono evitare è votare la mozione prima di aprile, quando è troppo alto il rischio di andare alle urne alle amministrative di maggio. Nessuno è pronto, quindi, se sfiducia deve essere non sarà prima dell’autunno quando anche l’esito delle amministrative di maggio dirà dove tira il vento.
Si temporeggia e nel frattempo non è detto che non scatti il Piano B, come Bocciatura del Piano di riequilibrio, tenuto a bagnomaria da 2 anni (il ministro dell’Interno è l’alleato di ferro di Renzi, ovvero Alfano che potrebbe così “consegnare” al Pd su un piatto d’argento la soluzione), oppure il Piano C come commissariamento, che potrebbe passare da Crocetta, anche lui Pd che continuerebbe così a tenere le carte in mano o dal governo nazionale.
Rosaria Brancato