Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo
viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro
dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell'eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di
altri,chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una
ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l'uno dell'altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia
siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle
proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici
affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato
anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo
proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che
risiedono nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è
buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo,
ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una
politica, tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della
democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà
sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell'Ellade e che ogni
ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso,
la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la
nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così
Ringrazio il mio amico Giuseppe Laface, vicesindaco di Rometta, che nei giorni scorsi, nel commentare su Facebook la rubrica domenicale ha riportato il Discorso agli ateniesi, di Pericle, datato 461 a.C. (pare che la data esatta sia il 431 durante la Guerra del Peloponneso). L’ho così riletto dopo tantissimo tempo ed ho provato la stessa gioia di allora, quando andavo al liceo, e nel contempo la stessa amarezza nel constatarne l’attualità nel profondo sentire e l’abissale distanza nella realtà dei fatti. Certo, stiamo parlando di un ricco aristocratico ateniese, criticato per alcune decisioni politiche, come fare entrare gratis agli spettacoli i poveri o dare “un’indennità ante litteram” a chi ricopriva incarichi politici, tanto che fu considerato un populista, ma quel che colpisce più di ogni altra cosa è la distanza siderale tra l’Atene del 461 a.C. e l’Italia, la Sicilia, la Messina del 2016.
Senza avere letto Marx né Bobbio, senza aver conosciuto il fascismo, senza aver mai scritto neanche un tweet, quel suo discorso agli Ateniesi ha superato i millenni rendendoci invidiosi per la sua attualità. Oggi una democrazia così possiamo ancora solo sognarla. Non ci sono soltanto 2.500 anni di differenza tra noi e l’Atene di Pericle. Sembra piuttosto la descrizione di un altro Pianeta. Pericle dice: qui ad Atene noi facciamo così. Noi non potremmo ripetere neanche una di queste frasi. Viviamo in un Paese che considera il dialogo un ostacolo, il merito un inciampo, l’eccellenza un bubbone. Per noi il sospetto è cultura e condanna. Ignoriamo le leggi scritte e non rispettiamo quelle non scritte. Per i noi la Politica è la coincidenza dell’interesse personale con quello pubblico, qui da noi i governi favoriscono i pochi a scapito dei molti e nonostante ciò la chiamiamo ugualmente, mentendo, democrazia. Qui da noi servire lo Stato è privilegio e fonte di privilegi. Insomma, qui da noi non c’è una sola cosa che corrisponde all’Atene di 2.500 anni fa, un tempo che noi consideriamo preistoria.
Per la verità ieri pomeriggio avevo scritto un’altra rubrica, su tutt’altro argomento. Ma all’improvviso mi son tornate in mente queste frasi, e non ho più potuto tenere solo per me questo ricordo e l’emozione che mi ha dato rileggerle. Non le riporto per fare un paragone, ma per sognare che un giorno anche noi, come Pericle, possiamo pronunciarle. Ho pensato che poteva essere un bel modo per augurare ai lettori di Tempostretto una Buona Domenica.
P.s- l’altra rubrica ve la sciroppate un altro giorno…Qui da noi non si getta via nulla.
Rosaria Brancato