cronaca

Dissequestro Green Park, ora si attende il Tar. Come stanno davvero le cose

Dopo 15 dal sequestro, il complesso Green Park di Torrente Trapani non ha più i sigilli. La Corte d’Appello lo ha restituito alla curatela fallimentare, affidata all’avvocato Giuseppe Marullo. Che attende dal Tribunale amministrativo regionale una pronuncia nella causa iniziata oltre 10 anni fa. Forse allora, più che dal dissequestro, potranno esserci novità per i tanti acquirenti gli appartamenti che, per una vicenda di mazzette in sottofondo, si sono ritrovati senza casa e senza soldi. I costruttori, invece, dovranno aspettare ancora. Ecco perché.

Il dissequestro

La decisione della Corte d’Appello di Messina è di qualche giorno fa: il sequestro del complesso, rispetto alla vicenda penale emersa e definita, è una misura sproporzionata rispetto agli interessi da tutelare. Il complesso sorge comunque in una zona edificata – ricordiamo che non ricade in Zps, tra l’altro – e gli abusi edilizi contestati riguardano indici di edificabilità, procedure comunque in astratto che potrebbero avere sviluppi di diverso genere, ancora. I giudici messinesi in sostanza si sono adeguati ai rilievi della Corte di Cassazione, che aveva accolto il ricorso della curatela fallimentare, assistita dall’avvocato Alessandro Billè. Respinto il ricorso dei costruttori, invece, secondo i giudici non legittimati perché nel frattempo la società, la SAMM, è stata dichiarata fallita.

Che succede adesso

Non sono i costruttori quindi a rientrare in possesso del palazzo mai terminato ma la curatela fallimentare della SAMM. I costruttori, i barcellonesi Arlotta e i soci, hanno se mai qualche titolo, adesso, a chiedere di rientrarvi in possesso. Ottenerlo, è tutta un’altra storia. Perché nel frattempo è intervenuto il fallimento appunto, e sono aperte tutte le procedure che riguardano la possibilità, per gli acquirenti e i promissari acquirenti, di vedere tutelati i propri diritti nell’ambito della procedura fallimentare. Ed è in quella sede che tutto andrà definito. Ma il cantiere del palazzo resta al momento congelato, quindi per gli acquirenti oggi come oggi cambia poco, anche sul piano del mero ragionamento sul valore di quello che c’è “sul piatto” della procedura fallimentare. Ed è comunque nell’ambito di questa procedura che i costruttori, se volessero, possono cercare di rientrare in gioco.

Il ricorso al Tar

Intanto, però, qualcosa si muove, e la possibilità che il palazzo possa essere completato non è ancora stata scartata. Nel 2010 infatti la SAMM ha fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale contro lo stop alle concessioni, decise dal Comune 2 anni dopo il sequestro. La causa è ancora in corso, ai costruttori della SAMM è subentrata la curatela fallimentare, ed a seguire la vicenda è l’avvocato Antonio Saitta. Visto il tempo trascorso e le udienze sin qui celebrate, la pronuncia del Tar sembra vicina. Insomma, la sorte del palazzo è tutta ancora aperta. Dalla pronuncia del Tar infatti potrebbe cambiare tutto. In teoria la concessione potrebbe essere dichiarata legittima così com’era, al netto della presunta “mazzetta” che ne ha accompagnato il rilascio, secondo la Procura di Messina, e potrebbero essere “salvati” gli indici di edificabilità originari. Potrebbe esserci una nuova concessione, o l’intervento del Comune su quella originaria, magari con la variazione degli indici, o una eventuale sanatoria parziale o totale. In tutti i casi resta da definire la questione degli oneri concessori, che hanno un valore tutt’altro che trascurabile. In tutti i casi, i tempi sembrano comunque molto lunghi e, fuor di tutti i termini giuridici, al momento la partita è ancora nelle mani del Comune di Messina.

L’inchiesta Oro Grigio e il caso Torrente Trapani

Il cantiere di Torrente Trapani è stato sequestrato nel 2006 nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Messina battezzata Oro Grigio. Nel mirino c’erano le trattative tra impresa e Comune per ottenere la concessione edilizia variando gli indici di edificabilità attraverso un giro di mazzette. Corruzione e abuso i reati principali. Il processo si è chiuso diversi anni dopo con il riconoscimento dei reati e la conferma del sequestro, ma in Cassazione le prescrizioni hanno messo una pietra tombale a tutto. Insomma, la corruzione ci fu ma nessuno pagherà.

A portare alla luce la vicenda fu la Squadra Mobile di Messina, nell’ambito di una inchiesta cominciata qualche anno prima: gli investigatori, allora guidati dal vice questore Giuseppe Anzalone, effettuarono un primo screening completo di tutte le concessioni rilasciate all’ombra del nuovo Prg, poi piazzarono delle strategiche cimici negli uffici tecnici di Palazzo Zanca.

Le intercettazioni indirizzarono così gli investigatori sulle tracce degli affari più sospetti. Tra questi il Green Park appunto. Non l’unica, ma sicuramente una delle vicende più clamorose e simboliche della speculazione edilizia nella zona nord di Messina, che si tentò di arginare anche con le Zone a protezione speciale. Tutti fronti ancora oggi apertissimi.