L’unico, ed ultimo, ad avere il coraggio di dire la verità è stato l’ex commissario Luigi Croce, nell’ormai lontano giugno 2013. Ai 6 candidati sindaci, chiamati a Palazzo Zanca alla vigilia delle amministrative, disse, con il rigore che lo contraddistingueva e con l’approccio razionale che gli derivava dalla sua carriera di magistrato, che il dissesto era nei fatti e che chiunque avesse conquistato la poltrona avrebbe dovuto tenere in considerazione la realtà delle cose.
All’epoca Accorinti era favorevole alla dichiarazione di dissesto, ma durante il ballottaggio le cose cambiarono. L’unico dissesto che ha interessato il nuovo sindaco da quando è entrato scalzo a Palazzo Zanca, è quello spirituale. La durissima nota della Corte dei Conti sul consuntivo 2014 però è di gran lunga meno risolvibile del default che può albergare nel cuore di ognuno di noi. In 3 anni la situazione è peggiorata. Approvare il preventivo 2015 alla vigilia del pesce d’aprile 2016, al di là della facile ironia, la dice lunga su quanto siano distanti le migliori intenzioni dalla realtà. Per restare in termini filosofici il default spirituale è altrettanto importante dell’onestà intellettuale. Dando per scontata l’onestà etica e ritenendola prerequisito per qualsiasi amministratore, l’onestà intellettuale ha a che fare con il coraggio di dire la verità, anche quando questa è amara.
Nessuno, dopo Luigi Croce ha avuto lo stesso coraggio di dire la verità sui conti di Palazzo Zanca. Nessuno, dall’amministrazione ai consiglieri comunali, dai leader dei partiti ai revisori dei conti, dalla Commissione del ministero dell’interno ai deputati.
Una bugia bianca collettiva che pagheremo come cittadini e dei quali,negli anni a venire, tutti dovranno assumersi la responsabilità davanti ai nostri figli.
Il dissesto è stato causato da quellicheceranoprima, ma continuare a nasconderlo equivale a perpetuarlo nel tempo e a diventare complici.
Leggendo la relazione della Corte dei Conti si riscontrano le stesse criticità evidenziate nei bilanci del passato: una crisi di cassa cronica che trasmoda in stato d’insolvenza, un patologico rinvio a futuri esercizi per il pagamento dei debiti fuori bilancio che assumono valori assolutamente fuori controllo al punto che non basterebbero le intere entrate di bilancio per sanarli.
“Il continuo rinvio degli adempimenti connessi al riconoscimento dei debiti fuori bilancio altera la rappresentazione del deteriore stato di crisi finanziaria”, (cioè dissumula la realtà dei fatti) . I magistrati contabili fanno riferimento al mancato avvio di azioni di risanamento e all’inefficacia delle azioni annunciate dopo i precedenti controlli. L’invito è “ad una seria valutazione circa l’oggettiva irreversibilità della crisi, con ogni conseguente, doverosa e urgente determinazione anche al fine di consentire l’avvio delle procedure atte a consentire il soddisfacimento dei creditori in regime di par condicio”.
Nel marzo 2016 quindi la Corte dei conti fa riferimento 1) alterazione della rappresentazione dell’oggettivo irreversibile stato di crisi 2) mancato avvio dell’azione di risanamento.
Nel marzo 2015 il pubblico ministero Carchietti scriveva a proposito dell’inchiesta sui bilanci 2009-2010-2011: “Le condotte descritte ritardavano gravemente l’avvio dell’azione di risanamento dei conti dissimulando il disavanzo al bilancio e le sue reali dimensioni, creando un danno al Comune, ai cittadini” .
I magistrati, contabili e non, per quei bilanci hanno rilevato previsioni di entrata sovrastimate, spese sottostimate, criticità dei debiti fuori bilancio e sulla situazione delle partecipate. In una sentenza (la n°11 del gennaio 2014) la Corte dei conti della Calabria rispedendo indietro ai mittenti un Pluriennale per “tentativo temerario” ha ammonito dai rischi di usarlo come un “dannoso escamotage” per nascondere il dissesto invece che scongiurarlo.
A fronte di questo quadro l’amministrazione Accorinti replica alla Corte dei Conti attingendo ad un repertorio di analogie necrofile e cinematografiche.
Secondo Le Donne Signorino e Accorinti, quest’amministrazione ha “ereditato un cadavere e lo ha riportato in vita”, una sorta di “Lazzaro alzati e cammina” in versione moderna.
“Quella della Corte dei conti- ha dichiarato il direttore generale Le Donne- è una foto vecchia, ma noi stiamo facendo un film”.
Stando a questa tesi il film della giunta sarebbe “La Resurrezione di Lazzaro” anche se i magistrati contabili si ostinano a non capirlo. Somiglia molto anche al film “Week end con il morto”, commedia all’americana nella quale i protagonisti vanno in giro con il cadavere di un imprenditore, manovrandolo come un pupazzo, per concludere un affare. Secondo l’amministrazione il consuntivo 2014, approvato appena 3 mesi fa, è qualcosa che appartiene al passato remoto, del tutto avulso dal presente e dal futuro come se i bilanci fossero funghi che spuntano all’improvviso. Infine il sindaco spiega che dichiarerà il dissesto solo in caso di bocciatura del pluriennale, omettendo di dire che il Piano di riequilibrio è fermo dal febbraio 2015 e che da ottobre il Ministero aspetta l’ennesima integrazione.
Non volendo passare per gufi in un Palazzo di ottimisti che resuscitano i morti, il sommesso invito è a valutare la possibilità di guardare in faccia la realtà. Quando il presidente dei revisori dei conti Dario Zaccone si è dimesso non lo ha fatto per antipatia nei confronti del ragioniere generale Cama. Ha fatto come chi suona le campane in una piazza di persone che si tappano le orecchie.
L’unico senso di responsabilità che si dovrebbe avere è quello di avere il coraggio di dire la verità, qualsiasi ruolo si ricopra: amministrazione, consiglio comunale, revisori dei conti, deputazione regionale e nazionale, Commissione del Ministero e commissari regionali, leader dei partiti.
Per dirla con Le Donne sono tutti protagonisti e comparse dello stesso film sulla riesumazione del cadavere, pronti a plaudire i bilanci di Nonna Papera e a usare gli unguenti degli antichi Egizi per la mummificazione.
Ogni mese che passa però è un pezzo di futuro che si toglie alla città. Prima o poi quello stato di dissesto che dal 2009 si fa finta di non vedere ci crollerà addosso e tutti quelli che oggi sono stati zitti ne dovranno rispondere.
A mio figlio anni fa ho dovuto dire che Babbo Natale non esisteva. Da quel momento ha capito che era inutile chiedere regali costosi perché non sarebbero mai arrivati. Ma sono stati bei Natali, con quell’amore e quei doni che insieme, la famiglia unita, ha potuto dare. In fondo l’onestà intellettuale è semplicemente questo.
Rosaria Brancato